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  • La Chilena, Granoche: 'Modena e Uruguay i miei amori. Montero un mito. Ecco perché mi chiamano il Diablo'

    La Chilena, Granoche: 'Modena e Uruguay i miei amori. Montero un mito. Ecco perché mi chiamano il Diablo'

    Sono i campioni in carica e soprattutto sono i più vincenti della storia della Copa America con 15 coppe in bacheca. Eppure, nonostante la vittoria firmata Cebolla Rodriguez, l'Uruguay scesco in campo contro la Jamaica per l'esordio nella competizione sembra il lontano parente di quello riuscito a vincere il trofeo nel 2011. Manca Luis Suarez, ancora squalificato per il morso a Chiellini e quindi non convocato. Dopo gli addii di Forlan, Abreu, Diego Perez e Lugano, l'unico vero mito rimasto è Oscar Washington Tabarez. Il Maestro si agrappa a Edison Cavani e lancia nella mischia due talentuosi giovani come De Arrascaeta e Rolan, entrambi protagonisti al Mondiale Under 20 del 2013. Nonostante tutto, battere la Celeste resta sempre un'impresa. Lo sa Pablo Granoche (foto Modenafc.net), uruguaiano di Montevideo. L'attaccante è reduce da una stagione fantastica al Modena, chiusa con il titolo di capoconniere alla pari con Cocco e Catellani. Calciomercato.com lo ha intervistato per commentare i record di quest'anno e per sentire cosa pensa del suo Uruguay, partendo dai suoi ricordi in Sudamerica. Parola al Diablo, il volto della decima puntata de La Chilena.

    Come si avvicinato al calcio a Montevideo?
    Tutto è iniziato come un gioco da bambino poi, a dodici anni, sono entrato nelle giovanili del River Plate di Montevideo ed tutto è cominciato a diventare più serio. Con il passare del tempo ho capito che avrei potuto fare strada.

    E' proprio vero che in Uruguay giocano tutti, o quasi, a calcio?
    Sì, è così, specialmente a Montevideo. Giocare a pallone è l'unico pensiero di ogni bambino. La nostra cultura è anche questa: calcio 24 ore su 24. E' normale che ci sia così tanta passione.

    Dopo le giovanili, ha esordito a 17 anni con la prima squadra del River Plate. Le prime grande soddisfazioni dal punto di vista realizzativo - 38 reti in 56 presenze - se le è tolte, però, con il Miramar Misiones.
    Sì, nell'ultima stagione con il Miramar ho vinto pure il titolo di capocannoniere della Primaver Division uruguaiana. E' cominciato tutto da lì.

    Poi si è trasferito in Messico. Prima ai Diablos Rojos di Toluca, poi ai Tiburones Rojos di Veracruz, dove torna a segnare come ai tempi del Miramar. A quel punto, arriva la chiamata della Triestina. Qual è stata la sua reazione?
    Avendo fatto bene in Messico, avevo tante offerte per rimanere lì. Ho deciso di dire sì alla proposta della Triestina perché l'Europa rappresentava una meta molto importante. La Triestina ha creduto in me offrendomi un lungo contratto e io accettato con piacere.

    Il suo impatto con la Serie B è stato pazzesco: 24 gol nella prima stagione, 7 nella seconda dopo un brutto infortunio. Il Chievo si è fatto avanti e le si sono aperte della Serie A. Nella massima serie, però, non è mai riuscito ad imporsi veramente: che difficoltà ha trovato?
    Ho sempre dato tutto, purtroppo non sono riuscito a segnare con continuità come in Serie B. Dal punto di vista delle prestazioni non mi rimprovero nulla, ma l'attaccante vive di gol. In due anni e mezzo, tra Chievo e Novara, ne ho segnati pochi. Forse sarei potuto rimanere ma, a volte, quando non trovi spazio preferisci scendere di categoria per essere protagonista.

    E proprio in Serie B è tornato a fare male. Dopo alti e bassi tra Varese, Padova e Cesena, è passato al Modena, diventando in poco tempo un uomo chiave. Quest'anno, in particolare, ha vissuto una stagione super: ha vinto la classifica marcatori ed è diventato il miglior marcatore straniero della storia della Serie B con 73 reti. Di cosa va più fiero?
    Pensate che del record non sapevo nulla, fino a che un mio amico non mi ha detto che mi mancavano pochi gol per raggiungere e superare Jeda. E' un piccolo traguardo ma per chi viene da lontano, come me, è una grande soddisfazione. Sono anche molto felice di essere riuscito a contribuire alla salvezza del Modena con un gol decisivo nei playout contro l'Entella.

    Rispetto agli altri club italiani in cui ha giocato, cosa ha trovato di più al Modena?
    A volte l'attaccante ha bisogno di trovarsi in un posto dove la gente gli vuole bene e l'allenatore gli dà fiducia. Quando sono arrivato, mister Novellino mi ha subito buttato nella mischia. Sono stato anche fortunato di trovare una squadra che privilegiava il gioco offensivo e creava tante occasioni da rete, grazie a giocatori di grande qualità come Babacar, Rizzo, Molina, Bianchi o Garofalo. Quest'anno è stato più complicato, ma la fiducia dell'ambiente mi è senz'altro aiutato.

    Torniamo all'Uruguay, ma anche un po' al Messico. Perché proprio contro El Tricolor, ha fatto il suo esordio con la Celeste. Che ricordi ha di quel giorno?
    Era il 2005, ero appena passato al Toluca. Avevo 21 anni e naturalmente ero felicissimo. Indossare la maglia di una nazionale con un grande storia come la nostra è qualcosa di fantastico. Sono entrato a metà del secondo tempo la posto di una leggenda come il Loco Abreu. Purtroppo ho giocato solo quel match con la Celeste. Mi sarebbe piaciuto poterlo fare ancora, ma dopo pochi mesi hanno esonerato il ct Fossati ed è iniziato l'era Tabarez. Durante il percorso del Maestro sono stato un po'sfortunato, non ho mai avuto un'opportunità.

    Ha mai avuto modo di confrontarsi con Tabarez?
    No, mai. Certamente non era e, non è tuttora, facile trovare spazio nell'Uruguay. Ci sono Cavani, Suarez, Abel Hernandez, prima anche Forlan e Abreu.

    Conserva ancora la maglia del suo esordio con la Celeste?
    Sì, è sotto sorveglianza (ride, ndr).

    Il suo esordio coincide anche con la prima volta in nazionale di Diego Godin. Si vedeva già che sarebbe diventato un ottimo difensore e un grande leader?
    Sì, è un ragazzo molto umile con grande fame. Oggi è anche diventato il capitano della Celeste. Se lo merita, sono contento per lui.

    E proprio Godin in questi giorni è impegnato con l'Uruguay in Copa America. Ha visto la prima sfida contro la Jamaica?
    Sì, ho visto la partita e sto seguendo tutto il torneo. La Celeste ha fatto un po' di fatica, ma è comunque riuscita a vincere. E' una Copa America molto interessante perché non ci sono squadre materasso. C'è molto equilibrio.

    Pensa che l'Uruguay possa arrivare fino in fondo quest'anno, anche senza Suarez?
    Penso di sì, deve essere anche fortunato negli incroci. Argentina e Brasile sarebbe meglio affrontarle il più avanti possibile.

    Chi è il suo idolo nella storia del calcio uruguaiano?
    Anche se non giocava nel mio ruolo, mi è sempre piaciuto Paolo Montero per il suo grande carisma. Vederlo giocare con la Celeste, mi emozionava. Se devo dire un attaccante, dico Suarez. Credo che sia il calciatore più forte che ho visto giocare nell'Uruguay.

    Come è nato il soprannome "Diablo"?
    I giocatori del Toluca vengono soprannominati i "Diavoli Rossi" per il colore della loro maglia. Quando mi sono trasferito in Italia, un giornalista triestino ha scritto che arrivavo dai Diablos Rojos di Toluca. Da lì è nato "il Diablo", pensate che prima di Trieste non avevo mai avuto un soprannome.

    In conclusione, meglio il giallo canarino o il celeste dell'Uruguay?
    E' una domanda molto difficile (ride, ndr). In questo momento la maglia canarina rappresenta il mio presente. Sono grato al Modena per avermi dato un'altra grande opportunità per continuare a fare bene nel calcio italiano. Mentre la maglia celeste è quella dei sogni. Sono due maglie a cui sono molto legato in maniera diversa.

    Intervista di Matteo Palmigiano
    @palmi14

     

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