La Francia non è l'Italia ed il PSG non è la Juve: non c'è spazio per farsi mettere i piedi in testa. Nemmeno da Messi
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Non bastassero le pensioni, adesso è scoppiato, in tutta la sua virulenza, il caso-Messi, guarda caso argentino e campione del mondo come Angel Di Maria, al quale ho dedicato qualche “carezza” nella Sveglia del primo maggio. In pratica avevo detto che, dopo essersi autonomamente depennato dalla lista dei convocati per Bologna, una volta intuito che non sarebbe stato titolare, Di Maria doveva essere multarlo e messo fuori rosa dalla Juve, con tanti saluti al prossimo rinnovo.
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Ma se la Juve non ha mosso un dito, almeno ufficialmente, il Psg, pur al cospetto di Messi, non si è fatto pregare. Appreso che il più grande calciatore vivente era andato in Arabia Saudita senza permesso, lo ha sospeso per due settimane con un consistente taglio allo stipendio. Di più: da una parte il club franco-qatariota ha fatto capire che, a fine stagione, non ci sarà, per lui, alcun rinnovo di contratto (Messi, tra l’altro, chiudeva più dei quaranta milioni che oggi incassa), dall’altra i tifosi si sono presentati sotto la sede del club cantando “Parigi siamo noi” e chiedendo il licenziamento di Messi e dei dirigenti, tra cui Al Khelaifi, il proprietario.
Certamente tutto questo non basta per dire che i francesi sono degli italiani di cattivo umore. Ma serve a spiegare che, in Francia, nessuno vuole farsi mettere i piedi in testa. Siano quelli, preziosi, di Messi o di chiunque altro.