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Nottingham Forest vivo grazie a Brazil, mago delle vere plusvalenze coi giovani
"Ma cosa vuol dire muoversi prima e più in fretta? Prenderli quando sono nella culla?".
"Vuol dire esattamente quello".
Se i muri avessero orecchie, o meglio ancora potessero parlare, racconterebbero che la discussione tra Gary Brazil, eminenza grigia dell'Academy del Nottingham Forest ha avuto con Gareth Holmes, tecnico dell'Under 18 in predicato di essere spedito come il tecnico dell'Under 23 sia stato più o meno questo. Un Under 23 senza allenatore per un bel pezzo con un ruolo vacante, ma di fatto coperto dallo stesso Brazil: cui di tanto in tanto tocca allenare pure la prima squadra. Finché non trovano un allenatore che accetti… Brazil è uno che non le manda a dire: ha le idee chiare e vuole avere la fatidica carta bianca. E non per farci quello che suggeriva Totò nel famoso film "I due colonnelli".
Il Nottingham Forest è arrivato a questa campagna di trasferimenti di gennaio con una forza spaventosa: quella di una squadra non solo vincente, ma divertente, piacevolissima, che ha avvicinato verso la bacheca impolverata e avvizzita del Forest a un trofeo finalmente vero e concreto… la FA Cup giovanile. Dopo aver battuto l'Arsenal e stracciato il Norwich, a Nottingham tutti stavano scommettendo sul Big Teen Party.
Purtroppo la corsa si è interrotta sul più bello con un secco 5-1 subito martedì sera dal Blackburn. Peccato: "An apple-pie with no apple", dicono a Nottingham e dintorni per dare un senso alle disillusioni. Peccato davvero perché questa squadra, o meglio, tutto il settore giovanile del Forest sta dando ormai da qualche tempo un'altra prospettiva al Nottingham. E a giocare le trame è il solito Gary Brazil: "A cosa serve un Under 23? A nulla perché in Inghilterra se un giocatore a 23 anni è ancora nella formazione giovanile non vale nulla per sé, né per la squadra. Si investe sulla Under 18 in entrata andando a prendere giocatori in Africa, Sud Est Asiatico e se proprio bisogna spendere qualcosa per l'Under 23 lo si fa per giocatori che non devono costare più di 50-100mila sterline l'anno. Se dimostrano qualcosa bene, si vendono. Se non dimostrano nulla problema loro: li si lascia con il cartellino in mano e si arrangino sul libero mercato".
Il pensiero è virgolettato: diciamo che è un fumetto che compare sulla testa di Brazil ogni volta che vede un giocatore, e lo osserva e pensa quanto possa guadagnarci. Aveva Iacovitti, difensore promettente ma forse bruciato troppo presto dalle aspettative: ci ha scommesso e lo ha tenuto. E ora Karanka pare lo voglia riportare in prima squadra dopo le prove non brillantissime del 2016. È arrivato il portiere Tim Erlandsson pagato 125mila sterline per giocare tra i pali della Under 21 dopo un lungo girovagare di prestiti tra Svezia e Inghilterra. "Ci serviva un portiere alto…", è stato il commento di Brazil di fronte a quello che comunque è l'estremo difensore delle ultime edizioni della Svezia giovanile, Olimpiadi comprese. Sfasciato un portiere con un brutto infortunio, ecco questo cristone di quasi due metri con due mani come badili. E un rilancio pauroso, una fucilata. Pochi soldi su qualcosa che abbia un valore immediato.
La Under 18 è una bellezza: l'irlandese di origine nordafricane Yassine En-Neyah è arrivato con un assegno da 200mila euro al Corduff di Dublino. Ma che fosse bravo lo si vedeva già nella Under 16 dell'Eire. Stesso processo per il monumentale portiere lettone Soloha, per il ghanese Asare o il nigeriano Sodeinde. In un tessuto inglese sempre più prodigo di grandi talenti come Swan o Barnes o Appiah: ghanese di origine, ma inglese di passaporto e con un contratto che non si può dire che è di 300mila sterline all'anno fino al 2020 perché il ragazzo ha solo 17 anni. Ma le cifre sono queste: e se vuoi fare un settore giovanile vero, serio, competitivo, in Inghilterra lo fai così. Scateni le Academy in tutte le scuole, di tutti i club della contea per avere quello che di meglio il tuo territorio sa offrire. E poi peschi con i soldi in mano quello che vuoi. A volte va bene a volte no: il Nottingham ha resistito all'assedio dell'Everton per Brereton (valore quasi tre milioni di sterline) ma si è fatto scappare un paio di colpi che sembravano certi. "Però si fa così… li si prende nella culla".
In compenso sono riusciti a tenersi Iacovitti, sul quale punteranno, lo svedese Anel Ahmedhodzic, un vero talento, 18 anni titolare fisso nella U23 con un tocco di palla incantevole e una visione di gioco davvero creativa. E così, anche se la squadra giovanile più bella e promettente, che aveva eliminato l'Arsenal e che poteva davvero portare un trofeo dopo tanto tempo nella bacheca del club, il Forest improvvisamente si scopre ambizioso: in tre anni di programma Brazil si è imposto di decuplicare gli introiti da prestiti onerosi e plusvalenze del settore giovanile. Solo che lui non lo fa truccando le carte o raccontando quella dell'uva: lo fa perché è il suo dannato mestiere portare soldi a una squadra che rema al sedicesimo posto del Championship e da anni attende il miracolo.
"Il miracolo è che siamo ancora a galla…" dicono sempre dalle parti di Nottingham e hanno ragione: una squadra che non torna in Premier League dal 1999, nonostante la sua tempra e la sua tradizione, a qualcosa deve pure aggrapparsi. E lo fa al suo settore giovanile la cui Under 23 proprio in queste ultime ore è stata affidata a… Cohen, Chris Cohen, quello che come primo lavoro regge il centrocampo della prima squadra: trent'anni appena, 271 partite nei Reds e ora allenatore della Under 23 sgangherata tra promesse mai decollate e trasfertisti in prova. Brazil, quello che parla poco ma chiaro, di Cohen allenatore ad interim della Under 23 ha detto… "A volte bisogna buttare i ragazzi dal lato alto della piscina". Perché se a diciotto anni devono essere in grado di giocare da professionisti, a trenta possono anche cominciare ad allenarli.