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    Medaglie strappate, teste basse e sorrisi amari: l'Atalanta è bella ma non vince, i tifosi vogliono la vendetta domenica

    Medaglie strappate, teste basse e sorrisi amari: l'Atalanta è bella ma non vince, i tifosi vogliono la vendetta domenica

    • Marina Belotti, inviata a Reggio Emilia
    Non doveva andare così. Lo dice la medaglia d’argento che Gollini si strappa dal collo e fa volare in aria con la stessa mano usata per dire no più volte, invano, a CR7. Lo dicono le teste basse e deluse dei Mille di Bergamo traditi da quel Mapei che li ha riabbracciati dopo troppo tempo. Lo dice il sorriso tirato di mister Gasperini che, nonostante il grande lavoro compiuto, non riesce ancora a raccogliere un trofeo. Eppure sembrava l’anno giusto.
     
    RABBIA - La delusione è tanta, troppa, i sostenitori nerazzurri dopo 15 mesi terribili lontani dal campo, tra sirene, campane a morto, gare in tv e troppi cari da ricordare, piombano nell’ultimissima ora di un 19 così atteso sotto il peso più grande da portare. Una Coppa di oltre 8 kg, nelle mani dei giocatori sbagliati: “Questa Coppa ce la meritavamo dopo la grande cavalcata in campionato, il possesso palla e il gioco del primo tempo ne erano un esempio, loro hanno fatto solo due tiri in porta, CR7 non si è visto”, il commento amaro dei tifosi fuori dallo stadio a Reggio Emilia, che tirano però, con sportività, un po’ le orecchie ai loro, “Nel primo tempo dovevamo chiuderla, poi Muriel e Ilicic potevano fare molto di più”. Ma dietro le lacrime si intravede un lampo di rabbia, lo spettro di quel 15 maggio 2019, di quel mani di Bastos e di quella Coppa che ora sembra stregata: “Adesso con il Milan manderemo la Primavera, la Juve non si merita la Champions”, il grido polemico e a caldo di alcuni atalantini ancora troppo arrabbiati.
     
    RAMMARICO - Perché i grandi lavoratori bergamaschi preferivano più di tutto, forse anche dell’Europa più bella, alzare al cielo un trofeo, metallico, concreto, coronamento e frutto di un lavoro iniziato un decennio fa: nel 2010, con la calce gettata dai Percassi e, mattonella dopo mattonella, dai tre piani del palazzo costruito da mister Gasp dal 2016 ad oggi. Ma è il nervosismo a fine gara che sfocia nel giallo di de Roon, orobico adottato, lo specchio della rabbia della banda di Gasp dopo un primo tempo da padroni di casa: per molti di loro si tratta della seconda finale persa in due anni, senza demeriti, per la maggior parte di loro sarebbe stato il primo trofeo. Di nuovo rimandato, e il rammarico è troppo.
     
    POLEMICHE - Anche quello di Gian Piero Gasperini, libero di dire no alla Juve che chiede in ginocchio di lui, ma troppo ambizioso per accontentarsi di questo: la sfortuna negli episodi lo perseguita nelle gare decisive, parla di ‘rigore su Pessina’ a fine gara. "Dal vivo e in diretta ho avuto la stessa sensazione, sia da come era entrato Rabiot, sia da come era caduto Pessina, era evidente”. Un episodio che, rispetto a due anni fa, per lui però rientra nella normalità. Dei rigori non dati e dati alla Juve, però. "Provate a dire ancora che piange...", aizzano i tifosi nerazzurri.
     
    SECONDO POSTO - Ma da domani, e lo è già superata la mezzanotte, la rabbia per Rabiot passerà e le vittorie, come dice Gasp, torneranno ad essere (tante) altre. Ma questa notte no, hanno trionfato ancora i campioni, il budget, il ranking e forse una più spiccata personalità negli spareggi. La vittoria della passione, del lavoro duro e dello spirito di sacrificio, della piccola che si fa grande, è ancora rimandata. Magari a domenica, per un secondo posto che sarebbe storia. Anche senza 8 kg di Coppa.

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