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    L'Italia domina, ma non segna con una Polonia inferiore. Non è colpa di Belotti se il centrocampo non tira in porta

    L'Italia domina, ma non segna con una Polonia inferiore. Non è colpa di Belotti se il centrocampo non tira in porta

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Due punti lasciati e fuga, in testa al gruppo 1, rinviata magari alla partita di mercoledì a Bergamo contro l’Olanda. L’Italia pareggia (0-0) a Danzica dove avrebbe meritato di vincere se solo nel primo tempo e nella seconda parte della ripresa non avesse sprecato contro la Polonia almeno quattro occasioni propizie. A sbagliare, nell’ordine, Chiesa (forse nella circostanza più favorevole), Emerson (due volte) e Locatelli.

    Ma la Nazionale è stata la stessa di sempre, almeno da quando c’è Mancini. Ha comandato il gioco, ha pressato altissimo (soprattutto nella ripresa), ha corso, ha combattuto e non si è mai tirata indietro. La sensazione è che sia stata lungamente ad un passo dal vantaggio - che avrebbe potuto essere il gol della vittoria - e non l’abbia trovato, oltre che per gli errori, anche per qualche passaggio di troppo, per una finalizzazione mancata o per la latitanza del tiro in porta.

    Quando non si vincono partite del genere, sotto accusa finiscono quasi sempre gli attaccanti, ma una lettura di questo genere sarebbe troppo grossolana. Primo, perché le occasioni le hanno avute anche i difensori. Secondo, perché le conclusioni da fuori devono essere una prerogativa dei centrocampisti. Le pessime condizioni del campo hanno condizionato l’esito finale e le prestazioni di alcuni giocatori. Si è visto, per esempio, Jorginho sbagliare anche tre passaggi di fila (non gli capita mai) o Barella perdere palla nella zona calda del campo.

    La Polonia, nettamente inferiore all’Italia, almeno secondo la mia valutazione, ha giocato di contropiede puntando tutto su Lewandowski sul quale hanno montato buona guardia sia Bonucci che Acerbi (preferito a Chiellini, malconcio per una botta ad un ginocchio). Bravo nelle chiusure in diagonale, Emerson Palmieri che ha evitato un gol sicuro. Tuttavia l’Italia non ha mai corso pericoli veri e, soprattutto, reiterati. E’ successo solo nel finale (88’), in una mischia risolta da Acerbi in scivolata che si è opposto al neo entrato Linetty.

    Il pareggio - va da sé - non è uno scandalo. Né per quello che si è visto in campo (anche se l’Italia ha fatto di più), né per quel che dovevamo raccogliere nel percorso di qualificazione alle final four. Certo se Chiesa fosse stato meno precipitoso al 10’, su cross di Belotti, e avesse centrato la porta con l’interno destro, anziché spropositare alto, di fronte a noi si sarebbe spalancata tutta un’altra partita, probabilmente dall’esito vittorioso. Ma siccome il calcio è imprevedibile, la Polonia sarebbe potuta passare, pochi minuti dopo, quando Emerson Palmieri ha anticipato Lewandowski su errore di Bonucci.

    E però l’Italia che ha tenuto di più la palla, è andata spesso sul fondo sia a destra che a sinistra, ha messo molti cross in mezzo senza trovare mai il giusto smarcamento o l’uomo in condizione di battere in porta.

    Cosa sarebbe servito? Più determinazione, più risolutezza, maggiore cinismo (si può segnare anche di punta, non solo spaccando la porta), tutte qualità che abbiamo rimandato a situazioni migliori, mai arrivate veramente.

    Soddisfatto di quanto visto nel primo tempo e convinto che, prima o poi, il gol sarebbe venuto, Mancini ha solo invertito la posizione di Chiesa (da destra a sinistra) con quella di Pellegrini (viceversa). In mezzo a loro Belotti ha continuato a sbattersi con riconosciuta generosità, mentre a centrocampo si è rivisto un Jorginho decente, affiancato da Barella (alla fine spremuto come un agrume) e da Verratti. Sugli esterni bassi Emerson ha spinto più di Florenzi, più per natura che per disposizione del tecnico.

    Proprio il giocatore del Chelsea, dove purtroppo non gioca, ha avuto l’occasione del vantaggio (64’) su cross di Chiesa, ma la palla è finita fuori. Poi la Polonia ha inserito Milik per affiancare Lewandowski e dal 4-5-1 (o 4-4-1-1 che dir si voglia) è passata al 4-4-2.

    Ma a parte qualche tiro da fuori (Moder deviato da Donnarumma), il copione non è cambiato e la partita l’ha fatta l’Italia, brava anche a disinnescare i contropiede agli avversari. Mancini ha inserito prima Kean per Chiesa e nel finale Berardi per Pellegrini, Caputo per Belotti e infine Locatelli per Barella. L’assalto finale c’è stato e ha prodotto un tiro deviato di Berardi e un cross, dopo azione pregevole sulla sinistra di Kean, non raccolto da Locatelli.

    Eppure l’occasione più propizia si è collocata all’80’, quando Emerson Palmieri è stato pescato in area nettamente avvantaggiato su Kedziora. Il primo controllo è stato buono, ma un leggero tocco del difensore polacco sull’azzurro ha vanificato la battuta a rete ormai ad un passo da Fabianski.

    Così è finita 0-0 e il c.t. Mancini ha detto di essere contento lo stesso. Non ci credo, perché partite così vanno vinte. Ma sono sicuro che succederà martedì a Bergamo. Contro l’Olanda possiamo finalmente provare ad allungare per vedere la finale a quattro.

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