'La Camorra influenzava la Juve Stabia': così i calciatori finirono in mutande
La camorra nel pallone. La potente cosca dei D’Alessandro esercitava la sua «diretta influenza criminale » sulla Juve Stabia, almeno durante la travagliata stagione 2008-2009, quando la squadra della città di Castellammare militava in terza serie e i suoi giocatori, dopo una sconfitta a Pistoia, furono umiliati, schiaffeggiati, colpiti con cinghie e costretti a togliersi le divise sociali così da restare in mutande a bordo del bus che li stava riportando a casa, poi minacciati di morte con luci da cimitero sulla panchina e i nomi stampati su manifesti a lutto.
Altri calciatori, purtroppo, sono stati obbligati dagli ultrà a svestire la maglia: a Genova, addirittura in serie A, qualche giorno fa ad Aversa. Ma nella ricostruzione della Procura di Napoli, quelle imposte agli atleti della Juve Stabia erano minacce di camorra. Ispirate dall’allora direttore generale, poi amministratore unico del club, Roberto Amodio. E attuate da esponenti dell’organizzazione malavitosa che, attraverso il dirigente, controllava la società. Ne condizionava le scelte tecniche. Incideva sulle strategie economiche, occupandosi di individuare gli sponsor. Incassava denaro con le scommesse illegali.