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    L'essenza del campione: perché l'oro di Team Usa è il capolavoro di Durant

    L'essenza del campione: perché l'oro di Team Usa è il capolavoro di Durant

    • Federico Albrizio
      Federico Albrizio
    L'oro è arrivato, il Team USA è campione olimpico per la quarta volta consecutiva (sono 16 titoli in 19 partecipazioni, il 7° su 8 da quando la squadra è aperta ai giocatori NBA) dopo aver battuto in finale la Francia a Saitama (87-82). Le stelle della NBA, l'esperienza di Gregg Popovich in panchina: un trionfo scontato secondo molti, ma nulla potrebbe essere più lontano da quanto realmente accaduto in questi Giochi. Non è stata un'Olimpiade da togliere il fiato per gli statunitensi, per talento nettamente superiori a chiunque altro (nonostante la Francia abbia dimostrato di essere ormai una potenza di poco inferiore con un torneo da applausi) ma condizionati da tanti fattori: una preparazione complicata, con tanti giocatori aggregatisi all'ultimo (come Jrue Holiday, tra i migliori ma arrivato solo la mattina della prima partita dopo l'anello conquistato con i Milwaukee Bucks) e altri in condizioni fisiche precarie (Damian Lillard ha fornito prestazioni opache, ma ha giocato con un infortunio addominale per tutto il torneo).


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    Niente dominio in Giappone, ma il Team USA ha qualcosa che nessun'altra nazione può permettersi: Kevin Durant. Trentatré anni da compiere a fine settembre e tornato in questa stagione dopo un anno e mezzo di stop per l'infortunio al tendine d'Achille, l'ala dei Brooklyn Nets è stato il pezzo capace di spostare da solo gli equilibri dell'intero torneo. Perché se la squadra ha faticato a trovare chimica e fluidità, il talento assoluto di KD è stato lo scoglio al quale gli uomini di Popovich hanno potuto aggrapparsi in ogni situazione. Preciso, chirurgico nel piazzare i canestri giusti nei momenti giusti per ribaltare il trend di una partita nata storta o ammazzarla definitivamente quando gli avversari sentivano di poter rientrare in corsa. Un clutch player, uno che fa la differenza quando conta, basti pensare anche alla storia delle sue finali con la nazionale statunitense: a 22 anni domina il Mondiale (2010) alla prima esperienza e chiude con 28 punti in finale; due anni più tardi, ai Giochi di Londra 2012, chiude con 30 punti in finale quasi oscurando due come LeBron James e Kobe Bryant fari assoluti del roster; a Rio 2016 è l'alter ego di Carmelo Anthony e piazza ancora 30 punti in finale.

    Questa volta ha voluto strafare, vincendo quasi da solo le Olimpiadi. One man army, un fenomeno assoluto che macina record su record: il terzo oro olimpico consecutivo è un primato che condivide con Melo, al quale però ha strappato il titolo di miglior realizzatore nella storia de Team USA. Ora il meritato riposo, con in tasca il nuovo contratto con i Nets da 198 milioni di dollari in quattro anni, arrivato poco prima della finale di Saitama. Perché dopo quelle degli Stati Uniti, Durant si prepara a riprendere sulle spalle anche le speranze di Brooklyn, che con lui, Kyrie Irving e James Harden sogna di poter dare nuovamente l'assalto al titolo NBA che i tanti infortuni della stagione hanno negato. Un oro al collo, quasi 200 milioni in più in banca e un concetto ribadito anche a dure parole alle critiche di ex giocatori come Perkins che avevano accompagnato l'inizio del torneo: a quasi 33 anni KD non ha alcuna intenzione di fermarsi, gli altri mostri della NBA sono avvisati.

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