Chelsea, ecco perché Kanté è il miglior centrocampista del mondo
Qualcuno però, nei giorni seguenti, si è spinto oltre, arrivando a definire il francese “the best central midfielder player in the world”, il miglior centrocampista centrale del mondo. E’ stato Frank Lampard. Nessun complimento poteva riuscire tanto sorprendente e persuasivo quanto quello pronunciato da una leggenda dei Blues, che di ruolo faceva appunto il centrocampista. Pensando a tutti i gol che segnava Lampard, però, questa dichiarazione risulta spiazzante, almeno in un primo momento.
Ma come fa Kanté, che segna così poco, a essere il suo midfielder preferito? In realtà, proprio per questa concessione autorevole, la sentenza di Lampard finisce per essere doppiamente significativa. Infatti, in virtù delle sue qualità, il francese sembra meritare lo stesso questo titolo, questo complimento, questa incoronazione, nonostante faccia fatica a trovare la via del gol (2 in stagione, entrambi contro il Manchester United). Non solo la via del gol, aggiungiamo, ma anche la porta, se è vero che in campionato su 16 tiri effettuati, esclusi i respinti, ha centrato lo specchio soltanto 6 volte.
L’ex nazionale inglese si è spiegato ulteriormente soffermandosi su “what he’s giving to the team in the way he’s playing”, quello che riesce a dare alla squadra col suo modo di giocare. Ha usato, per riassumere il concetto, un’espressione molto efficace quando ha detto “the driving force that he is”, la forza trainante che è Kanté. L’impulso, l’energia del Chelsea di Antonio Conte.
Ci siamo chiesti allora in quali momenti della partita di lunedì Lampard può aver pensato cose del genere, e abbiamo selezionato alcune situazioni. In primo luogo, una scena da duello con Pogba. Francese contro francese, due prestanze fisiche eccellenti, benché diverse per struttura e altezza. Molti hanno parlato di un confronto stravinto da Kanté. Vero, ma c’è un’attenuante. Occorre tenere conto della superiorità numerica conseguita dai Blues intorno al 35’, e della strategia difensivista adottata da quel momento in avanti dal Manchester, per volere di Mourinho (nel secondo tempo erano in sei dentro l’area, tre per lato).
Qui sotto siamo al 23’, quando Kanté inizia ad accompagnare verso la sua sinistra l’ex juventino. Gli si avvicina. Pogba con il braccio mancino prova a “sentirlo”; vuole tenerlo lontano dal pallone perché sa che può ‘mordere’.
E infatti Kanté attacca, anzi, quasi si aggrappa. Così facendo impegna l’avversario e ne ritarda quantomeno la giocata successiva. Ma l’estroso centrocampista del Manchester non è certo l’ultimo arrivato, sa difendere il pallone. In Italia glielo toglievano solo quando esagerava, altrimenti non c’era storia, il suo strapotere tecnico e fisico bastava.
Al primo contatto, Kanté viene respinto. A questo punto qualsiasi centrocampista normale si limiterebbe a mantenere lo scivolamento, si accontenterebbe di non essere stato saltato o peggio, umiliato. Questo è quello che potrebbe aver “pensato” anche Pogba, sicurissimo di sé.
Ma Kanté, dopo averlo destabilizzato e rallentato, respinto, ha preso la rincorsa per una nuova aggressione. Un affondo in spaccata. Va a cercare una palla che non è affatto scoperta da Pogba, ma che è ancora al riparo, nell’orbita del piede destro. Questo non è un semplice tackle, è il tackle del miglior incontrista del mondo.
Voliamo ora al 48’, l’inizio della ripresa. Questo è un recupero palla vero e proprio, più che un’azione di disturbo o di respingimento. Interessantissimo vedere come, anche quando sbaglia la prima lettura, e viene tagliato fuori da una ripartenza, Kanté recuperi in un baleno la linea del pallone. Moses ha perso palla, ed è stata subito servita l’unica punta dei Red Devils. Per inerzia, Kanté avanza erroneamente verso una palla pericolosamente scoperta. Il centrocampista del Manchester, con un solo tempo di gioco, lo supera.
Matic va in chiusura, Rashford gli fa il tunnel e persevera. Nel frattempo Kanté, dopo una sterzata brusca, ha già mangiato metri di campo, recuperando terreno sull’uomo in fuga. Quant’è fedele alla sua zona di pertinenza? Come nessuno al mondo, secondo Lampard.
Ed ecco, di nuovo un bel contatto. Il baricentro basso e la potenza che ha nelle gambe gli consentono di sradicare il pallone da dietro, ai limiti del regolamento, grazie all’ ottimo uso del bacino, di poderose ancate.
In aggiunta a questi due esempi relativi alla fase di rottura, analizziamo un piccolo dispositivo adoperato dal Chelsea quando si è trovato in superiorità. La discesa sistematica di Azpilicueta, nel corridoio di mezzo tra la fascia laterale e il centro del campo. Questo automatismo offensivo potrebbe apparire spericolato (ricordo che lo spagnolo è il centrale laterale destro, uno dei tre della linea difensiva). Se tiene, tiene anche perché Kanté resta passivo, a fare da guardia. Il francese infatti garantisce copertura come pochi. La controparte però è questa: viene come saltato nella circolazione del pallone, per guadagnare metri e ampiezza. E’ molto disciplinato, Kanté.
Non che venga sistematicamente estromesso dalla manovra: anzi, contro il Manchester ha realizzato 59 passaggi su 70 tentativi, con una media dell’84%, ed è arrivato a toccare in tutto 90 palloni. Diciamo che la maggior parte delle volte si limita a una trasmissione essenziale, tendenzialmente corta. Stop e passaggio, per dare ritmo, che ai lanci ci pensa Matic. Un altro dato? In Premier, Kanté ha solo il 9% di passaggi lunghi. Eppure anche così, per Frank Lampard, il migliore centrocampista è proprio lui. E se poi gli avversari commettono l’errore di battezzarne il tiro, come si fa nel basket con chi ha una brutta media da tre punti, i risultati potrebbero essere quelli visti lunedì. Ma se iniziasse anche a segnare, cosa diventerebbe Kanté?