Italia ad Auschwitz per non dimenticare: ora la Figc si batta contro il razzismo
Ha ragione Cesare Prandelli: almeno per una volta nella vita, tutti dovrebbero andare ad Auschwitz o a Birkenau o a Mauthausen, in uno dei luoghi dell'orrore nazista. Per non dimenticare mai in quale abisso di morte e di dolore possa precipitare l'uomo, per osservare il culto della memoria, per imparare di quali inenarrabili nefandezze sia capace un'ideologia fanatica e razzista.
Il pellegrinaggio della Nazionale nei campi di sterminio è un gesto che onora il calcio italiano e la Figc: basta guardare i volti degli azzurri per leggervi lo choc, l'indignazione, lo sgomento; basta ascoltare le loro testimnianze per capire che un'esperienza del genere segna nel profondo del cuore e non si dimentica più.
Ecco perchè, dopo questa giornata, c'è un solo auspicio da rivolgere alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, alla Lega Calcio, ai club, agli arbitri e ai giocatori: battetevi, davvero e sul serio, contro il razzismo che infesta gli stadi italiani.
Il razzismo è prima di tutto ignoranza, inciviltà, incultura, incapacità di accettare il confronto con gli altri e con le loro esperienze di vita. Da noi, il razzismo è stato tollerato, blandito, trascurato in questi anni di melma che hanno registrato il progressivo imbarbarimento degli e negli impianti indegni di un Paese membro del G8, del G20 e anche del G80. Nel senso che alcuni stadi tricolori non avrebbero diritto di cittadinanza pure nelle prime ottanta nazioni dell'orbe terracqueo.
Platini sa che, in Polonia e in Ucraina, dove allignano bande di violenti e di razzisti, l'Euro 2012 rischia di affogare in episodi di discriminazione che, se si verificassero, farebbero il giro del mondo e coprirebbero di vergogna non soltanto i Paesi ospitanti la manifestazione.
Oggi, il presidente dell'Uefa ha dichiarato: in caso di ululato razzista, non dovrà essere Balotelli a sospendere la partita, ma l'arbitro. Giusto. Platini lo ripeta forte e chiaro anche ad Abete, Nicchi e Braschi perchè facciano lo stesso in serie A qualora si dovesse presentare l'occasione di intervenire una volta per tutte, per lanciare un segnale inequivocabile contro i barbari.
Sinora, invece, in caso di razzismo, hanno imperversato lo scaricabarile e la superficialità, l'ignavia e la paura di fare anche solo una mossa, lavandosi la coscienza con le pseudomulte comminate dalla giustizia sportiva.
Dopo essere stati ad Auschwitz e a Birkenau, non si può più fare finta di nulla. Vero, Abete?
Xavier Jacobelli
Direttore Editoriale www.calciomercato.com