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    L'Italia è una sVentura, la strada verso il Mondiale una sofferenza senza fine

    L'Italia è una sVentura, la strada verso il Mondiale una sofferenza senza fine

    • Giancarlo Padovan
    Il minimo (il secondo posto del girone) con meno del minimo (l'1-1 con la Macedonia). Dopo la caduta con la Spagna, l'Italia di Ventura non è più la stessa. Prima era discutibile, ma decente. Adesso assolutamente al di sotto del lecito, del prevedibile, del dignitoso. Nello sport in generale e nel calcio in particolare, non ci si deve vergognare mai di nulla, purché si lotti, si combatta e si giochi al massimo delle proprie possibilità. Ma quando tutto questo non accade, temere il peggio (la mancata qualificazione al Mondiale) non è esercizio di catastrofismo, è solo un'eventualità di cronaca e una possibilità di mancare l'incrocio con la storia. All'Italia è accaduto solo una volta, nel 1958. Ma il rischio che si ripeta quella che Carlo Tavecchio chiama "apocalisse" e Ventura "catastrofe", non è per niente remoto.
       
    Contro la Macedonia l'Italia aveva una sfilza di infortunati (Belotti, Verratti, De Rossi, Pellegrini ed El Shaarawy), qualche titolare non in condizione (Gagliardini, la cui involuzione è sotto gli occhi di tutti) e un esordiente (Verdi). Ma in difesa tornava la difesa a tre con Barzagli, Bonucci e Chiellini; sugli esterni di centrocampo avrebbero potuto mulinare gioco due giocatori vitali e motivati (Zappacosta e Darmian), davanti Immobile e Insigne sembravano finalmente restituiti agli stessi ruoli che hanno nelle loro squadre. Non una brutta squadra, visto che Parolo, il centrale di centrocampo che affiancava Gagliardini, ha sempre garantito dinamismo e senso tattico. Non una squadra angariata psicologicamente visto che non eravamo davanti ad una gara da dentro o fuori e che gli spareggi erano sostanzialmente raggiunti (adesso no, manca ancora un punto). Invece, l’Italia si è contratta fin dal primo minuto, ha tenuto la gara sotto ritmo, non ha fatto movimento senza palla, ha creato poco e si è involuta con il passare dei minuti. La maggioranza degli osservatori era convinta che un gol l'avrebbe sbloccata. Io no. Sicuro come sono che il problema della nostra Nazionale non sia mentale, ma tecnico.
       
    Così, anche se avesse segnato con Insigne all'inizio (doppio scambio con Immobile e conclusione sul portiere), nulla sarebbe cambiato. Avremmo incassato il vantaggio e ci saremmo messi ad amministrarlo, come è accaduto nella ripresa. Fino a quando la Macedonia non ha trovato il pareggio con il subentrato Trajkovski, servito da Pandev (32’). Ventura dice che nel primo tempo l’Italia ha fatto la partita. Sono solo parzialmente d’accordo con lui. Primo, perché il palleggio dei nostri avversari mi è parso più sicuro e convincente del nostro. Secondo, perché le opportunità create dall’Italia sono state episodiche e tutte concentrate tra il 35' (Parolo per Insigne che, solo in area, anziché stoppare e calciare, gira di testa frettolosamente) e il 39' (gol di Chiellini su assist di Immobile, azionato da un filtrante di Insigne). In mezzo (37') anche un bellissimo taglio di Zappacosta, pescato da Insigne in area. Purtroppo controllo e tiro, da posizione favorevole, sono stati da dimenticare.
       
    È vero, invece, come sostiene il c.t. che l'Italia ha concesso solo un tiro in porta (quello del gol) alla Macedonia e che la situazione si è collocata quando quelli che giocano meno nelle proprie squadre hanno cominciato ad accusare la fatica. Se il riferimento di Ventura era per Rugani, sarebbe stato lecito chiedergli come mai, quando si è infortunato Barzagli, non abbia inserito Astori. Ma sinceramente non sarebbe stato un risultato diverso a produrre un giudizio differente. Purtroppo temo proprio che l'Italia attaule valga la Macedonia e fatichi - come ha faticato - a battere Isreale. Lunedì ci resta l’Albania e poi il letto di chiodi del play off. Più che un trionfale passaggio in Russia sembra una lunga, interminabile sofferenza

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