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La 'regola' del Tottenham: vendere i campioni non fa mai crescere
RETROSCENA. Vendere i migliori non aiuta a migliorare. Quando va bene l’arretramento tecnico non fa perdere lo status acquisito in precedenza. Altrimenti sono guai. Il Tottenham del dopo Bale non ha più raggiunto la soglia dei 72 punti del 2013 e negli ultimi 2 anni sembra aver perso in competitività arrivando prima sesto a 69 e poi quinto a 64 (seconda quota più bassa negli ultimi 6 anni al quinto posto). Peggio è andata al Liverpool che nel dopo Suarez è subito crollato perdendo 4 posizioni e ben 22 punti in classifica. Il Tottenham pare più simile all' Arsenal, che negli anni ha rinunciato ai Fabregas, Van Persie o Nasri ma è rimasto sempre in zona Champions, pur senza mai lottare fino in fondo per il titolo. E per citare “casa” nostra: il Napoli una volta rinunciato a Cavani è rimasto competitivo in zona Champions centrandola nel primo anno post-Matador ma non nel secondo (quando comunque ha lottato fino alla fine). Ma senza fare un balzo in avanti. Vendere campioni, insomma, non aiuta a crescere, come spesso si crede, tutt’al più a conservare “al ribasso” un status acquisito fino a quel punto.
IL MERCATO PASSATO. Nell’anno della rinuncia a Bale (estate 2013) arrivarono Lamela dalla Roma, Eriksen dall’Ajax, Soldado dal Valencia, Capoue dal Tolosa, Paulinho dal Corinthians, Chiriches dallo Steaua Bucarest e Chadli dal Twente. Giusto per citare i sette più costosi. Oltre a Bale gli addii a Caulker, Defoe, Dempsey e Parker alla fine consentirono un guadagno di circa 10 milioni di euro dal player trading. Nella stagione precedente (estate 2012) se ne era andato Modric e con lui tra gli altri Corluka e Van de Vaart. Ma quell’anno la società aveva messo 5 milioni sul mercato di tasca sua nel saldo finale: arrivarono Hugo Lloris, portiere affidabile ancora a difesa della porta degli Spurs, e il centrale Jan Vertonghen. Il risultato in campionato migliorò: 72 punti.
FATTORE POCHETTINO. Quest’anno il saldo di mercato è positivo: tra acquisti e cessioni la società ha speso 20 milioni più di quelli incassati. Incuriosisce l’ingaggio di Alderweireld, che l’Atletico ha lasciato dopo l’ottima annata al Southampton mentre la scoperta potrebbe essere Kieran Trippier, ventiquattrenne esterno destro che al Burnley l’anno scorso ha fatto molto bene: sempre in campo in Premier League, 4 assist e 2 soli cartellini gialli e valutazioni “tecniche” sempre sopra la soglia sensibile del 7 (7.15 la media). I 3 milioni di sterline spesi per lui sembrano quasi un “regalo” vista l’età e le qualità mostrate (e i prezzi che girano in Premier…). Pare quindi che quest’anno Mauricio Pochettino abbia le migliori condizioni per fare bene. Il tecnico è alla sua seconda stagione, ha mostrato di avere capacità di lettura tattica e di impostazione, e tatticamente c’è qualcosa che si può aggiungere ad un campionato che non dice molto da questo punto di vista. Se c’è una cosa che è mancata agli Spurs negli ultimi anni è anche questa: la continuità tecnico-tattica non solo sul campo (Modric e Bale erano insostituibili a prescindere), ma anche nel cosiddetto manico. E per la prima volta nelle ultimissime stagioni gli Spurs uniscono continuità tecnica a un disavanzo di mercato significativo, ovvero al consolidamento dell’esistente, non al suo capovolgimento.
L’OBIETTIVO. Senza l’ossessione Champions il Tottenham potrebbe anche stupire. In attesa di decifrare il Liverpool le due di Manchester, il Chelsea e l’Arsenal sembrano decisamente superiori. Ma la valutazione di valore non andrà fatta sulla classifica quanto sui punti della squadra (e sulla capacità di stare comunque a ridosso delle migliori). Il record delle ultime 6 stagioni è del 2012-2013 quando con il miglior Bale di sempre gli Spurs arrivarono quinti a 72 punti. La zona Champions (al quarto posto) è stata centrata due volte, a 70 punti nel 2010, a 69 punti nel 2012. In generale i 70 punti hanno significato quarto posto in 4 anni su 6 nelle ultime stagioni. Ecco quindi il primo obiettivo: Pochettino dovrà portare soprattutto la squadra alla soglia dei 70 punti complessivi, facendo “classifica a sé”. Con un altro traguardo: quello di migliorare i 72 punti del 2013. Significherebbe avere più dell’80% di possibilità di giocare in Champions (73 punti hanno significato quarto posto 5 volte su 6 negli ultimi 6 anni). E se qualcuna delle grandi (superiori ma mai così ricche di interrogativi come quest’anno) si addormentasse…
Giovanni Armanini
@armagio