Bob Thomas/Getty Images
La 'chilena' di Manolo: omaggio al grande Eduardo Galeano
David Arellano, nel lontano 1927, per primo la esibì negli stadi di Spagna. “Con il corpo sospeso nell’aria, di spalle al suolo, le gambe lanciavano il pallone all’indietro nel repentino andirivieni delle lame di una forbice” (Eduardo Galeano). Per alcuni è la rovesciata di "Parola", icona delle figurine Panini. Per altri è “alla Gigi Riva” oppure, per i romantici, “alla Pelè”. Per i cultori del genere è la rovesciata “alla Hugo Sanchez”.Ma per chi va alla ricerca del miglior virtuosismo, quella acrobazia è indiscutibilmente “alla Manolo Negrete”. Correva l’anno 1986, in un Messico arroventato da caldo infernale. Negrete duetta al limite dell’area, riceve uno scadente passaggio a mezza altezza con scarsissime probabilità di gloria.
Follemente, in quel preciso istante, ritiene che su quella palla sia scritto il suo nome. Manolo sente che sta passando alla storia. Si piega sul ginocchio d’appoggio per spingersi in aria e sospeso, spalle al suolo, nel repentino movimento di gambe ritrova coordinazione e palla per battere imparabilmente a rete. Alcuni testimoni in campo giurarono di aver udito Manolo, ancora in volo, gridare forte il suo nome perché fosse chiaro a tutti i presenti che quello era un goal voluto. Al momento dell’impatto tutto l’Azteca rimase ammutolito e, per un attimo indecifrabile, nessuno osò proferire parola. A bocca aperta tutti seguirono la traiettoria del pallone, tutti tranne Manolo. Lui a terra non vide, ma non aveva dubbi. Il boato della folla fu la conferma che Negrete stava aspettando prima di rialzarsi. In ogni spiaggia durante quell’estate dell’86 si provava e riprovava il colpo ” alla Negrete”. Di quell’audace messicano si sono presto perse le tracce ma ancora oggi, nei polverosi sobborghi di Ciudad Altamirano, qualcuno sorride beffardo al ricordo di quel goal acrobatico.
Follemente, in quel preciso istante, ritiene che su quella palla sia scritto il suo nome. Manolo sente che sta passando alla storia. Si piega sul ginocchio d’appoggio per spingersi in aria e sospeso, spalle al suolo, nel repentino movimento di gambe ritrova coordinazione e palla per battere imparabilmente a rete. Alcuni testimoni in campo giurarono di aver udito Manolo, ancora in volo, gridare forte il suo nome perché fosse chiaro a tutti i presenti che quello era un goal voluto. Al momento dell’impatto tutto l’Azteca rimase ammutolito e, per un attimo indecifrabile, nessuno osò proferire parola. A bocca aperta tutti seguirono la traiettoria del pallone, tutti tranne Manolo. Lui a terra non vide, ma non aveva dubbi. Il boato della folla fu la conferma che Negrete stava aspettando prima di rialzarsi. In ogni spiaggia durante quell’estate dell’86 si provava e riprovava il colpo ” alla Negrete”. Di quell’audace messicano si sono presto perse le tracce ma ancora oggi, nei polverosi sobborghi di Ciudad Altamirano, qualcuno sorride beffardo al ricordo di quel goal acrobatico.