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La fine dell'impero Juve come l'Inter post Triplete e il Milan del dopo Ancelotti: servono tempo e i giovani per ricostruirlo
Dopo il botto di visualizzazioni - e di insulti - per il video di lunedì scorso, quello in cui si criticava chi usa l’hashtag #AllegriOut come un’arma impropria, rieccoci per una riflessione che magari farà ancor più arrabbiare i tifosi juventini. E’ vero che sembra vergognosa e rovinosa la fine di questo impero bianconero iniziato con l’inaugurazione dello Juventus Stadium e con la striscia di scudetti consecutivi. Ma non è una fine inedita: nè per la Juve, nè per la storia del calcio.
La storia rotola come un pallone. Si ripete. Mostra la stessa faccia, situazioni simili, crisi uguali. Questa Juve sembra il Milan post Ancelotti. Oppure l’Inter post Mourinho, quando in panchina si alternavano allenatori prestigiosi (Benitez, Ranieri, Mancini/bis) e addirittura quelli che adesso sono più ammirati (Gasperini, Pioli, Spalletti). Raffica di giocatori, allenatori, dirigenti… Niente. Perché la ricostruzione è sempre lenta, difficoltosa, piena di situazioni che prima si verificavano e poi non più. Cose che prima riuscivano e poi non più.
Ecco, alla Juventus sta succedendo proprio questo. Non riesce più nemmeno l’ordinaria amministrazione, la semplicità, l’abc primitivo tipo “buona difesa e contropiede”. Così l’allenatore sembra un buono a nulla, i giocatori dei fannulloni senza attributi, la società un branco di incapaci. Non è assolutamente così. Ma sembra proprio così. E’ difficilissimo risolvere certe situazioni con qualche mese di tempo; impossibile in pochi giorni o settimane: lo insegna la storia del calcio, non solo quella della Juve (e di Inter e Milan che sono paragoni compatibili).
Ma un paio di antiche raccomandazioni, per uscire dalle crisi e ricostruire, sono comunque utili. Il primo: la rivoluzione si fa con i giovani, più un grande vecchio (a patto che sia veramente grande) tipo Ibrahimovic. Secondo consiglio: la fretta fa più danni della grandine. E se vuoi ricominciare a vincere domani, la cosa peggiore è pensare che tu possa vincere - in fretta e furia - già oggi. Oggi puoi lavorare. Per vincere domani, se avrai lavorato bene.
La storia rotola come un pallone. Si ripete. Mostra la stessa faccia, situazioni simili, crisi uguali. Questa Juve sembra il Milan post Ancelotti. Oppure l’Inter post Mourinho, quando in panchina si alternavano allenatori prestigiosi (Benitez, Ranieri, Mancini/bis) e addirittura quelli che adesso sono più ammirati (Gasperini, Pioli, Spalletti). Raffica di giocatori, allenatori, dirigenti… Niente. Perché la ricostruzione è sempre lenta, difficoltosa, piena di situazioni che prima si verificavano e poi non più. Cose che prima riuscivano e poi non più.
Ecco, alla Juventus sta succedendo proprio questo. Non riesce più nemmeno l’ordinaria amministrazione, la semplicità, l’abc primitivo tipo “buona difesa e contropiede”. Così l’allenatore sembra un buono a nulla, i giocatori dei fannulloni senza attributi, la società un branco di incapaci. Non è assolutamente così. Ma sembra proprio così. E’ difficilissimo risolvere certe situazioni con qualche mese di tempo; impossibile in pochi giorni o settimane: lo insegna la storia del calcio, non solo quella della Juve (e di Inter e Milan che sono paragoni compatibili).
Ma un paio di antiche raccomandazioni, per uscire dalle crisi e ricostruire, sono comunque utili. Il primo: la rivoluzione si fa con i giovani, più un grande vecchio (a patto che sia veramente grande) tipo Ibrahimovic. Secondo consiglio: la fretta fa più danni della grandine. E se vuoi ricominciare a vincere domani, la cosa peggiore è pensare che tu possa vincere - in fretta e furia - già oggi. Oggi puoi lavorare. Per vincere domani, se avrai lavorato bene.