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    La Roma è tornata Rometta: Mou in stile Oronzo Pugliese, le mummie Friedkin e Costanzo. Ho visto tutte le partite da 61 anni, stavolta...

    La Roma è tornata Rometta: Mou in stile Oronzo Pugliese, le mummie Friedkin e Costanzo. Ho visto tutte le partite da 61 anni, stavolta...

    • Enrico Maida
    La Roma è tornata Rometta. Ti ricordi di Oronzo Pugliese, il mago di Turi? E del mago primogenito, Helenio Herrera, anche lui, come Mourinho, prigioniero della gloria della grande Inter di Angelo Moratti? Quando hanno inquadrato in TV Vanzina e Verdone ho ripensato a Gino Cervi, il commissario Maigret e a Pino Locchi, la voce di Sean Connery, anche allora fedeli consumatori del rito romanista officiato e garantito dallo slogan scandito una sera al Sistina da Renato Rascel: la Roma non si discute, si ama. Anche la Rometta che ingaggiava i vecchi elefanti.

    L’attuale situazione, al netto della pandemia, è però qualcosa di indecifrabile anche per me che ho visto tutte le partite della Roma da 61 anni a questa parte. Lasciamo perdere la gestione Pallotta di cui si ricorda solo il tuffo nella piscina di Trigoria. I Friedkin sono sicuramente facoltosi e al contrario del loro predecessore seguono da vicino la squadra: non c’è partita che non veda padre e figlio seduti e attenti in tribuna. Però non parlano. Due anni di silenzio assoluto senza mai commentare un episodio, senza mai rivelare un programma, senza dimostrare uno spicchio di sentimento. Soltanto quando l’Inter ha segnato il terzo gol Friedkin junior ha avuto un breve, impercettibile sussulto mentre il padre continuava a recitare la parte per la quale si sente più portato: la mummia.

    Per carità, il silenzio è d’oro, così ci hanno insegnato, ma dare prova concreta di essere sul pezzo e soprattutto spiegare alla gente che cosa succede è un dovere verso i clienti della tua azienda. Penso che la scelta di Mourinho sia stata ispirata proprio a questa specie di imbarazzo mediatico. E qui vorrei dedicare due righe, solo due, a Maurizio Costanzo, il giovanotto ingaggiato come capo delle pubbliche relazioni: vi prego di leggere quello che scrive sul Corriere dello Sport e finiamola qui.

    Ma torniamo sul campo. Friedkin decide di compensare i propri silenzi assumendo l’allenatore più rumoroso del mondo. Mourinho è quello che disse agli interisti "non sono un pirla", è quello che accusò in diretta tv Mario Sconcerti di "prostituzione intellettuale" , è quello delle manette. Un tipo, insomma, che non passa mai inosservato e riempie le scene. Qualcuno sostiene che non sia più quello del Triplete, che navighi serenamente verso la pensione dopo gli ultimi esoneri al Manchester United e al Tottenham, ma lui sembra gasato anche se il primo slogan capitolino è un tantino fiacco: "Daje".

    I tifosi comunque sono in delirio dopo una prima reazione di incredulità e salutano con simpatia anche il nuovo direttore Tiago Pinto. L’uomo del mercato pescato, a quanto si sa, da una selezione organizzata da una azienda portoghese di cacciatori di teste. Il perché di tutta questa propensione lusitana non è noto. Fatto sta che il campionato parte discretamente, Mourinho si distingue per qualche battibecco con gli arbitri ma poi, quando le cose vanno male, decide di eliminare il contraddittorio. Niente più domande. Perché i giornalisti, fa sapere, non si rendono conto di quanto sia difficile fare l’allenatore. Per questo guadagniamo molto più di voi.

    Caro Mou, mi consenta il tono confidenziale, anche Al Capone guadagnava molto più dei giornalisiti. E lavorava duro, molto duro.

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