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    La Roma non è squadra e non ha gioco: Mourinho si sente ancora in sella?

    La Roma non è squadra e non ha gioco: Mourinho si sente ancora in sella?

    • Paolo Franci
    E adesso? Mi ero voluto convincere che, sì, in fondo il pareggio con il Toro fosse stato una vittoria dal punto di vista del risveglio muscolare e tecnico. Mi ero voluto convincere che da lì la Roma sarebbe ripartita forte, convinta, decisa. Perchè la cosa più bella del pallone non è il gol, l'esultanza, il titolo. E' cullarsi nelle infinite illusioni. Ognuno la sua. Illusioni che a volte prendono forma e allora, sì, si tramutano in gol, esultanza e titoli. Il calcio è lo sport che più di tutti consente di cullare sogni ma è anche quello che ti rifila gli incubi peggiori. E' il rovescio della medaglia. E quella di Mourinho ne ha una sola, spietata nel mostrarsi così brutta e fragile. Mi ero voluto convincere che questo avvio di stagione non fosse quello che è invece realmente, un passo dopo l'altro nel baratro a suon di prestazioni sconcertanti. Il verdetto – che per fortuna non è Cassazione – dopo il match di Genova è freddo e spietato: la Roma non è una squadra. S'era visto contro il Milan e anche lì mi ero cullato sull'alibi di qualche assenza importante e poi dai, era appena arrivato Big Rom.

    La Roma è fragile, sconclusionata, priva di idee e sconcertante nel modo di muoversi in campo. E se fino alla finale di Europa League s'è celebrata la Roma di Mou, profondamente sua nella fase difensiva e nella cattiveria agonistica, adesso non si può non additare Josè quale primo responsabile di questo sfacelo. Lui si difende dicendo che mai la Roma aveva giocato due finali europee di fila. Vero. Ma Mourinho per primo sa che quello che s'è visto a Genova è qualcosa che va oltre la crisi, perchè dal punto di vista del carattere mai era stata messa in discussione una sua squadra. E invece eccola lì la Roma sbarbata, balbettante e confusa, affondata dal Genoa con la facilità irridente con la quale è andato in gol Retegui. E basta, per favore, con la tiritera della rosa corta, i giocatori non ideali per Mou. Ideali per cosa poi? Hai Dybala. Hai Lukaku. Già qui non dovremmo parlare di una squadra al quintultimo posto. E non mi pare che manchi la qualità generale, considerando il livello medio di questo campionato. So bene quanto sia difficile profanare il tempio, tirare una secchiata di vernice allo straordinario monumento portoghese, ma classifica alla mano è arrivato il momento di chiedere a Mourinho se si sente ancora in sella e quale sia il gioco della sua squadra. Se è convinto di poter tirare fuori la Roma dalla palude. Se c'è ancora quel fuoco che – pur con limiti di gioco evidenti e un rendimento sorretto principalmente da calci piazzati e fase difensiva – come dice Mou, ha regalato due finali europee. Ma anche piazzamenti tristi in campionato, va detto per completezza. Belle le finali, bello il trofeo, ma Mourinho per primo sa che il calcio è adesso, è oggi, al massimo domani. E la faccia frastornata con la quale si è presentato davanti ai microfoni domenica sera non promette nulla di buono.

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