L'intervista ESCLUSIVA a Chantal Borgonovo: 'Io, Stefano e il pallone...'
Come stai oggi, due anni mezzo dopo la morte di Stefano e prima di Natale?
Diciamo bene, certamente Natale è un momento particolare e i ricordi si fanno sentire...
Ti ricordi ancora l’ultimo regalo di natale che avevi fatto a Stefano nel 2013?
L'ultimo Natale di Stefano è stato quello del 2012. Il regalo più bello per lui era riuscire ancora a stare con tutta la famiglia, i suoi figli, suo nipote, mia sorella, il figlio di mia sorella e credo anche io.
Qual è stato il natale più bello nei tuoi riccordi?
Mah, devo dire i Natali sono sempre stati molto particolari. Io ci tengo molto a festeggiare questa ricorrenza e quindi ogni Natale è stato particolare. Non me ne ricordo uno che sia stato migliore degli altri. Naturalmente quello che viene in mente è stato l'ultimo che abbiamo passato con Stefano.
Stefano era un uomo che amava il Natale?
Sì, perché era un uomo che teneva molto alla famiglia e quindi la giornata di Natale che è in assoluto la giornata da passare insieme ai propri cari era per lui una giornata molto importante.
Chi aveva preparato l’albero di Natale, tu, Stefano o voi due insieme?
L'albero di Natale è sempre stato compito mio e anche dei ragazzi. Ancora adesso mi piace molto addobbare la casa e per fare questo i miei figli e il mio nipotino mi aiutano.
Che cosa fanno adesso i vostri figli e come stanno? Ultimamente non abbiamo solo più visto Alessandra impegnata nella Fondazione Stefano Borgonovo ma anche la vostra secondogenita Benedetta?
I miei figli stanno bene. Alessandra è sempre impegnata in primo piano nelle attività della Fondazione perché ci tiene moltissimo e ultimamente anche Benedetta, che ormai ha diciotto anni, inizia a essere coinvolta e questo le piace molto perché è un modo comunque per rimanere vicina al papà e per ricordarlo.
C’è una foto del vostro figlio Andrea. I vostri amici dicono: sembra Stefano cosi assomgilia al padre. Quanto Stefano vedi nei tuoi figli?
Sì, effettivamente mio figlio Andrea assomiglia moltissimo al padre anche se non ha ereditato il suo talento. Vedo Stefano moltissimo nei miei figli perché tutti loro gli assomigliano e perché ognuno di loro in maniera diversa ha ereditato dal papà degli aspetti caratteriali che io ritrovo nella vita quotidiana e questo mi fa chiaramente sentire mio marito sempre vicino.
Tuo figlio Andrea è diventato papa, vuol dire che tu sei nonna. Stefano ha visto nascere e crescere il vostro nipote. Adesso ha cominciato ad allenarsi alla scuola calcio di Stefano. Raccontaci un po del vostro nipote? Sarà lui l’erede di Stefano, chiaramente calcisticamente parlando?
Sì, il mio nipotino da settembre si allena nella scuola calcio che Stefano ha fondato. Si diverte molto, gli piace, è ancora molto piccolo, se sono rose fioriranno.
Che emozioni ti da vedere il tuo nipotino sul campo di Giussano, nella sua scuola calcio, terra santa di Stefano?
Mi fa un enorme piacere perché è la vita che va avanti. E' molto emozionante pensare che lì dove Stefano dava tutto se stesso ora c'è un piccolo Borgonovo che sta seguendo le sue orme.
Stefano quando parlava della sua scuola calcio e dei bambini parlava sempre di "un enorme armatura di felicità." Porti il tuo nipote ogni tanto agli allenamenti?
La scuola calcio era una creatura di Stefano alla quale lui teneva moltissimo ed era un progetto che lui aveva pensato di realizzare quando ancora giocava. Ancora non mi è capitato di accompagnare il bambino alla scuola calcio, anche perché va sempre con il suo papà che ci tiene molto.
Ci sarà anche quest’anno il torneo di calcio di Stefano?
Sì, il torneo di calcio di Stefano ci sarà ancora nel giugno del 2016.
Mi ricordo una frase di Stefano: "E poi mi piace ridere, ancora adesso che all’apparenza non ne avrei motivo. Sono sono cambiato da questo punto di vista, felice di essere felice, nonostante tutto. Ho imparato ad apprezzare ciò che mi è rimasto. Gli amici, le sensazioni positive, qualche raro movimento. Prendo il buono della vita e mi sento comunque fortunato, so che addrittittura c’è chi ha mendo di me. Quindi rido." Questa frase vale anche per te e vale ancora oggi?
Sì, questa è una frase che esprime appieno quello che era Stefano. Questa frase è validissima anche per me e certamente faccio di tutto perché valga ancora oggi, anche se non è facile.
Riesci a ridere? E che cosa ti fa ridere?
Certo che riesco ancora a ridere, guai se non fosse così. La vita deve essere vissuta appieno nonostante gli ostacoli che tutti noi dobbiamo superare. Bisogna vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e quindi godere di tutto quello che di bello il futuro ci può portare.
In novembre e dicembre si è potuta vedere la vita del tuo marito ma anche la tua vita nel teatro. E' stato proiettato "Attacante nato", l’autobiografia di Stefano, al teatro di Como e di Firenze. Che impressione ti ha fatto?
Il pezzo teatrale "Attaccante Nato" tratto dal libro di Stefano e adattato da Andrea Bruno Savelli è molto bello e molto emozionante. Mi ha fatto un'ottima impressione. Mi ha fatto anche molto commuovere perché ripercorre anche quella che è stata la storia mia e di Stefano nella malattia. Spero che ci siano ancora tante repliche e che si possa portare in tutti i teatri d'Italia, perché merita veramente di essere visto.
Continui a lottare per tuo marito Stefano e per la Fondazione. Come lui non ti rassegni, dai battaglia. Sei diventata una combattente. Un soldato che non molla mai. Che cosa sono i prossimi progetti della Fondazione? Ci puoi raccontare di più della ricerca che hai lanciato ultimamente?
Sì, io tengo molto alla Fondazione, cerco di portare avanti gli obiettivi che mi sono prefissa di ottenere. Uno di questi riguarda il finanziamento di una ricerca condotta dall'Istituto Mario Negri di Milano, dall'Istituto Superiore di Sanità e dall'Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo che riguarda il calcio e il rischio di contrarre malattie osteoarticolari e neurodegenerative.
Quanto è importante collaborare al livello internazionale? Come funziona il cambio delle informazioni tra le varie fondazioni le pazienti Sla?
Stiamo cercando di coinvolgere nei nostri progetti anche altre associazioni e fondazioni che nascono dallo sport. Questo è molto importante perché unendosi anche il messaggio che vogliamo lanciare diventa più forte.
Due settimane fa sei andata a trovare Carlos Matallanas, l’ex giocatore dell’Atletico Madrid, che lotta contro la Sla. Anche lui ha scritto un libro "Mi batalla contro la ELA, mia lotta contro la Stronza". Com’è andato l’incontro e che che progetti ed idee avete per sensibilizzare la gente?
Proprio per questo due settimane fa sono stata a Madrid, ho conosciuto Carlos Matallanas che è malato di SLA e che ha appena pubblicato un libro che riguarda proprio questa terribile malattia. E' stato molto emozionante conoscere lui e sua moglie, due ragazzi giovani che si troveranno a dover combattere una battaglia dura e difficile e che mi fanno anche molta tenerezza perché in loro rivedo la mia storia personale. Anche con loro, con i quali mi tengo in contatto, mi piacerebbe pensare a dei progetti in comune per cercare di sensibilizzare maggiormente le persone su quella che è questa terribile malattia.
Sei anche in contatto con Fernando Ricksen, ex-internazionale olandese che non si dà per finito. Anche lui ha scritto un libro. Come sta Fernando?
Sì, ho conosciuto Fernando ormai più di un anno e mezzo fa. Anche lui ha scritto un libro sulla sua terribile esperienza, è un lottatore e continua a lottare. So che ultimamente ha avuto un peggioramento e che quindi non sta benissimo.
Adesso si è parlato di un nuovo caso Sla, di un giocatore slovacco, Marian Cisovsky. Sei già in contatto con lui?
Sì, purtroppo c'è un altro ragazzo, Marian Cisovsky, che è malato e con il quale a breve prenderò contatti per conoscere la sua storia.
Sei diventata l’ambasciatrice per la lotta contro la Sla. Baggio, Beckham, Ancelotti, Ronaldo – tutti vogliono aiutare. Ma che cosa si può fare concretamente?
La cosa più concreta per aiutare le associazioni e le fondazioni che si occupano di SLA è di aiutarle economicamente in modo che si possano realizzare progetti di assistenza e ricerca. Sia l'assistenza che la ricerca purtroppo hanno costi altissimi e anche chi aiuta a sua volta deve essere sostenuto economicamente per poterlo fare.
Che ruolo gioca il calcio in questa lotta?
Il mondo del pallone in questa lotta potrebbe giocare un ruolo importantissimo. Molti giocatori sono stati colpiti da questa terribile malattia e quindi il calcio gioco forza è stato coinvolto. E' seguito da due miliardi di persone nel mondo, è chiaro che ogni messaggio che trasmette ha una risonanza incredibile e questo permette di far conoscere una malattia come la SLA, che è una malattia di nicchia, a un numero incredibile di persone. E la conoscenza porta a una maggior consapevolezza di quanto sia terribile la SLA e di quanto sia necessario sostenere chi fa ricerca per cercare di debellarla definitivamente e quindi trovare una cura.
Hai lanciato anche un Cruyff court a Como? Cruyff, il giocatore preferito di Steano, adesso sta male, ha il cancro. L’hai sentito ultimamente?
Sì, nel 2014 abbiamo inaugurato a Como il "Cruyff Court Stefano Borgonovo". E' stato un progetto impegnativo ma che ci ha dato molte soddisfazioni. Johann Cruyff ha inaugurato questo nuovo campo e quindi ho avuto l'occasione di conoscerlo. Lui era l'idolo di Stefano. Ho letto sulla stampa dei suoi problemi di salute e gli auguro naturalmente le migliori cose possibili.
Dal libro di Jorge Mendes abbiamo saputo che stai preparando anche un progetto con il procuratore più potente al mondo. A Madrid avete cenato insieme. Ci puoi dire qualcosa su questo?
Sì, ho parlato a Madrid con Jorge Mendes proprio perché sto cercando di coinvolgerlo nei progetti della Fondazione. Lui mi ha dato piena disponibilità e quindi ora dovremo approfondire il discorso sperando che questo porti poi in concreto ad aiutarci a realizzare un progetto che per ora è sulla carta.
Che cosa serve di più per sensibilizzare la gente: un torneo con Milan, Real Madrid, Paris St. Germain, Chelsea, tutte le ex-squadre di Carlo Ancelotti, e Bayern? Oppure un altra Ice Bucket Challenge?
Tutto serve per sensibilizzare le persone. L'Ice Bucket Challenge è stata un'iniziativa a mio parere geniale che nel 2014 ha funzionato in maniera incredibile ma che purtroppo nel 2015 non ha avuto la stessa fortuna. Certo un torneo con grandissime squadre potrebbe essere un modo per sensibilizzare moltissime persone.
Parliamo ancora un attimo di Carlo Ancelotti. Gli hai già fatto i complimenti per il suo nuovo incarico al Bayern di Monaco? Carlo e Stefano erano amici. Stefano lo chiamava "il mio respiro pulito, il buono d’animo che non mi abbandona mai. Gli voglio un mondo di bene". Carlo continua a sostenere la Fondazione Stefano Borgonovo. Quanto importannte era Carlo per Stefano come punto di riferimento e quanto lo è per te?
Carlo Ancelotti è una persona che è stata ed è ancora molto vicina alla nostra Fondazione. Penso che gli farò i complimenti per il nuovo incarico al Bayern di Monaco assieme agli auguri di Natale. Certo l'amicizia di Carlo negli anni della malattia è stata per Stefano importantissima, Carlo gli ha addirittura dedicato il libro che ha scritto e mi ricordo che Stefano quando lo ha saputo si è commosso. E proprio per questa gioia che ha dato a Stefano in un momento così difficile io vorrò sempre bene a Carlo.
Nel suo libro Preferisco la Coppa" Carlo ha dedicato un capitolo a Stefano. Nell’ultimo capitolo dice: "Stefano ha bisogno di una squadra per sconfiggere la Sla. Io ci sono, posso fare l’allenatore. Stefano va in attacco. La Stronza in porta, dall’altra parte. Prenderà gol. Vinceremo." Di chi altro avete bisognio nella squadra di Carlo e Stefano?
Nella squadra virtuale di Carlo e Stefano abbiamo bisogno di tutti... Le iscrizioni sono aperte. In questo caso si gioca per vincere e non per partecipare.
Stefano parlando della Fondazione scriveva nel suo libro "Attacante nato: "Io e Chantal lottiamo per tutto questo. Per dare una speraza a gente come, che sono uguale a tutti gli altri malati. Né più vip né più sfigato. Uguale da ogni punto di vista. Stesse gioie (poche ma buone), stesse delusioni, stessa sofferenza. La speranza è l’ultima morire, quindi chiedo al Signore di non farmi classificare troppo distante dal penultimo. Sarebbe già un risultato interessante. Che cosa chiedi al Signore? E che messaggio di natale ha da lanciare a noi tutti, ma soprattutto a tutti i malati di Sla?
L'unica cosa che chiedo al Signore è che vegli sulla mia famiglia. Auguro a tutte le persone che in questo momento sono malate di passare un sereno Natale e naturalmente di avere la forza per sopportare quello che il destino porterà loro, nel bene e nel male.
Bernd Fisa