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L'Italia ricorda Pozzo: padre del nostro calcio, accusato ingiustamente di essere fascista
UN COSMOPOLITA NELLA BELLE EPOQUE - Nato a Torino nel 1886 Vittorio Pozzo viene da una famiglia del biellese con una ferrea cultura del lavoro, radici che costituiranno le caratteristiche principali di Pozzo in tutto ciò che farà. Cultore del lavoro, della disciplina, convinto monarchico e innamorato nazionalista. La sua disciplina e la sua visione etica del lavoro portano il giovanissimo Vittorio Pozzo in giro per l'Europa a studiare in Inghilterra, Francia e Svizzera dove non solo affina la sua conoscenza di diverse lingue – ne parla ben cinque – ma soprattutto studia e apprende tutto del football. Come riportano Ossola e Tavella nel loro Cento anni di calcio italiano, “Il gioco del calcio aveva fatto presa su di me proprio nel periodo in cui ero studente al Ginnasio ed al Liceo Cavour di Torino.” Direttamente da I Ricordi di Pozzo, leggiamo che quei ragazzini del Liceo Cavour con il pallone ci sapevano fare, tanto che un bel giorno passano a giocare per il F.C. Torinese, uno dei club di Torino. Pozzo è tra gli sparuti spettatori di quella che viene considerata la “partita zero” del calcio italiano, la partita che per la prima volta mette di fronte squadre di due città diverse: è il pomeriggio dell'Epifania del 1898 e per Pozzo è davvero un'epifania. Si diceva dei suoi viaggi all'estero. A Zurigo Pozzo studia lingue, ma finisce anche con il giocare a calcio fondando una squadretta composta da studenti provenienti dalle più disparate realtà culturali: c'erano olandesi, italiani, boemi, sloveni, turchi e anche un messicano! Quella squadra ben presto confluisce nella squadra riserve del Grasshoppers. Ma è in Inghilterra che l'amore per il football si realizza compiutamente. “Il virus calcisticus aveva oramai fatto presa su di me: lo avevo nel sangue. E nella Gran Bretagna esso trovava l'ambiente adatto per svilupparsi e sfogarsi.” E' lo stesso Pozzo che si esprime in questo modo e fa ben capire quale significato ebbero i suoi viaggi nella patria del football. Dopo un breve soggiorno a Londra, Pozzo per meglio perfezionarsi nella lingua inglese decide di spostarsi a nord, “per sfuggire alla tentazione, a certe poltronerie mentali”, isolandosi e immergendosi completamente nell'ambiente e nella cultura inglese. Inizia quindi un periodo di studio e di lavoro tra Nottingham, Derby, Manchester e Liverpool, dove le settimane si susseguono monotone sino all'arrivo del sabato, il pomeriggio consacrato al football. “Era il Football, era qualcosa che conoscevo già, che amavo, che non mi costringeva a nessuno sforzo della mente, (…) era la lingua della lingue, il volapuk, l'esperanto, per me. Ogni sabato lasciavo la scuola, l'ufficio, abbandonavo qualsiasi impegno, prendevo uno di quei treni speciali (…) che a tariffa ridotta portano velocemente da una parte all'altra dell'Inghilterra, combinati apposta per gli incontri della Lega, ed andavo a Newcastle, a Sheffield, a Birmingham, a Blackpool”. Pozzo non pare proprio intenzionato ad abbandonare quella vita, quel mondo. E neppure quando i suoi famigliari gli recapitano un biglietto andata e ritorno Bradford – Torino per riportarlo in Italia a partecipare ad un matrimonio di famiglia pensa che quel suo ritorno in Italia sia per sempre. Eppure....
DAL TETTO DEL MONDO... - Eppure quel biglietto di ritorno per l'Inghilterra Pozzo non lo userà mai. Il trasferimento in Italia diventa definitivo, a parte viaggi sporadici ancora in Svizzera, in Inghilterra e in altre nazioni, e la sua carriera da calciatore si conclude indossando la casacca granata del Torino, società che aveva contribuito a fondare nel 1906, pur essendo all'epoca all'estero. Del Torino sarà anche direttore tecnico dal 1912 sino ai primi anni del dopo guerra, con i granata andrà in tournée in Sudamerica nel 1914 e l'estate successiva, quella culminata nelle “radiose giornate di maggio”, Vittorio Pozzo si arruolerà come tenente degli Alpini e servirà la Patria durante la Prima guerra mondiale. Di quegli anni ne riparleremo in altra occasione. Basti qui dire che Vittorio Pozzo nei primi due decenni del Novecento è stato calciatore, allenatore, dirigente federale e Commissario Unico della Nazionale ai Giochi Olimpici di Stoccolma. Il legame con la maglia Azzurra è talmente forte che finirà con il caratterizzare tutta la vita sportiva di Pozzo che invece è stata ben più poliedrica e ricca. Comunque, nel 1929 Leandro Arpinati richiama Pozzo alla guida della Nazionale e iniziano così gli anni straordinari dell'Italia di Pozzo: Campione del Mondo nel 1934, medaglia d'oro ai Giochi Olimpici del 1936, ancora Campione del Mondo nel 1938. Conquista anche la Coppa Internazionale 1927/30 vincendo l'ultima decisiva gara a Budapest – vero e proprio spareggio – con un impressionante 5 a 0 e vince anche l'edizione del 1933/35. L'Italia è la squadra più forte del mondo negli anni'30, anche se non riesce mai a battere gli inglesi, ancora considerati i maestri. Anzi, la brutta sconfitta per 0 a 4 del 1948 sarà presa a pretesto per fargli chiudere la carriera da commissario tecnico. Poi l'orrore e la follia della guerra prendono il sopravvento e tutto, o quasi, si ferma.
...ALL'OBLIO FORZATO - Il Mondo che esce dalle macerie della Seconda guerra mondiale è un mondo nuovo, diverso. In Italia si cerca di dare un taglia netto al passato fascista, anche nel calcio. Dopo 65 vittorie, 17 pareggi e 15 sconfitte, nell'agosto del 1948 Vittorio Pozzo cede alle pressioni della FIGC e rassegna le dimissioni da Commissario della Nazionale. Sarebbe il momento di raccogliere la gloria per una vita intera spesa per il calcio, ma viene visto come un uomo troppo vicino al regime fascista e dunque attorno alla figura di Pozzo si inizia a fare il vuoto e si compie una sistematica opera di discredito, tanto da arrivare a sostenere che Pozzo avesse aderito alla Repubblica di Salò. Accuse infamanti che solo a posteriori si sono rivelate calunnie senza nessuna validità. Anzi, dal suo archivio si è potuto accertare come già dal settembre del 1943 Vittorio Pozzo iniziò a collaborare con il C.L.N. In realtà Pozzo non è mai stato fascista così come non è mai stato apertamente antifascista. Era un monarchico, innamorato sì della sua Patria ma mai succube del regime fascista, del quale non ebbe mai neppure la tessera. Eppure ancora oggi nessuno stadio di una grande città è intitolato alla sua persona, avendo perso la grande occasione dei Mondiali del 1990. Perché Vittorio Pozzo al calcio italiano non ha solo regalato tantissimi trofei e il prestigio mondiale, ma ha fatto tanto altro e di questo ne dovremo parlare necessariamente in altra occasione.
(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)