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L'urlo del 'Pato' Fillol: 'Non mi fate paura'. Storia di un portiere mondiale
Non è niente di diverso da quello che accade a tutti i calciatori in tutti i Club del mondo al momento di mettere nero su bianco ad una nuova relazione professionale.
I rapporti di Fillol con il River sono eccellenti.
Fillol ama il River Plate. Lì si sente come a casa.
E’ la squadra più forte di Argentina in quel momento e una delle più forti di tutto il Sudamerica. In fondo altri calciatori fra i Campioni del Mondo della squadra magistralmente diretta da Cesar Menotti è proprio dal River Plate che provengono. Passarella, Luque, Alonso e Ortiz sono tutti parte dei “Millionarios”. Anche il rapporto con il Presidente del River Aragon Cabrera è eccellente.
Ma sono anni bui in Argentina dove una dittatura spietata e sanguinaria si muove con arroganza e in ogni ambito della società argentina.
Figuriamoci se può esserne esente il calcio, passione popolare senza confronto nel Paese !
E così si intromette nella questione l’Ammiraglio Carlos Lacoste, Vice Presidente della FIFA e Responsabile della organizzazione dei Mondiali in Argentina dell’anno precedente.
Fillol viene convocato nell’ufficio personale di Lacoste.
Quando Fillol arriva nella stanza ci sono Lacoste e cinque guardie tutte armate di fucile. Più che evidente il tentativo di intimorire “El Pato”.
“Quello che sta facendo non ci piace.” Esordisce Lacoste.
“La invito a firmare il contratto al più presto e accettare il compenso che le propone il River se vuole ancora continuare a giocare a calcio” queste le parole dell’ammiraglio Lacoste.
Il quale aggiunge “Lei sta dando un cattivo esempio. Proteste e scioperi in questo paese sono proibiti”.
Fillol non replica.
Esce dalla studio di Lacoste.
E decide di NON firmare il contratto.
Saranno settimane difficili per Fillol.
Le pressioni e le minacce sono continue. Se la prendono addirittura con il padre del “Pato” che viene circondato a pochi passi da casa e minacciato, ricordandogli che “tuo figlio non deve continuare a sfidarci”.
Fillol terrà duro, firmerà il contratto diverso tempo dopo … ma alle sue condizioni.
Ricordando questo episodio ora, a distanza di tempo, “El Pato”, forse il più grande “Arquero” della storia del calcio argentino, racconta che “solo tanti anni dopo mi sono reso conto del rischio che avevo corso”.
A quei tempi presi il tutto con grande sufficienza … ora mi accorgo che era incoscienza. Ci furono persone che furono uccise e fatte sparire per molto meno.
Allora non sapevamo ancora nulla di quello che questo regime stava facendo nel Paese.
Continuavano a dirci che “tutti i diritti in Argentina sono rispettati” e noi non sapevamo davvero nulla di quello che stava accadendo.”
… quando la realtà era invece assai diversa.
Ubaldo Matildo Fillol, detto “El Pato” nasce a San Miguel del Monte, un piccolo centro rurale ad un centinaio di km da Buenos Aires.
I suoi genitori si separano quando Ubaldo è ancora un bambino e ben presto si deve mettere a lavorare per portare a casa un po’ di pesos. Diventa il garzone del ristorante del padre e intanto gioca nelle giovanili della squadra locale, inizialmente come centrocampista ma quando il portiere titolare si infortuna nessuno ha un dubbio al mondo: con i suoi riflessi e la sua agilità l’unico adatto è Fillol.
In porta da quel giorno ci resterà tutta la vita.
A soli 13 anni lascia San Miguel del Monte per trasferirsi alla periferia di Buenos Aires dove lavora come garzone di un fornaio e nel frattempo entra nel settore giovanile dei Quilmes, squadra della Seconda Divisione Argentina.
Nelle giovanili brucia le tappe. Il suo talento è innato.
Quello che colpisce, allora come in tutta la sua carriera, sono i riflessi prodigiosi oltre ad una grande capacità di giocare con i piedi.
A 18 anni fa il suo debutto in prima squadra ma il Quilmes prende 6 sberle dall’Huracan.
Per Ubaldo è una sberla difficile da sopportare ma in realtà questo lo rende ancora più determinato.
Rimane 4 stagioni al Quilmes ma ormai sono molte le grandi squadre argentine che hanno messo gli occhi sul “Pato”.
E’ il Racing a spuntarla.
Con “l’Academia” rimarrà una sola stagione ma che passerà alla storia del calcio argentino ed entrerà nel libro dei record di quel campionato. In quel Metropolitano del 1972 Ubaldo Fillol parerà ben 6 calci di rigore.
E non a calciatori qualsiasi ma a gente come Sunè del Boca Juniors, a Juan Ramon Veron dell’Estudiantes (soprannominato “la bruja” e padre di Juan Sebastian) o al grande bomber Hector Scotta del San Lorenzo.
A quel punto si muove per lui il River Plate.
I “Millionarios” vengono da più di tre lustri di “vacche magre” e stanno completando una importante ricostruzione della squadra per tornare ai vertici del calcio argentino.
Con Fillol si stanno affacciando in prima squadra giocatori del talento del bomber Carlos Morete, dell’immenso Norberto “Beto” Alonso e il giovane futuro “caudillo” Daniel Alberto Passarella. Nel 1975 dopo quasi 18 anni senza titoli (il più lungo nella storia del Club) arriveranno in sequenza il titolo Metropolitano e subito dopo il Nacional.
Primi di una serie di trionfi praticamente ininterrotti fino al Nacional del 1981.
Dopo 10 stagioni al River Plate nel 1983 decide di lasciare i Millionarios.
C’è una disputa con il Club e Ubaldo è stanco.
Decide di mollare tutto.
Ha 33 anni, un fisico ancora integro e scattante ma ha vinto tutto o quasi quello che c’era da vincere.
Poi un vecchio amico, il grande Angel Labruna, si presenta a casa sua a Quilmes.
“Che stai facendo qua in casa a poltrire ? E’ presto per la pensione Pato. Vieni con me a salvare l’Argentinos Juniors !” gli dice Angelito (miglior goleador nella storia del River e detentore del record di reti segnate nella storia del “Superclasico”). Fillol accetta ma i trasferimenti sono già chiusi.
Pare che l’accordo debba saltare.
Poi Labruna gli dice “tu firma, a riaprire il “mercato” ci penso io”.
Come per magia arriva una proroga dalla Federazione di 24 ore e Ubaldo “El Pato” Fillol si rimette calzoncini e guantoni.
L’Argentinos gioca una grande stagione che si concluderà però in modo tragico.
Angel Labruna viene operato alla vescica a fine estate dello stesso anno.
Pare un’operazione di routine e infatti Labruna pare recuperare brillantemente.
Con lui in ospedale ci sono suo figlio Omar e proprio El Pato Fillol. Fanno insieme una passeggiata quando improvvisamente Labruna avverte un malore.
E’ un infarto. Muore pochi secondi dopo tra le braccia di suo figlio e di FIllol.
Per Ubaldo l’anno successivo, il 1984, arriva un’offerta importante: è il Flamengo, prestigioso club brasiliano, che spende 350.000 dollari per accaparrarsi le prestazioni del Pato.
E’ ancora in splendida forma. Fa una vita da atleta, non beve, non fuma e passa quasi tutto il suo tempo con la famiglia.
Ben presto però nascono dei problemi.
Fillol ha come obiettivo assoluto quello di giocare il suo quarto mondiale con la Nazionale del suo Paese, quello che si disputerà in Messico nel 1986. La dirigenza dei rossoneri però gli impedisce di lasciare il club per partecipare alle amichevoli con la nazionale argentina.
Fillol è un tipo determinato e testardo, lo ha sempre dimostrato in tutta la carriera.
Non molla neanche stavolta e la dirigenza del Flamengo, spazientita, non ha altra soluzione che lasciarlo andare.
Stavolta c’è l’Europa ed una squadra assolutamente prestigiosa: i “Colchoneros” dell’Atletico Madrid.
Sarà una stagione di vertice anche se conclusa purtroppo per il “Pato” con una netta sconfitta nella finale della Coppa delle Coppe contro la Dynamo di Kiev. Un netto 0 a 3 che avrebbe potuto essere assai peggiore senza una serie di eccellenti parate di Fillol.
Tempo però di tornare in Argentina prima al Racing e poi al Velez Sarsfield
“El Pato” fa ancora ampiamente la sua parte e la farà fino all’ultimo giorno della propria carriera.
E’ il 22 dicembre del 1990.
Ultima partita del campionato.
Il Newell’s del Loco Bielsa si presenta a questo incontro con 1 solo punto di vantaggio sui rivali per la corsa al titolo del River Plate che giocano invece al Monumental contro il Velez Sarsfield.
In porta per il Velez c’è Ubaldo Matildo Fillol. “El Pato” ha già dichiarato che, a 40 anni suonati, questa sarà la sua ultima partita.
Dal Monumental riceve un’ovazione autentica al momento di scendere in campo.
Fillol si commuove ma deve giocare gli ultimi 90 minuti della sua ultraventennale carriera.
Contro il River, la squadra del suo cuore, dove ha passato quasi metà della sua splendida avventura professionale.
La partita è tesa, vibrante.
Gareca, il biondo centravanti del Velez, porta in vantaggio i suoi.
Il gelo scende sul Monumental.
Ma c’è ancora tempo.
Nel frattempo il San Lorenzo ha pareggiato il gol del vantaggio del Newell’s di Ruffini. E’ ancora tutto in gioco.
Passano pochi minuti e al River Plate viene concesso un calcio di rigore.
Ruben “Polilla” Da Silva si incarica del tiro ma Fillol vola sulla sua destra a respingere la conclusione.
Altra doccia fredda, freddissima per il popolo del Monumental.
Finisce il primo tempo e quando le squadre tornano in campo Fillol va nella porta situata sotto la curva della “hinchadas” più calda del River.
… che gli tributa, come tutto lo stadio, una ovazione ancora più grande di quella di inizio partita.
Il River riuscirà a pareggiare e avrà anche l’occasione per portarsi in vantaggio ma FIllol parerà tutto il possibile. Il titolo andrà al Newell’s del giovane mister Marcelo Bielsa.
E a fine partita il Monumental sarà in piedi a salutare “El Pato”, che farà il giro del campo, l’ultimo da giocatore con le lacrime agli occhi.
E non c’è tifoso del River che quel giorno non la pensi allo stesso modo.
“Oggi è andata come è andata. Ci saranno altri campionati da vincere ma quello che più conta è salutare e ringraziare degnamente il più grande portiere della storia dei Millionarios e di tutto il calcio argentino”.