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    La lezione di Sannino: '4-4-2? Sono solo numeri. Il mio è un 'calcio totale''

    La lezione di Sannino: '4-4-2? Sono solo numeri. Il mio è un 'calcio totale''

    • Federico Zanon

    La storia di Giuseppe Sannino è diversa da quella della maggior parte degli allenatori di serie A. Il tecnico di Ottaviano non ha alle spalle una grande carriera da calciatore, non ha avuto "la spinta" giusta per sfondare in un ambiente saturo di allenatori. Sannino si è fatto da solo, è diventato grande con la gavetta, ha scalato le posizioni con merito e con i risultati, partendo dai settori giovanili, passando dai campi di Lega Pro,  tra tante difficoltà, sempre con la voglia di fare calcio.

    La serie A è arrivata grazie alla chiamata del Siena, dopo la felice parentesi con il Varese, ma non è un punto di arrivo: "Potrò dire di aver allenato in serie A solo dopo un anno vero. Ci sono giocatori che dicono di averci giocato, poi magari vai a vedere le presenze e sono di un minuto, due minuti, cinque minuti. Io guardo avanti, penso già alla prossima sfida. Quello che ho fatto in questo inzio di stagione è alle spalle". Grinta ed idee chiare sul campo di allenamento e davanti ad un microfono: "La mia filosofia di calcio non prevede un trequartista, ma parlare di 4-4-2 è un limite. Sono solo numeri, quello che conta è la disponibilità dei giocatori a correre, a muoversi sul campo. Per me non esistono l'esterno destro, il centrocampista centrale o il terzino. Ci sono gli attaccanti, i centrocampisti, i difensori. Quello che conta è lo sviluppo del modulo, l'interscambiabilità degli uomini sul campo".

    Si alza dalla sedia, la sua è una lezione di calcio, con tanto di movimenti. A chi lo etichetta integralista del 4-4-2 risponde: "Il calciatore deve essere protagonista sempre, per tutti i 90 minuti. Deve essere disponibile e duttile, con me non può dire "Io non posso giocare in questa posizione o in questo modulo". Prendete il grande Milan di Sacchi o il Barcellona di Guardiola: come si fa a parlare di moduli? Ti trovi l'attaccante che difende, il terzino in attacco. Cambiano gli interpreti, ma quello che conta è come viene occupato il campo. I miei giocatori devono avere velocità di pensiero, devono avere personalità e capire come gestire tutto il perimetro".

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