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L'Expo di Parigi del 1937 e il Bologna dominatore del calcio europeo
ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE - A partire dall'edizione tenuta a Londra nel 1851 ad Hyde Park, dalla seconda metà dell'Ottocento le Esposizioni internazionali furono uno dei principali momenti di aggregazione, enormi fiere durante le quali non solo venivano messi in vendita i prodotti esposti ma anche – e soprattutto – venivano presentati e celebrati i progressi scientifici raggiunti. L'attrattiva verso il pubblico fu da subito molto forte perché erano un contenitore dentro al quale si poteva trovare davvero di tutto, mettendo sullo stesso piano l'aspetto scientifico, commerciale e ludico. Ben presto anche lo sport fece la comparsa entro i vasti recinti delle esposizioni, tanto che addirittura le edizioni dei Giochi Olimpici del 1900 a Parigi e del 1904 a Saint. Louis vennero inglobate nelle relative Esposizioni universali. Nel 1911 anche in Italia si tenne una Esposizione, anche se non “universale”, in occasione delle celebrazioni per il cinquantenario dell'Unità d'Italia, con due grandi fiere a Torino e a Roma e proprio a Roma il ricco cartellone di eventi propose anche un importante torneo internazionale di football vinto dalla forte formazione ungherese dell'M.T.K. Insomma, tutto per sottolineare ancora una volta il forte valore aggregativo che nella società a cavaliere tra '800 e '900 aveva raggiunto lo sport.
EXPO 1937, TRA IDEOLOGIE, ARTE E SPORT - il 25 maggio del 1937 venne inaugurata a Parigi la venticinquesima edizione dell'Esposizione universale, edizione che aveva come suo centro espositivo gli spazi attorno la Tour Eiffel, dal Trocadero ai Campi di Marte. Una Esposizione che accoglieva nel padiglione spagnolo Picasso con la sua Guernica a sfidare la razionalità propagandistica di altre due opere che caratterizzarono l'Expo del 1937, simbolicamente rappresentative non solo del preciso momento storico nel quale veniva inaugurata l'esposizione ma soprattutto del futuro prossimo al quale l'umanità intera sarebbe andata incontro. Uno di fronte all'altro svettavano l'edificio sovietico, con la famosissima statua dell'operaio e la kolchoziana raffigurante un operaio con in mano il martello e la contadina la falce, e il parallelepipedo nazista sormontato da una grande aquila e dalla svastica. Seppure ciò stridesse non poco con l'obiettivo degli organizzatori, cioè quello di favorire non solo scambi commerciali ma anche culturali al fine di creare ponti di pace lo sport, quale strumento di pace e fratellanza tra i popoli non poteva certo mancare, in particolare il calcio per il quale venne organizzato un imponente torneo pensato come una specie di campionato mondiale per club. L'obiettivo fu senz'altro raggiunto, considerato il livello altissimo delle squadre che diedero vita a quel torneo.
IL TORNEO INTERNAZIONALE - Otto le squadre partecipanti, tutte di alto lignaggio, tutte fresche vincitrici nei rispettivi tornei. L'Austria Vienna vice campione austriaco e detentore della Coppa dell'Europa Centrale, il Sochaux vincitore della Coppa di Francia, l'Olympique di Marsiglia campione francese, il Lipsia vincitore della Coppa di Germania, lo Slavia Praga campione cecoslovacco, il Phobus di Budapest campione ungherese e il Bologna campione d'Italia. Ciò che fece sparigliare le carte fu il fatto che gli organizzatori per la prima volta riuscirono a convincere gli inglesi a mandare una squadra professionistica del loro massimo campionato al torneo. La squadra prescelta fu il Chelsea che seppur fosse arrivata tredicesima in First Division si presentava come la grandissima favorita. Come riporta il sito Archivio e Ricerca storica sul Bologna Football Club i londinesi si presentarono in Francia quasi al completo: mancava il portiere titolare, già più volte nazionale inglese, Woodley e il centravanti George Mills, anch'egli nazionale inglese nonché uno dei più prolifici goleador di tutta la storia dei blues. L'evento creò molto interesse e molta attesa in Italia, tanto che – come ricorda Carlo F. Chiesa nella sua La grande storia del calcio italiano – grazie a Nicolò Carosio gli sportivi italiani poterono seguire in diretta alla radio gli incontri del Bologna. Perché il Bologna dell'epoca era davvero “uno squadrone”, guidato magistralmente da Arpad Weisz e già più volte campione della Coppa dell'Europa Centrale, la massima manifestazione calcistica continentale di quei tempi. Il percorso dei rossoblu fu perfetto: 4 a 1 ai francesi del Sochaux e 2 a 0 allo Slavia Praga e il commento del giornale Auto riportato da Chiesa non ammetteva repliche: “Il Bologna ha giocato come una squadra di professionisti inglesi, ma all'italiana”. Così il 6 giugno è destino che il Bologna incontri in finale i professionisti inglesi del Chelsea che dopo aver patito il caldo nell'incontro iniziale riuscendo ad avere la meglio sul Marsiglia solo grazie al sorteggio benevolo, avevano vinto in semifinale la battaglia contro l'Austria Vienna 2 a 0 in una partita molto cattiva.
La finale, si diceva. La Gazzetta dello Sport del 6 giugno nel presentare l'incontro riportava anche alcune battute di Weisz che così si esprimeva:
“Non bisogna farsi soverchie illusioni. Sarà una impresa molto ardua. Il Chelsea è uno squadrone di prim'ordine, un osso duro da rodere. Però non dispero perché nelle due partite disputate sinora la squadra ha risposto in pieno; ogni reparto ha funzionato a dovere.” Allo stadio Colombes di Parigi il trionfo del Bologna fu assoluto, magistrale. Perentorio. Finì 4 a 1 per i bolognesi, con Reguzzoni che segnò una tripletta e Schiavio che alzò al cielo la splendida coppa di cristallo messa in palio dalla rivista Auto.
Così “lo squadrone che tremare il mondo fa” saliva sul tetto d'Europa, portando a casa un torneo sì amichevole ma di prestigio assoluto, coronando un decennio irripetibile.
(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)