AFP/Getty Images
La Juve indica la rotta, la Serie A vota per la difesa a 3. Ma non è catenaccio
Inghilterra anni ’20, Londra. L’allenatore dell’Arsenal Chapman sposta - per contrastare l’inferiorità numerica dei suoi difensori con gli attaccanti - il mediano centrale di centrocampo venti metri più indietro, piazzandolo tra i due terzini. Nasce il sistema. Nasce la difesa a tre.
Oggi, più di ottant’anni dopo, inizia la Serie A 2016-17 e in questo viaggio tecnico e tattico che racconta storie del gioco, cerchiamo di studiare quali siano le tendenze, i sistemi e le costruzioni delle squadre e quanto incidano sul campionato. Oggi analizziamo l’eredità del “sistema” la difesa a tre nel calcio italiano.
Quante squadre la giocano? E quali? Prima di tutto i dati e gli interpreti, da cui poi risaliremo al come e al perché. Al via del campionato 7 squadre su 20 giocano con la difesa a tre e sono: l’Atalanta di Gasperini, l’Udinese di Iachini, il Palermo di Ballardini, il Genoa di Juric, il Crotone allenato da Nicola, la Fiorentina dell’europeista Sousa e la Juventus campione in carica di Allegri. Sistemi e ideologi, stili diversi di uno stesso principio di gioco difensivo. Siamo perfettamente nella media del campionato italiano degli ultimi cinque anni. A partire dalla stagione 2011-12 fino alla scorsa 2015-16, vediamo come le squadre che partono con questo sistema difensivo oscillino tra le 5 e le 7. La tendenza è in aumento perché al via della scorsa stagione c’erano 5 squadre a varare la difesa a 3 (Juventus, Fiorentina, Genoa, Udinese e Torino) a cui nel corso del campionato si aggiunsero quasi da subito, Carpi (16 partite su 38 a tre) e il Palermo di Ballardini, che a questo tema ha dedicato la sua tesi di Coverciano, e che ha giocato 19 partite su 38 col vecchio sistema di Chapman (il 50%) e soprattutto le ultime decisive 6 per la salvezza.
Oggi, il campionato ha sette squadre schierate con questo sistema, come nel 2012-13 (massimo ex-equo degli ultimi cinque anni). Questo ci permette di capire come ci sia nel campionato italiano una cultura radicata negli anni e in determinate squadre su questa concezione tattica. Dopo aver conosciuto gli interpreti, dobbiamo risalire al perché si gioca tatticamente a tre in Italia. E chiederci, ci sono differenze tra queste costruzioni difensive in Serie A? La risposta sul perché è in punti: primo, c’era già una radice in Italia di questo gioco che negli anni che vanno dal 1939 al 1960 ha visto tutte le squadre schierate così con una concezione però “offensiva” di fatto europea dei tre difensori. Immaginate tante squadre alla Van Gaal o alla Bielsa. Si giocava per l’estetica e il gol. La seconda ragione è negli allenatori italiani di metà anni ’90. Capostipiti della rinverdita difesa a 3 furono Zaccheroni con l’Udinese impostata su temi “aggressivi” e puri, in tre difendevano con aiuti e assistenze certo, ma coprendo larghi tutto il fronte difensivo. L’altro fu Mazzone che la propose a Roma e a Brescia per dare struttura difensiva a due squadre in quel momento fragili e stanche, ma con talenti offensivi. Venivamo dalla fine delle guerre ideologiche pro o contro Sacchi, il campionato aveva bisogno di un rimescolamento tattico e di costruzioni nuove, che avrebbero poi ripreso i vari Capello (la Roma 2001-02), Ventura, Mazzarri e Montella.
La terza ragione ci porta a oggi, giocare a tre in difesa permette di costruire la squadra su principi moderni di calcio all’italiana. Infatti, i tre difensori chiamano quasi automaticamente i 5 centrocampisti e le 2 punte, questo consente agli allenatori di costruire la squadra sui 9 ruoli del grande calcio all’italiana. Quali? Proviamo a schierarli: i tre difensori sono il libero e, i due stopper; il centrale di centrocampo, il mediano e la mezzala offensiva a centrocampo; l’esterno fluidificante che gioca da pendolo tra le due fasi e in attacco, la seconda punta e il centravanti. Il centrale nella difesa a 3 è il libero di vecchia scuola. Gioca più staccato rispetto ai due marcatori, deve saper leggere il gioco offensivo dell’avversario e chiudere correndo all’indietro o lateralmente. E’ il giocatore di copertura e rilancio, pensiamo a Bonucci. Gli altri due marcano sia a terra che in duello aereo il centravanti e il fantasista avversario.
Qui è importante osservare le distanze tra i 3 difensori, per rispondere alla domanda sulle differenze di applicazione. Se i 3 difensori sono stretti e formano un triangolo rovesciato con il “libero” più schiacciato verso la porta, è molto probabile che tutta la struttura difensiva sia a cinque. Nella nostra Serie A questa difesa a 3 difensiva è giocata dall’Udinese di Iachini e dal Crotone di Nicola. In queste due squadre il lavoro di pendolo degli esterni è fondamentale ed è richiesto a tutti sempre e con tempi giusti nel rispetto di posizioni precise. Gli stessi Widmer e Armero che hanno corsa e allungo in avanti devono coprire forte le zone laterali. Perché? Affinché un sistema come questo sia efficace, è importante coprire tutto il fronte difensivo per contro-giocare con quelle squadre che partendo da costruzioni a quattro giocano con mezze ali d’inserimento e ali verticali. Non è forse la stessa mossa che pensò Chapman ottant’anni fa per difendere la porta dell’Arsenal? Tutte le tracce offensive, in chiusura, diventano centrali, così una difesa stretta a 3 più 2 soprattutto fuori casa, risulta essere una valida contromossa tattica.
In questo campionato ci sono anche varianti aggressive della difesa a 3. Le squadre dalla mentalità più europea in questo sistema sono la Fiorentina di Sousa che gioca con i tre dietro larghi (ecco la prima differenza) e propone 5 o 6 centrocampisti in grado di giocare le mezze posizioni. Le diagonali difensive di Alonso sono più tattiche quindi più di lettura dell’azione avversaria che a opzione cioè legate a un posizionamento già stabilito.
Su questo piano giocano anche l’Atalanta di Gasperini e il Genoa di Juric che togliendo un centrocampista, aggiungono un esterno creando sulle fondamenta di un gioco a 3 largo, l’idea di un attacco diretto con palla verticale sulle punte.
L’altra squadra a giocare la difesa a 3 aggressiva è la Juventus che in cinque anni ha definito il sistema rendendolo flessibile e costruendolo con il principio italiano della specializzazione dei ruoli e il principio europeo dei tre difensori larghi e di una squadra che muove con questo sistema la mezzala offensiva, il terzino fluidificante e il fantasista tra le linee avversarie. E’ un sistema che ha pagato fruttando cinque scudetti.
Questo panorama italiano apre un’ultima domanda sulla difesa a 3. Quante squadre, oggi, nel 2016 la giocano nei cinque campionati più importanti? Su 98 squadre, 12. Il massimo è in Italia (7) poi in Germania (3) anche se il Colonia molte volte va a cinque, rimangono comunque vagiti della mitica scuola del mondiale’90 e di Otto Rehhagel. Interessanti i dati degli altri tornei: In Francia nessuno adotta la difesa a 3 probabilmente perché la scuola di Hidalgo e Henri Michel e delle grandi nazionali francesi del ’78-’84 e del ’98-‘2006 hanno costituito il santo Graal tattico della cattedrale di Claire-Fontaine. La Spagna che ospitò Cruijff, Bielsa e variazioni guardioliane (una tantumu) ha una sola squadra a 3, l’aggressivo Siviglia di Jorge Sampaoli. L’Inghilterra inventò questo sistema e oggi l’ha dimenticato. Una sola squadra gioca a 3 nel campionato inglese è il Watford di Walter Mazzarri. Emblematico che un italiano riproponga lì questo schema. Unico e solo tra tante squadre larghe e centrate sul peso offensivo.
Oggi la tattica non vive più d’ideologie come negli anni ’70 e ’90 ma di flessibilità; tutti i sistemi sono validi. Rimane però significativo un dato così schiacciante e teso a favore delle costruzioni a 4 con tutte le loro declinazioni offensive. E’ probabile che questo stia a significare che il calcio che oggi si gioca in Europa (e noi ci siamo storicamente e calcisticamente dentro) sia per il gol e non per il tatticismo italiano (di qualità però). Ma rovesciando l’assunto è anche probabile che come diceva Einstein – nulla si crea, nulla si distrugge – quindi che l’idea di una difesa a 3 che sta diventando da noi pian piano aggressiva, possa rappresentare una differenza importante per il calcio italiano se applicata in modo offensivo, come faceva Chapman. Aveva ragione Einstein, anche se non pensava alla difesa a 3, certo.
Oggi, più di ottant’anni dopo, inizia la Serie A 2016-17 e in questo viaggio tecnico e tattico che racconta storie del gioco, cerchiamo di studiare quali siano le tendenze, i sistemi e le costruzioni delle squadre e quanto incidano sul campionato. Oggi analizziamo l’eredità del “sistema” la difesa a tre nel calcio italiano.
Quante squadre la giocano? E quali? Prima di tutto i dati e gli interpreti, da cui poi risaliremo al come e al perché. Al via del campionato 7 squadre su 20 giocano con la difesa a tre e sono: l’Atalanta di Gasperini, l’Udinese di Iachini, il Palermo di Ballardini, il Genoa di Juric, il Crotone allenato da Nicola, la Fiorentina dell’europeista Sousa e la Juventus campione in carica di Allegri. Sistemi e ideologi, stili diversi di uno stesso principio di gioco difensivo. Siamo perfettamente nella media del campionato italiano degli ultimi cinque anni. A partire dalla stagione 2011-12 fino alla scorsa 2015-16, vediamo come le squadre che partono con questo sistema difensivo oscillino tra le 5 e le 7. La tendenza è in aumento perché al via della scorsa stagione c’erano 5 squadre a varare la difesa a 3 (Juventus, Fiorentina, Genoa, Udinese e Torino) a cui nel corso del campionato si aggiunsero quasi da subito, Carpi (16 partite su 38 a tre) e il Palermo di Ballardini, che a questo tema ha dedicato la sua tesi di Coverciano, e che ha giocato 19 partite su 38 col vecchio sistema di Chapman (il 50%) e soprattutto le ultime decisive 6 per la salvezza.
Oggi, il campionato ha sette squadre schierate con questo sistema, come nel 2012-13 (massimo ex-equo degli ultimi cinque anni). Questo ci permette di capire come ci sia nel campionato italiano una cultura radicata negli anni e in determinate squadre su questa concezione tattica. Dopo aver conosciuto gli interpreti, dobbiamo risalire al perché si gioca tatticamente a tre in Italia. E chiederci, ci sono differenze tra queste costruzioni difensive in Serie A? La risposta sul perché è in punti: primo, c’era già una radice in Italia di questo gioco che negli anni che vanno dal 1939 al 1960 ha visto tutte le squadre schierate così con una concezione però “offensiva” di fatto europea dei tre difensori. Immaginate tante squadre alla Van Gaal o alla Bielsa. Si giocava per l’estetica e il gol. La seconda ragione è negli allenatori italiani di metà anni ’90. Capostipiti della rinverdita difesa a 3 furono Zaccheroni con l’Udinese impostata su temi “aggressivi” e puri, in tre difendevano con aiuti e assistenze certo, ma coprendo larghi tutto il fronte difensivo. L’altro fu Mazzone che la propose a Roma e a Brescia per dare struttura difensiva a due squadre in quel momento fragili e stanche, ma con talenti offensivi. Venivamo dalla fine delle guerre ideologiche pro o contro Sacchi, il campionato aveva bisogno di un rimescolamento tattico e di costruzioni nuove, che avrebbero poi ripreso i vari Capello (la Roma 2001-02), Ventura, Mazzarri e Montella.
La terza ragione ci porta a oggi, giocare a tre in difesa permette di costruire la squadra su principi moderni di calcio all’italiana. Infatti, i tre difensori chiamano quasi automaticamente i 5 centrocampisti e le 2 punte, questo consente agli allenatori di costruire la squadra sui 9 ruoli del grande calcio all’italiana. Quali? Proviamo a schierarli: i tre difensori sono il libero e, i due stopper; il centrale di centrocampo, il mediano e la mezzala offensiva a centrocampo; l’esterno fluidificante che gioca da pendolo tra le due fasi e in attacco, la seconda punta e il centravanti. Il centrale nella difesa a 3 è il libero di vecchia scuola. Gioca più staccato rispetto ai due marcatori, deve saper leggere il gioco offensivo dell’avversario e chiudere correndo all’indietro o lateralmente. E’ il giocatore di copertura e rilancio, pensiamo a Bonucci. Gli altri due marcano sia a terra che in duello aereo il centravanti e il fantasista avversario.
Qui è importante osservare le distanze tra i 3 difensori, per rispondere alla domanda sulle differenze di applicazione. Se i 3 difensori sono stretti e formano un triangolo rovesciato con il “libero” più schiacciato verso la porta, è molto probabile che tutta la struttura difensiva sia a cinque. Nella nostra Serie A questa difesa a 3 difensiva è giocata dall’Udinese di Iachini e dal Crotone di Nicola. In queste due squadre il lavoro di pendolo degli esterni è fondamentale ed è richiesto a tutti sempre e con tempi giusti nel rispetto di posizioni precise. Gli stessi Widmer e Armero che hanno corsa e allungo in avanti devono coprire forte le zone laterali. Perché? Affinché un sistema come questo sia efficace, è importante coprire tutto il fronte difensivo per contro-giocare con quelle squadre che partendo da costruzioni a quattro giocano con mezze ali d’inserimento e ali verticali. Non è forse la stessa mossa che pensò Chapman ottant’anni fa per difendere la porta dell’Arsenal? Tutte le tracce offensive, in chiusura, diventano centrali, così una difesa stretta a 3 più 2 soprattutto fuori casa, risulta essere una valida contromossa tattica.
In questo campionato ci sono anche varianti aggressive della difesa a 3. Le squadre dalla mentalità più europea in questo sistema sono la Fiorentina di Sousa che gioca con i tre dietro larghi (ecco la prima differenza) e propone 5 o 6 centrocampisti in grado di giocare le mezze posizioni. Le diagonali difensive di Alonso sono più tattiche quindi più di lettura dell’azione avversaria che a opzione cioè legate a un posizionamento già stabilito.
Su questo piano giocano anche l’Atalanta di Gasperini e il Genoa di Juric che togliendo un centrocampista, aggiungono un esterno creando sulle fondamenta di un gioco a 3 largo, l’idea di un attacco diretto con palla verticale sulle punte.
L’altra squadra a giocare la difesa a 3 aggressiva è la Juventus che in cinque anni ha definito il sistema rendendolo flessibile e costruendolo con il principio italiano della specializzazione dei ruoli e il principio europeo dei tre difensori larghi e di una squadra che muove con questo sistema la mezzala offensiva, il terzino fluidificante e il fantasista tra le linee avversarie. E’ un sistema che ha pagato fruttando cinque scudetti.
Questo panorama italiano apre un’ultima domanda sulla difesa a 3. Quante squadre, oggi, nel 2016 la giocano nei cinque campionati più importanti? Su 98 squadre, 12. Il massimo è in Italia (7) poi in Germania (3) anche se il Colonia molte volte va a cinque, rimangono comunque vagiti della mitica scuola del mondiale’90 e di Otto Rehhagel. Interessanti i dati degli altri tornei: In Francia nessuno adotta la difesa a 3 probabilmente perché la scuola di Hidalgo e Henri Michel e delle grandi nazionali francesi del ’78-’84 e del ’98-‘2006 hanno costituito il santo Graal tattico della cattedrale di Claire-Fontaine. La Spagna che ospitò Cruijff, Bielsa e variazioni guardioliane (una tantumu) ha una sola squadra a 3, l’aggressivo Siviglia di Jorge Sampaoli. L’Inghilterra inventò questo sistema e oggi l’ha dimenticato. Una sola squadra gioca a 3 nel campionato inglese è il Watford di Walter Mazzarri. Emblematico che un italiano riproponga lì questo schema. Unico e solo tra tante squadre larghe e centrate sul peso offensivo.
Oggi la tattica non vive più d’ideologie come negli anni ’70 e ’90 ma di flessibilità; tutti i sistemi sono validi. Rimane però significativo un dato così schiacciante e teso a favore delle costruzioni a 4 con tutte le loro declinazioni offensive. E’ probabile che questo stia a significare che il calcio che oggi si gioca in Europa (e noi ci siamo storicamente e calcisticamente dentro) sia per il gol e non per il tatticismo italiano (di qualità però). Ma rovesciando l’assunto è anche probabile che come diceva Einstein – nulla si crea, nulla si distrugge – quindi che l’idea di una difesa a 3 che sta diventando da noi pian piano aggressiva, possa rappresentare una differenza importante per il calcio italiano se applicata in modo offensivo, come faceva Chapman. Aveva ragione Einstein, anche se non pensava alla difesa a 3, certo.