L'Italia è stanca e prevedibile. Conte: turnover con l'Irlanda, ma per vincere
Senza Zaza (assist in torsione da rimessa in gioco di Chiellini) e senza Eder (tiro a giro sull’angolo lontano dopo quattro tocchi per superare due avversari) sarebbero stati una brutta Italia e un risultato deludente. Ma segnare alla fine (88’) il gol che qualifica direttamente agli ottavi rende tutto più esaltante, anche quello che esaltante non è.
La partita con la Svezia è stata vinta (1-0), ma è stata giocata molto peggio che l’esordio con il Belgio. Primo, perché la Svezia ci ha studiato. Secondo, perché era chiusa bene e con ordine a partire dalla linea di centrocampo. Terzo, perché qualche azzurro era stanco e non ha corso né bene, né tanto come nella gara precedente.
Cosa significa che la Svezia ci aveva studiato bene? Significa che ha disinnescato completamente la soluzione dei lanci lunghi, simili a quello con cui Bonucci aveva messo Giaccherini davanti alla porta del Belgio. E come li ha disinnescati? Molto semplicemente, nel calcio quei lanci si fanno generalmente a “palla scoperta” cioé senza opposizione. Su quel tipo di passaggio, la linea difensiva avversaria non avanza, né resta statica. Ma scappa all’indietro, togliendo la profondità. Ecco, la Svezia ha fatto questo. E quando dico che ci ha studiato e si è preparata all’eventualità, significa che si è allenata alla “palla scoperta”. Il fatto, poi, che la Svezia fosse chiusa, cioè stretta e compatta, era ampiamente prevedibile. A questo proposito va detto che ha giocato un’ottima partita, inibendo tutte le linee di passaggio e realizzando con assiduità le marcature preventive.
Infine, sulla prestazione dell’Italia, ha inciso la condizione fisica. Non è vero, come aveva detto Conte prima della gara, che la fatica non si sarebbe fatta sentire. Se, per esempio, prendiamo Giaccherini, o De Rossi, o Parolo non possiamo dire che siano stati brillanti, o efficaci, o precisi nelle “uscite” con la palla. Anzi, al contrario, si sono visti a sprazzi. Oppure si sono visti solo nel finale, come quando Giaccherini ha dribblato secco uno svedese, mettendo la palla sul secondo palo per Parolo che ha colpito la traversa di testa. E’ stata quella l’azione meno prevedibile dell’Italia che, pur nella sua unicità, ha legittimato il vantaggio finale.
Cosa è mancato alla nostra nazionale? Della profondità ho detto. Ora parlerò dello sviluppo laterale del gioco. Chi mi legge sa che, a mio parere, in assenza di un play classico, l’Italia costruisce molto sugli esterni. Non a caso Conte li tiene larghissimi e, soprattutto a sinistra, dove agisce Giaccherini da interno, li fa sovrapporre. Contro la Svezia tutto questo si è visto poco anche a destra, dove muoveva un calciatore assai fresco e propositivo come Florenzi. Per la verità, durante il primo tempo, qualche accenno di offensiva è venuto proprio da quella parte, ma è stato insufficiente e sporadico.
Pellé ed Eder hanno lavorato molto in ripiegamento, così come ha dovuto fare Zaza quando ha sostituito il primo, spremuto anche lui la sua parte. Il problema vero è che ci manca il gusto e il tempo per l’imbucata. A volte perché il nostro giro palla è troppo lento. Altre perché De Rossi, che pure ce l’avrebbe, non azzarda la giocata.
Tuttavia, con la qualificazione agli ottavi, Conte ha guadagnato un’altra settimana. In che senso? ci si chiederà. Nel senso che avrà una settimana in più per allenare la squadra e affinarne i movimenti, mentre la terza partita, quella contro l’Eire, sarà lasciata completamente nei piedi dei rincalzi. Infuria, nel frattempo, il dibattito su cosa convenga fare. Arrivare primi o secondi del girone per evitare un tabellone troppo duro? La mia idea è distante da ciascun discorso di convenienza: giocare sempre al massimo, e vincere, aiuta a essere e a sentirsi più forti. La mediocrità, che io ricordi, in campo non paga.