La Roma di Fonseca è la Roma di Villar
LA FASE DIFENSIVA - Durante Roma-Inter vi sarete accorti senz’altro della singolare disposizione difensiva dei giallorossi. Volessi stupire coi numeri parlerei di un 5-1-3-1, nel quale il solo centrocampista davanti alla difesa è appunto Villar, che sappiamo tutti non esser certo un Casemiro. Eppure...
Com’è arrivato Fonseca a questa idea controintuitiva? Perché ci vuol del coraggio anche solo a pensarla, una roba del genere. Ebbene Fonseca non è mai stato troppo contento di abbandonare il suo 4-2-3-1. Passato a tre dietro, la scorsa stagione, il tecnico lusitano si è reso conto ben presto di aver perso qualcosa nel pressing. Un uomo in più dietro è un uomo in meno davanti, fino a prova contraria. E la cosa non gli piaceva, questione di temperamento, inclinazione. Ecco che allora è saltata fuori di nuovo la sua mano. E proprio come il Gasp trasforma un sistema senza esterni alti in una macchina votata al pressing, così anche Fonseca, percorrendo un’altra strada, riesce a rendere aggressivo il suo 3-4-2-1. Come? Alzando Veretout davanti a Villar anche in fase difensiva, e riproducendo così la struttura 3-1 (un drappello di aggressori) tipica del 4-2-3-1. Questa mini struttura la innesta tuttavia su una difesa composta da 3/5 uomini, ibridando così il 3-4-2-1 col 4-2-3-1. Ne esce perciò un 5-1-3-1 difensivo, nel quale una funzione importante spetta ai braccetti dei tre dietro, che hanno il compito di rompere la linea per affiancare in mediana Villar, altrimenti troppo isolato e privo di aiuto ai lati.
È con questo trucco che Fonseca ricompone provvisoriamente il 4-2-3-1. In esso tuttavia trova magicamente due nuovi benefici: rinforza dinamicamente il centrocampo (un difensore per un centrocampista, vedi qui sopra Ibanez uscito su Barella) e porta al contempo sul vertice basso degli avversari non più un attaccante, bensì un giocatore aggressivo e ruvido come Veretout. La solitudine di Villar in mezzo al campo è dunque solo un’illusione ottica.
COME COSTRUISCE LA ROMA - Veniamo ora alla costruzione e al gioco con la palla della Roma. Dobbiamo pensare a un sistema in cui alcuni elementi, una volta ‘completato’ lo sviluppo, sono relativamente più fissi di altri. Quando la Roma imposta i tre dietro si distanziano molto, coi braccetti che si aprono quasi in massima ampiezza. I laterali (Spinazzola e Karsdorp) si alzano moltissimo. Questi cinque giocatori ‘fissano’ così una struttura esterna e al tempo stesso degli spazi intermedi tra loro. Dove i giocatori più mobili (i cinque rimanenti, non a caso i più qualitativi) vanno liberamente e in maniera coordinata e alternata a ubicarsi provvisoriamente. Qui vediamo ad esempio Villar e Veretout andarsi a ‘incastonare’ tra il centrale Smalling e i rispettivi braccetti aperti.
Villar e Veretout praticano tuttavia più spesso movimenti contrari e funzioni complementari. Sotto ad esempio Veretout si incastona nella linea per costruire a sostegno tra Ibanez e Smalling, mentre Villar entra nella struttura avversaria per modificarla. Anche la sola presenza infatti agisce e sposta gli avversari: guardate più in là il movimento incontro di Pellegrini come sta venendo a creare una linea di passaggio interna tra Lukaku e Lautaro grazie alla posizione assunta da Villar (che attira a sé il gigante belga).
Vi sottopongo ora un’astrazione, dunque un’inevitabile semplificazione. In essa sono rappresentati solo i giocatori di movimento: in rosso trovate i cinque che ‘fissano’ spazi e struttura esterna, in nero, la qualità fluida del pentagono di Fonseca (interni di centrocampo, trequarti e prima punta).
IL GIOCO E VILLAR - Il centrocampista spagnolo capisce il gioco in tanti modi, non è solo una questione puramente tecnica. Anzi, è quasi secondario, addirittura superfluo concentrarsi sulla sua tecnica squisita. Ecco ad esempio una maniera di fare regia senza nemmeno toccar palla.
Pellegrini (trequarti destro del 3-4-2-1 di Fonseca) è in possesso del pallone guarda caso proprio in uno di quegli spazi che sottolineavamo prima, tra laterale (Karsdorp) e braccetto (Mancini). Villar, pur non essendo un incursore per natura, anziché restarsene lì in appoggio al compagno col pallone (quella funzione può già ricoprirla Veretout), va, e sblocca il palleggio della Roma venuto a un punto morto sul lato forte.
Così facendo, Villar si porta dietro Vidal (lo sposta) e apre una linea di passaggio per l’incontro in diagonale di Mkhitaryan. È come un invito all’uno e all’altro, a Pellegrini e all’armeno. Dopo la sponda di Mkhitaryan per Veretout, la Roma sfrutterà Spinazzola e Dzeko sul lato debole, tramite la connessione del francese.
Poi naturalmente c’è Villar con la palla tra i piedi, Villar che non la perde praticamente mai, anche quando riceve passaggi di questo genere dai propri compagni, e a pochi centimetri c’è Vidal che arriva come un treno.
Agilità nello stretto e protezione del pallone: è spagnolo...
Ma vi invito ancora una volta e per concludere a osservare ciò che fa di Villar realmente uno dei migliori registi del nostro campionato, assieme a Locatelli e Arthur. Gli smarcamenti nello stretto per sciogliere gli ingorghi in cui il pallone va inevitabilmente a ficcarsi quando si palleggia. Villar è bravo a ricevere e a ri-ricevere dove altri non vedono spazi utili. Dopo lo scarico a Mancini, pressato da Vidal, Villar prosegue per assistere i compagni, e in base al contesto diveniente modifica corse e posture come meglio non si potrebbe chiedere a un centrocampista.
Prima si avvicina per giocare corto, poi si stacca e fa spazio alla conduzione interna di Karsdorp, utile ad attrarre Vidal.
Karsdorp esegue e scarica. Ora Villar è orientato perfettamente per giocare in avanti e sufficientemente distanziato dal cileno.
Nel frattempo Pellegrini, che si era prodigato anche lui per andare a svolgere la funzione di vertice relativo quando il pallone era ancora a Karsdorp, ora si ritrova al posto del terzino olandese, apertissimo. Ha svuotato così il corridoio di mezzo. Villar vede: la gioca di prima, di mancino, dritta sul movimento incontro di Dzeko, a infilare Vidal e Brozovic. È la Roma di Fonseca, la Roma di Villar.