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L'arrivo da marziano, il primo scudetto in salotto, i 29 trofei: addio Berlusconi, presidente visionario
GLI ELICOTTERI - Chi ha avuto la fortuna di seguirlo, come noi, il primo giorno in cui si presentò a Milanello, l’1 marzo 1986 alla vigilia di un normalissimo Milan-Verona, ha ancora negli occhi l’immagine di un marziano che atterrava sulla terra, non soltanto perché era sceso da un elicottero come non era mai successo prima nel ritiro rossonero, ma per quello che disse a Baresi e compagni radunati nella sala del caminetto: “Voglio creare un Milan che vinca in Italia, in Europa e nel mondo, padrone del campo e padrone del giuoco”. Più di quella “u” nella parola “gioco” il suo discorso suscitò qualche sorrisino nascosto tra giocatori abituati a lottare al massimo per il quarto posto, che allora non era festeggiato da nessuno perché non valeva l’ingresso in coppa dei Campioni. Invece proprio quel giorno, con l’annuncio del primo acquisto, il difensore Dario Bonetti della Roma, nacque il grande Milan, battezzato pochi mesi dopo, il 18 luglio all’Arena di Milano, quando gli elicotteri diventarono tre per presentare ai tifosi gli altri “colpi” della prima campagna acquisti: Giovanni Galli, Daniele Massaro, Roberto Donadoni e Giuseppe Galderisi.
MILANESE - Generoso con i dipendenti, brillante con i giocatori, disponibile con i giornalisti, Berlusconi non si è mai accontentato di vincere cercando di cambiare il mondo del calcio. E così ha anticipato la riforma della futura Champions League, proponendo un torneo allargato a più club europei, ha suggerito di allungare le “rose” delle squadre per competere su tutti i fronti, inventando termini e figure nuove come “turnover” e “team manager”. E da buon milanese ha sempre detto che avrebbe tifato Inter dopo il Milan, anticipando Adriano Galliani che sabato a Istanbul sperava in un successo dei nerazzurri per evitare che Manchester togliesse a Milano l’esclusiva della città con due squadre capaci di vincere la Champions. Citiamo non a caso Galliani, perché è stato lui il primo e più fedele collaboratore di Berlusconi, che ha seguito fino all’ultima felice avventura del Monza, a dimostrazione delle sue qualità e della capacità dello stesso Berlusconi di scegliere i suoi collaboratori. Per gli stessi motivi ha capito prima degli altri le grandi qualità anche manageriali di Fabio Capello, che ha ricostruito un Milan ritenuto finito da Arrigo Sacchi, riuscendo a vincere quattro scudetti, tre dei quali fila con l’accoppiata scudetto-Champions League nel 1994. Poi c’è stato il derby nella finale di Manchester vinto contro la Juventus vent’anni fa, guarda caso la squadra cui è legato l’ultimo dei suoi titoli, la Supercoppa italiana a Doha nel 2016 con Montella in panchina.
PAPA’ LUIGI - Tra tutti, però, il ricordo più bello che conserviamo ci riporta al suo primo titolo, lo scudetto del 1988 vinto a Como, che abbiamo avito il privilegio di vivere al suo fianco in un salottino della villa di Arcore, perché quel pomeriggio Berlusconi aveva preferito rimanere al fianco del papà Luigi, ammalato. Allora non si vedevano le partite in diretta e quel decisivo 1-1, firmato da Virdis, Berlusconi lo ascoltò alla radio a “Tutto il calcio minuto per minuto”, alzandosi alla fine per abbracciare il papà che lo portava per mano a San Siro a vedere i rossoneri. E oggi che non c’è più, ci piace immaginarlo di nuovo abbracciato a papà Luigi, come in quel pomeriggio di maggio quando il suo Milan incominciò a vincere.