L’ultimo 'match ball' di Gianni Clerici nella gara più lunga del grande tennis
Giornalista, certamente. Ma anche romanziere, sceneggiatore, poeta e affabulatore. Rino Tommasi, altro colosso e non per caso suo sodale anche televisivo lo ribattezza “Dottor Divago” per il suo vizio letterario di saltabeccare giocando con le parole. Lui ribatte molto british: “Non sono un reporter. Soltanto i cani setter riportano al padrone la preda. Io racconto”. In effetti dagli scritti di Gianni Clerici puoi anche aspettarti di non trovare il risultato della partita, ma sicuramente capirai e saprai perché tizio è riuscito a battere caio. E il maestro raramente si è sbagliato nel corso della sua mirabolante carriera professionale.
Un signore del Novecento. Per modo di scrivere, di agire, di muoversi e persino di camminare. L’eleganza al servizio dell’informazione e soprattutto la competenza. Quella che gli consentiva di osservare un ragazzino andare sotto rete e segnalarlo ai posteri come un futuro campione. Così per esempio nacque dal nulla il mito di Sampras. Tanto esperto e lungimirante sa mettere persino soggezione agli stessi campioni i quali, quando si presentava in stampa, si facevano piccoli e timorosi. Dal bianco al giallo intenso ha visto tutti i colori delle palline transitate nella storia del tennis. Ha ceduto all’ultimo “match ball” con un sospiro forse fin di sollievo sfinito ma non finito da tutti quei gesti bianchi. Buon riposo maestro.