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  • St. George's Park: Southgate e il DNA inglese per la missione 'coming home'

    St. George's Park: Southgate e il DNA inglese per la missione 'coming home'

    • Gabriele Stragapede
    L'espressione "cura" ha un significato molteplice nella lingua italiana: la cura può essere una medicina, ma avere cura vuol dire preoccuparsi di, occuparsi di, trattare con attenzione qualcosa. Nel nostro caso, entrambe le accezioni sono corrette: in questo speciale che vi proponiamo in sei giorni, Calciomercato.com indaga su come le maggiori Federazioni calcistiche europee hanno cura dei propri talenti, che a loro volta rappresentano la cura contro i periodi più bui dei rispettivi movimenti.

    I viaggi portano sempre ognuno di noi alla scoperta di posti sconosciuti, ambienti diversi, sensazioni mai provate. Tra ricerche, scritti, idee e pensieri, il viaggio nel quale vogliamo guidarvi oggi ha come destinazione l’Inghilterra, la patria dello sport più bello – non ce ne vogliate – al mondo, il calcio. In particolar modo, dopo avervi raccontato il modello di Clairefontaine (QUI), è giusto soffermarsi sulla nascita e lo sviluppo dei centri tecnici federali in giro per l’Europa, partendo, come sottolineato, dalla terra del football per eccellenza. Si parte verso la Gran Bretagna, cinture allacciate. Ma per delineare al meglio la struttura e la rivoluzione partita Oltremanica, è corretto fare una digressione.

    MISSIONE COMING HOME – Osservando la quasi esagerata quantità di talento presente nella rosa dell’attuale nazionale dei Tre Leoni, è difficile comprendere come – palmarès alla mano – l’Inghilterra si sia laureata campione del Mondo solo nel lontano 1966, durante l’edizione dei Mondiali disputati proprio in terra britannica. Oltre all’ex Coppa Rimet, la bacheca inglese non conta altri successi internazionali, nemmeno in campo europeo – unica nazionale già vincitrice di una Coppa del Mondo a non aver alcun alloro continentale. Un solo ed unico trionfo, frutto degli insuccessi della compagine d’Oltremanica, culminati nella clamorosa eliminazione ai gironi dei Mondiali 2014, terminati all’ultimo posto del Gruppo D con un solo punto, e la successiva sconfitta agli ottavi di finale degli Europei 2016 contro l’Islanda. Fallimenti che hanno segnato nel profondo la federazione calcistica inglese, chiamata a trovare una soluzione per far venire alla luce una nuova generazione di talenti che possa guidare i Tre Leoni alla conquista della vetta del mondo. Una soluzione anticipata già in quegli anni ma che ha origini ben più radicate nel tempo.

    St. George's Park: Southgate e il DNA inglese per la missione 'coming home'


    IL PASSATO DELLE ACADEMIES – Facciamo un passo indietro dunque. Tra gli anni ’80 e ’90, in concomitanza con il restyling di tutto il movimento calcistico nazionale, si svilupparono le Football Academies inglesi. Secondo la dicitura ufficiale, un’academy è “uno schema per lo sviluppo del talento calcistico”, che ogni club professionistico deve prevedere. Con questa regolamentazione, i club possono accogliere i bambini dal compimento dei nove anni di età. La maggior parte delle società in Inghilterra ha una Academy oppure un Centro di Eccellenza per aiutare lo sviluppo dei propri calciatori. Dai 9 ai 16 anni – età in cui termina l’obbligo scolastico in Inghilterra - i ragazzi vengono tesserati con vincolo biennale con una formula che viene definita schoolboys; al termine dei due anni, se vi è ancora accordo tra il club ed i genitori del ragazzo, si procede ad un nuovo tesseramento. Gli ulteriori vincoli che sono posti per la registrazione dei giocatori sono dati dalla residenza: secondo quanto prevede il regolamento federale, fino ai 12 anni di età, il ragazzo può avere la residenza al massimo ad un’ora di distanza dalla sede dell’academy, mentre questo limite si estende ai 90 minuti nei ragazzi tra i 13 e i 16 anni. In questa fase i club si comportano come un qualsiasi club giovanile, accogliendo i ragazzi per gli allenamenti e curando quasi esclusivamente la crescita tecnica del ragazzo. La svolta arriva al 16° anno di età: il club può decidere se lasciare libero il ragazzo o inserirlo nel vero e proprio programma di formazione offrendogli uno scholarship agreement - una sorta di borsa di studio - mediante il quale, attraverso il tesseramento, vengono garantiti sia l’istruzione secondaria che l’alloggio presso il camp del club stesso, un privilegio riservato solo ai più promettenti per un massimo di 6/7 posti a disposizione. Lo scholarship agreement può durare fino ad un massimo di tre anni, al termine del quale il club può offrire un contratto.

    L’IMPORTANZA DEI TORNEI GIOVANILI - La crescita agonistica dei giovani calciatori è garantita sia dal campionato delle acadamies - un torneo under 19 paragonabile al nostro campionato Primavera – sia dalla competizione riservata alle squadre riserve. Tutte i match del programma dell’Academy sono gare amichevoli. Per spiegarci meglio: dagli Under 9 agli Under 16 non ci sono campionati di Lega. Le partite vengono disputate di domenica mattina, a parte gli Under 16 che giocano il sabato mattina in concomitanza con gli Under 18, i quali, a loro volta, hanno una lega competitiva che si gioca il sabato mattina, suddivisa tra Nord e Sud. Esiste, inoltre, anche una FA Youth Cup, manifestazione nazionale tra tutti i club affiliati alla Football Association per tutte le compagini Under 18. I giovani, in Inghilterra, vengono quindi messi al centro dei progetti tecnici delle società. Ma da qui a diventare anche il fulcro delle selezioni nazionali c’è una differenza sostanziale. Dal poco spazio in prima squadra alla girandola di prestiti nelle categorie minori, i giovani protagonisti del calcio inglese rischiano di perdersi, derubando la nazionale di possibili nuovi talenti da inserire nel proprio organico. Ed è per questo che, all’inizio degli anni 2000, la FA ha iniziato a progettare una soluzione che potesse soddisfare la reale missione principale.

    St. George's Park: Southgate e il DNA inglese per la missione 'coming home'

    L’INFLUENZA DI CLAIREFONTAINE E L’AVVIO DEL PROGETTO – La rivoluzione dell’Inghilterra parte a seguito delle ricerche condotte dall’allora direttore tecnico della FA Howard Wilkinson. In quel momento, la federazione inglese aveva a disposizione solamente l’abbazia di Bisham, un complesso multi sport utilizzato per la preparazione dei match della prima squadra nazionale, e il Lilleshall Hall, centro per la formazione dei giovani e degli allenatori, ormai ampiamente superato dalle accademie giovanili del club. La FA, quindi, necessitava di un complesso appositamente costruito e all’avanguardia riservato al calcio. Così, dopo aver studiato tutti i centri di calcio nazionali esistenti, Wilkinson decise che il suo progetto si sarebbe basato sul pluridecorato ed illustre sistema francese situato a Clairefontaine, vicino a Parigi. Una vera e propria emulazione del vincente progetto transalpino. Agli albori, l’idea del direttore tecnico sarebbe costata all’incirca 30 milioni di sterline e l’apertura era fissata per il 2003: sarebbe divenuta la base per Wilkinson e il personale di coaching della FA per cercare e sviluppare le future generazioni di stelle inglesi. Le strutture del centro includeranno 14 piazzole e forniranno strutture e quartier generali da squadre nazionali dai 14 anni in su. Il progetto convinse i ranghi più alti della FA e lo stesso amministratore delegato Adam Crozier diede il proprio assenso per cominciare i lavori. Ma, come per ogni illuminante idea, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. La partenza dell’ad ritardò l’avvio del progetto e, nel novembre 2002, la Football Association decise di rivedere i piani iniziali, a causa anche dei costi crescenti riguardanti la costruzione del nuovo stadio Wembley. Il nuovo studio per il centro nazionale calcistico alzò i costi sino agli 80 milioni di sterline. Costi al rialzo, proposte di sospensioni ed un consiglio di amministrazione non efficiente ritardarono tutte le operazioni di costruzione sino al 2008, anno dell’approvazione del progetto e dell’inizio dei lavori.

    ST, GEORGE’S PARK – E così, finalmente, il St. George’s Park, situato a Burton upon Trent, nella campagna dello Staffordshire, nel pieno cuore dell’Inghilterra, poté finalmente cominciare a prendere forma. Il centro tecnico federale venne costruito su un terreno di 130 acri che, originariamente, era parte della foresta di Needwood, dove, nel XIII secolo, erano presenti alcune zone di caccia di proprietà della famiglia Berkeley. Dopo alcune cessioni, fu la famiglia Bass a vendere la tenuta presente nel 1952, rendendo disponibile il terreno per la costruzione. Per la modica cifra di 105 milioni di sterline, il centro di Burton venne aperto e inaugurato ufficialmente dal Duca e dalla duchessa di Cambridge il 9 ottobre 2012, diventando, sin da quel giorno, la base per tutti i lavori di coaching e sviluppo intrapresi dalla FA, oltre a fungere da terreno d’allenamento e di preparazione per tutte le squadre di calcio nazionali dell'Inghilterra allo stesso tempo, compresi le formazioni futsal, le selezioni per persone portatrici di handicap e le compagini, ovviamente, maschili e femminili a partire dall’Under 17. Il centro dispone di 12 campi di allenamento di livello mondiale, con erba e superfici artificiali, uno dei quali è una replica esatta della superficie utilizzata allo stadio di Wembley e un campo indoor di dimensioni standard. Ma non solo: sono presenti anche suite idroterapiche all'avanguardia, palestre di allenamento, servizi di analisi video, suite didattiche e di coaching, oltre a strutture di scienze mediche e sportive. In ultimo, il sito dispone di strutture alberghiere - gestite dal gruppo Hilton Hotels - che permettono il soggiorno alle formazioni quando presenti. St. George’s Park, in breve tempo, divenne il punto focale per lo sviluppo dei giocatori della FA, oltre che il quartier generale della federazione. Era appena stata messa la parola fine all’improvvisazione logistica che per decenni aveva caratterizzato il calcio inglese, ora centralizzato nel centro di Burton. Finalmente, il football aveva una sua vera e propria dimora in cui unire e far convivere i campioni di oggi con quelli del domani. Un concetto perfettamente espresso dalle parole di Jermaine Jenas, ex calciatore del Nottingham Forest, che nel 2017 ha dichiarato a BBC Sport: “L’unità e lo spirito di squadra possono fare la differenza nei grandi tornei ma è un qualcosa che è probabilmente mancato all’Inghilterra negli ultimi anni. St. George’s Park potrebbe cambiare questo, nel futuro, stimolando quel senso di crescita in comune e senso di condivisione. Qui tutti i vari gruppi d’età vengono mischiati, entrando in contatto tra di loro”. Unità, condivisione, crescita. I termini chiave del St. George’s Park, la cui inaugurazione andò di pari passo con la profonda ristrutturazione del sistema giovanile di tutta l’Inghilterra che ha rivoluzionato il format delle selezioni giovanili dei club di Premier League e di Football League.

    St. George's Park: Southgate e il DNA inglese per la missione 'coming home'


    L’EPPP E L’ENGLISH DNA – Nell’anno dell’apertura di St. George’s Park, la Premier League – grazie anche al finanziamento comune di 400 milioni di euro della Football Association - ha creato l’Elite Player Performance Plan (Eppp) con l’obiettivo di produrre più giocatori professionisti nei settori giovanili, andando, al contempo, a valorizzare i talenti nazionali. L’idea era di portare i migliori talenti a lavorare insieme ai migliori tecnici nelle migliori strutture del calcio inglese. Ma come funziona? L’Eppp lavora in tre fasi: fase 1, la fondazione, dall’Under 9 all’Under 11; fase 2, lo sviluppo giovanile, dall’Under 12 all’Under 16; fase 3, lo sviluppo professionale, dall’Under 17 all’Under 23. Un progetto che cominciò a rimodellare il sistema delle academies attraverso il miglioramento delle strutture, la formazione dei giocatori a tempo pieno tra calcio e istruzione, e l’aumento del numero di tornei giovanili. Ma è nel 2014 che è arrivato il cambiamento più importante della recente storia del calcio britannico. La FA, infatti, ha lanciato il programma English DNA, volto a definire i nuovi principi cardine per la formazione dei giovani talenti, ponendo al centro il dominio del possesso, il recupero del pallone nei momenti migliori e la flessibilità tattica. In sostanza, dunque. creare un’identità di gioco replicabile, un approccio unificato a tutti livelli. Programmi, idee, linee guida e strumenti necessari a raggiungere gli obiettivi della FA, sia tecnico-tattici che comportamentali. Ma su cosa è basato l’English DNA? Analizziamo i suoi 5 elementi chiave, principi emanati dalla stessa federazione. Punto 1, who we are (chi siamo): dar vita ad una cultura calcistica basata su precisi valori: orgoglio, duro lavoro, lealtà e correttezza. Punto 2, how we play (come giochiamo): avere una filosofia calcistica allineata basata sul dominio del possesso palla, sul pressing intelligente e sulla flessibilità tattica. Punto 3, the future England player (il giocatore inglese del futuro): il calciatore avrà precise caratteristiche individuale basate sul FA Four Corner Development Model: eccellenza tecnica (capacità di controllo, di possesso e di finalizzazione), acume tattico (massima conoscenza e comprensione del gioco, adattabilità e responsabilità condivise), abilità fisiche (agilità, coordinazione, forza, velocità) e rapporti sociali (rispetto, comportamenti ad hoc e indipendenza). Punto 4, how we coach (come alleniamo): lo staff tecnico utilizzerà una metodologia chiara, basata sull’organizzazione degli allenamenti, la pianificazione del tempo di gioco, l’entusiasmo del mettersi alla prova con il pallone, il realismo ed una comunicazione efficace. Punto 5, how we support (come sosteniamo): le nazionali vengono supportate da specialisti delle discipline mediche, analitiche e psicologiche, pronti ad accrescere l’efficacia degli allenamenti e a facilitare lo sviluppo dei giocatori e delle performance del team. Ma ogni metodo ha bisogno di un leader capace di portare avanti un progetto così ambizioso.

    LA CENTRALITA’ DI SOUTHGATE E I RISULTATI – Chi, infatti, ha giocato un ruolo fondamentale in tutto questo processo costitutivo è l’attuale CT della nazionale maggiore, Gareth Southgate, l’uomo che ha fatto da collante e da ideologo in questa fase di transizione per il calcio inglese. Prima capo dello sviluppo d’élite della FA nel 2011, poi selezionatore U21 nel 2013 ed infine CT della prima squadra dei Tre Leoni. Il suo percorso è stato il fertilizzante che ha fatto germogliare la nuova FA ed è stato vitale per mutare le fondamenta delle strutture britanniche che, ora, si propongono e sviluppano un calcio di manovra, basato sul possesso palla ed affidato a talenti di una sopraffina intelligenza calcistica. Un cambio netto di filosofia, distante dagli antichi dogmi dell’intensità e dell’aggressività tipica inglese, che ha portato l’intera Inghilterra a vivere un reale e concreto rinnovamento culturale, capace di creare una generazione di talenti moderni e brillanti: Phil Foden, mezzala di possesso, esterno pensante, trequartista sublime plasmato anche dalle sapienti mani di Pep Guardiola; Trent Alexander-Arnold, il prototipo del terzino-regista moderno. E poi Jadon Sancho, Marcus Rashford, Mason Mount, Mason Greenwood, Bukayo Saka, Reece James, Tammy Abraham, Jamal Musiala – che ha scelto di giocare con la Germania – e Jude Bellingham, tutti esempi di polivalenti giocatori dalla sopraffine classe, usciti proprio dal nuovo sistema calcistico inglese. Una vera e propria rivoluzione – aiutata, certamente, dalla mescolanza di usi, culture e stili di gioco ormai presenti in Premier League – ma cercata e voluta dalla stessa FA, abile ad indirizzare lo sviluppo del talento in una precisa direzione. “La FA riconosce che i club rimarranno sempre la principale influenza sui giovani giocatori, che formeranno il loro gioco in base alle esigenze del loro tecnico. Ma allo stesso tempo la federazione può guidare lo sviluppo e dare la direzione desiderata se condivide visioni simili con le società. I club vogliono buoni giovani giocatori nelle loro academies e noi vogliamo buoni giocatori nelle Nazionali inglesi. Abbiamo gli stessi obiettivi”, spiegava Dan Ashworth, direttore dello sviluppo élite della FA dal 2012 al 2018. Una visione che, almeno a livello giovanile ha portato subito a risultati di spessore: infatti, l’Inghilterra, nel 2017, è diventata campione del Mondo Under 17 e Under20, nonché campione d’Europa Under19. La generazione figlia del modello di Clairefontaine sta dando i suoi primi frutti anche in Gran Bretagna, fissando un modello che ha già aperto la strada al calcio del futuro. Un futuro che la FA sogna con l’Inghilterra, nuovamente, sulla vetta del mondo – una cima da raggiungere ad ogni costo. L’obiettivo è tornare campioni in campo continentale, traguardo solo sfiorato nel 2021, sconfitti dall’exploit dell’Italia di Mancini, e internazionale. Because the FA wants football to come home.

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