La rivalsa di Gabriel Jesus e l'ombra di Guardiola su Arteta. City-Arsenal vale molto più della Premier
UN’OCCASIONE UNICA – “Il club ha fatto delle scelte che credevano necessarie. Tutti sono stati d’accordo. I giocatori volevano lasciare, il club voleva vendere e l’altra squadra voleva comprare. Qui non si tratta unicamente di una sola persona. Ora sono felici e noi siamo felici. Non abbiamo nessun rimpianto”. Nessun rimpianto. È quanto sottolineato nella conferenza stampa di presentazione da Pep Guardiola, interrogato sulle cessioni di Gabriel Jesus e Zinchenko. Un rimpianto che, allo stato attuale dei fatti, non può e non deve essere evidenziato dal blasone e dall’assoluto livello dei sostituti nella rosa del Manchester City – leggasi Haaland, su tutti – ma che rischia di diventare una spiacevole quanto amara realtà per il manager catalano, se non centrasse una vittoria nella sfida di domani. Una sconfitta rischierebbe di segnare, in negativo, le ambizioni di titolo dei Citizens che non avrebbero più il destino nelle proprie mani ma dovrebbero sperare in un passo falso dei Gunners nelle ultime giornate. Non proprio lo scenario ipotizzato all’inizio dell’annata. E se quelle due necessarie cessioni segnassero il destino di quest’edizione della Premier League, il rammarico raddoppierebbe. Non si tratta di blasone, ripetiamo, quanto di scelte. Perché, allo stato attuale dei fatti, i trasferimenti di Zinchenko e Gabriel Jesus hanno decisamente rinforzato la rosa non solo di una squadra rivale ma della diretta concorrente nella corsa al titolo. Ed ora, quelle necessità sono diventate il fiore all’occhiello della formazione di Arteta, a partire dal brasiliano.
MISSIONE VENDETTA – Gabriel Jesus, dopo essere cresciuto nelle giovanili del Palmeiras, esplode nel Brasileirao, attirando le attenzioni dei migliori club d’Europa. A spuntarla, nel gennaio del 2017, è il Manchester City che, con un’offerta pari a 32 milioni, inserisce nella propria rosa in uno dei migliori prospetti del calcio sudamericano di allora. Dopo 5 anni e mezzo – 236 presenze totali, condite da 95 gol e 46 assist – vissuti con la maglia dei Citizens come seconda pelle, nell’estate del 2022 arriva il benservito per il brasiliano, dato anche il suo contratto in scadenza il 30 giugno 2023. L’arrivo di Erling Haaland e di Julian Alvarez chiudono le porte all’ex Palmeiras che deciderà, dopo un’offerta di 52.20 milioni, di accasarsi a Londra, sponda Arsenal. Una decisione inevitabile, come sottolineato a margine di un’intervista ad ESPN: “Non penso si possa parlare di infelicità. Semplicemente dovevo accettare il modo in cui Guardiola voleva che giocasse la squadra. O lo accetti o fai le valigie. Ad un certo punto è arrivato il momento in cui avevo bisogno di una nuova sfida. Ed ho deciso di cambiare”. Dichiarazioni che mettono alla luce l’ormai incompatibilità tattica con il suo precedente manager. Il ruolo del centravanti soffocato dall’imposizione dello stile di gioco di Guardiola. Gabriel Jesus ha deciso di tornare ad essere un attaccante a tutti gli effetti, il terminale offensivo su cui fare riferimento, con l’unico compito di trovare la via della rete. Ed ora il brasiliano tornerà nel suo vecchio stadio ed affronterà il Manchester City per la prima volta in Premier League – nella sfida del 15 febbraio, persa per 3-1 dai Gunners, l’attaccante verdeoro non era presente a causa di un infortunio al ginocchio -. Il classe ‘97 può lanciare l’Arsenal verso il primo titolo degli ultimi 19 anni, firmato dagli Invincibili Gunners della stagione ‘03/’04. Al suo fianco – dopo aver recuperato da un problema fisico che l’aveva costretto a saltare l’impegno contro il West Ham - avrà anche quel Oleksandr Zinchenko che, sempre la scorsa estate, ha deciso di lasciare Manchester e sposare il progetto di Arteta.
QUESTIONE DI OPPORTUNITA’ – Esploso dopo il prestito al PSV Eindhoven, Zinchenko incomincia definitivamente la sua avventura nella sponda blu di Manchester City – dopo essere stato acquistato dai russi dell’Ufa nell’estate del 2016 per soli 2,25 milioni – nella stagione ‘17/’18. Mai centrale nel progetto di Guardiola, l’ucraino, nel corso dei suoi anni al City, non ha mai avuto un ruolo di prim’ordine, venendo spesso e volentieri relegato a co-primario, a riserva di lusso nella rosa di stelle dei Citizens. Mai protagonista – come dimostra il superamento delle 30 presenze complessive stagionali nella sola stagione 2020/2021 – il desiderio di maggior minutaggio ha spinto l’ucraino ad accettare la corte dell’Arsenal di Arteta – che ha investito una cifra pari a 35 milioni di euro - dove l’ex Shakhtar si sta ritagliando un ruolo sempre più centrale nello scacchiere della formazione londinese, una centralità tanto desiderata con Guardiola ma mai ottenuta. Una rivalsa in piena regola nei confronti di un tecnico che non ha mai pienamente creduto nel suo talento. Un talento che sta sfoggiando, inserendosi perfettamente nelle idee e nello stile di gioco di Arteta. Terzino sinistro di spinta, si alza nella zona mediana del campo, legando le geometrie del centrocampo londinese. Il match di domani potrà dare la prova definitiva – se non delle sorti del campionato – almeno degli errori compiuti da Guardiola e dalla dirigenza dei Citizens, nel lasciare andare così, a cuor leggero, due giocatori che stanno risultando fondamentali nell’assalto al titolo. E se l’opera venisse completata a fine stagione, il merito non potrebbe che andare a Mikel Arteta.
L’ALLIEVO CHE SUPERA IL MAESTRO – Cresciuto all’ombra di Pep Guardiola – come suo vice allenatore al Manchester City – Arteta ha spiccato il volo dal 22 dicembre del 2019, quando sostituì Unai Emery sulla panchina dell’Arsenal e cominciò la sua prima avventura come manager di una prima squadra. Una sfida importante, avvincente che ha condotto i Gunners a due ottavi ed un quinto posto, prima della sensazionale cavalcata che può riportare il titolo a Londra – sponda biancorossa - dopo 19 anni. Non è un mistero il rapporto che unisce i due tecnici rivali della sfida di domani: maestro ed allievo, un classico. Lo stesso Guardiola ha fatto trasparire la sua stima nei confronti del rivale di questa sera: “Adesso ci vediamo meno, parliamo meno perché in questo momento siamo rivali, ma i rapporti sono sempre stati e spero saranno sempre gli stessi. Io sono un allenatore, un allenatore di calcio. Non un manager. Ho avuto la sensazione che Mikel abbia cambiato la struttura del club, la mentalità, non solo la formazione o l'identità in campo". Per quanto la stima rimarrà immutata, ora, lo studente modello, dopo 201 partite di apprendistato alla corte di Guardiola e dopo 3 stagioni e mezzo alla guida del club londinese, Arteta ha finalmente la possibilità di scacciare quell’ingombrante ombra di Guardiola e ritagliarsi, a tutti gli effetti, il suo spazio nell’Olimpo degli allenatori più importanti del palcoscenico europeo. Ed anche se i precedenti non sorridono al nativo di San Sebastian – 8 match disputati contro il manager catalano e 7 sconfitte – bisogna sottolineare come l’unico successo centrato da Arteta abbia poi portato i Gunners alla vittoria di un titolo – la FA Cup del 2020 -. Una missione non impossibile. Servirà un Arsenal perfetto come dichiarato dall’ex giocatore dell’Everton. Per centrare la rivalsa definitiva. Per superare il proprio maestro. Per riportare il titolo – dopo gli Invincibili di Wenger - ai cannonieri di Londra.