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La Chilena, la Jamaica di Schäfer: 'Ora la Copa America, poi il Mondiale 2018. Sfavoriti? Meglio, saremo simpatici a tutti'
Signor Schäfer, come è giunto alla decisione di diventare il commissario tecnico della Jamaica?
La Federazione jamaicana mi ha contattato un mese dopo la mia rescissione con la Thailandia. Quando sono arrivato, la Jamaica era ancora in corsa per qualificarsi per il Mondiale brasiliano. Anche se non c’erano molte chance, era una opportunità che non potevo lasciarmi scappare.
Ha avuto qualche dubbio prima di accettare?
Da commissario tecnico, non mi pongo mai nessun limite. Il punto di partenza è fissare delle fondamenta salde. L’importante è mettersi a lavorare a stretto contatto con i club. Un allenatore di un club deve analizzare le necessità della propria squadra, mentre per un ct di una Nazionale è molto più complicato. Bisogna cercare di soddisfare i bisogni dell’intero sistema. Adoro le sfide e sono stato convinto dalla passione di Horace Burrel, il presidente della Federazione jamaicana. Dalla prima volta che ci siamo incontrati, ho capito subito che era un uomo che ama il calcio. Dovrebbe esserlo, ma non è così scontato trovare persone come lui.
Come è stato l’approccio? Che squadra ha trovato?
Ho avuto subito molto da fare. Come ho detto, la Jamaica si stava giocando l’accesso al Mondiale. La squadra aveva un grande potenziale, ma causa dei risultati negativi del passato i giocati avevano perso un po’ la fiducia in loro stessi.
Nel 2013 la Jamaica non ha mai vinto una partita. Nel 2014, invece, avete iniziato bene con due successi in amichevole. Durante l'anno avete affrontato avversari di tutto rispetto come Francia, Serbia, Svizzera, ed Egitto. Ed infine a novembre avete vinto la Coppa dei Caraibi. Qual è stato il segreto di questo risultato? Abbiamo lavorato duramente con grande concentrazione. Abbiamo discusso dei nostri obiettivi a lungo termine, analizzato i nostri punti di forza e le debolezze, e abbiamo definito il nostro percorso passo dopo passo. Per cominciare dovevamo recuperare la fiducia. Non solo la Nazionale, ma anche la Federazione e i tifosi. Dopodiché abbiamo dovuto pensare al lavoro tattico. Troppi allenatori impongono alla propria squadra la proria idea di calcio. Secondo me non funziona. Prima devi conoscere le caratteristiche dei tuoi calciatori e capire quali le sono le loro qualità migliori. Solo così potrai ideare la migliore tattica possibile.
Avete iniziato il 2015 nel migliore dei modi battendo Venezuela e Cuba. Come arrivate alla Copa America?
Siamo molto fiduciosi. Non vediamo l'ora di giocare la prima partita. E' una grande vetrina per noi. Sappiamo che partiamo da sfavoriti, ma dopotutto non c'è nessuno che non ami gli sfavoriti e, anche me, piace molto recitare questa parte.
Nel vostro gruppo dovrete affrontare Argentina, Uruguay e Paraguay. Qual è il vostro reale obiettivo?
Copa America e Gold Cup sono molto vicine e naturalmente vogliamo dare il massimo in entrambe le competizioni. Prepararsi non è stato facile, abbiamo dovuto mettere due squadre. In ogni caso, un vero professionista gioca ogni singola partita con l'ambizione di vincerla.
Come pensate di stoppare Messi e Cavani?
Ci concentreremo su tutta la squadra avversaria. Sia Messi sia Cavani possono sempre fare la differenza, ma faremo tutto il possibile per rendergli la vita difficile.
Quali sono i punti di forza della Jamaica?
Lo spirito di squadra, una grande forza di volontà e un'ottime capacità fisiche.
Può contare su diversi giocatori che giocano in Europa, soprattutto in Inghilterra, come Morgan, Mariappa, Austin e Gordon. Pensa che presto vedremo più giocatori jamaicani in club europei nei prossimi anni?
Lo spero, ma so che è difficile. Prima obbiamo migliorare il sistema giovanile in Jamaica.
Che tipo di calcio cerca di insegnare ai suoi giocatori?
Per un ct non è facile. Non si può lavorare con continuità con i calciatori e bisogna cercare di adattarsi. L'importante è cercare di mettere in piedi una squadra versatile. In generale, comunque, prediligo un calcio veloce, imprevedibile, moderno e offensivo.
Nella sua carriera ha allenato anche in Camerun, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Azerbaigian e Thailandia. Per lei, quanto è importante cambiare Paese e conoscere nuove culture?
Uno dei benefici principali di essere un commissario tecnico è naturalmente quello di avere la possibilità di conoscere nuovi posti e culture differenti. Non è sempre facile, ma amo questa parte del mio lavoro. Sono un privilegiato e sono grato di aver potuto vivere tutte queste esperienze.
Ha mai parlato del Mondiale del 1998 con la gente jamaicana?
Chiaramente è un ricordo ancora vivo e le persone continuanoa a parlarne. Nel calcio, però, diciassette anni sono davvero tanti. Per questo, stiamo lavorando per regalare un altro ricordo alla Jamaica.
Pensa che la Jamaica si qualificherà al prossimo Mondiale?
Sì, ne sono certo. L'accesso al Mondiale del 2018 è il nostro principale obiettivo.
Le piace molto usare Twitter.
Lei è molto atttivo sui social network. Crede che possano essere importanti per un allenatore?
Penso che il calcio necessiti di trasparenza, soprattutto per quanto riguarda le Nazionali e le proprie federazioni. I tifosi hanno diritto di sentirsi parte di tutto ciò che riguarda la squadra e, da questo punto di vista, i social media possono essere importanti se li si usa nel modo giusto. Spero che con maggior presenza nel mondo social, si possa essere in grado di attirare più sponsor per il futuro del calcio jamaicano.
Intervista di Matteo Palmigiano
@palmi14