Roberto Landi, allenatore giramondo: 'La serie A non considera i tecnici italiani all'estero!'
Roberto Landi è un allenatore italiano, nato a Forlì nel 1956, che ha girovagato per il mondo, tranne una piccola parentesi nella stagione 2003-04 quando era sulla panchina del Messina. E' stato tecnico della Georgia under 21, della Lituania under 21, del National Bucarest in Romania, del Qatar Olimpic team, del Sopron in Ungheria, del Royale Union Saint-Gilloise in Belgio, Livingston in Scozia e della nazionale liberiana fino al giugno del 2012. In esclusiva per Calciomercato.com, Landi ha raccontato la sua bellissima esperienza all'estero bacchettando i protagonisti del calcio italiano che hanno ancora la presunzione di professarsi i migliori in assoluto:
Signor Landi, lei è un giramondo, ci racconti un po' delle sue esperienze: " L'esperienza all'estero è talmente vasta che ci vorrebbero giorni per raccontarla e in Italia non ci sono parametri per poter fare un raffronto. Noi ci professiamo sempre come i migliori ma siamo rimasti indietro e soprattutto negli ultimi anni stiamo perdendo terreno nei confronti dei vari paesi esteri. Abbiamo la presunzione di avere la conoscenza assoluta del calcio ma in realtà quando usciamo dai confini nazionali, puntualmente fatichiamo anche Inter, Milan e Juventus vanno spesso in difficoltà contro le squadre estere (Bate Borisov, Partizan ecc...) e questo è sintomo che negli altri paesi c'è stata un evoluzione, da noi in Italia no purtroppo. All'estero manca la sagacia tattica e di questo forse noi ne siamo maestri ma io sono partito dal nostro paese con delle convinzioni e dei credo e ho modificato almeno 7-8 volte la mia filosofia sportiva nel corso degli anni".
Parliamo della sua ultima esperienza in Africa, com'è andata? "Io sono rimasto lì 16 mesi e il primo anno tutti i giocatori mi seguivano alla lettera e abbiamo fatto cose eccezionali: abbiamo scalato ben 60 posizioni nel ranking Fifa, dal 165esimo posto siamo arrivato a ridosso delle prime 100. Nel 2012 invece hanno dato per scontato delle cose e non mi hanno più seguito come prima ed è stato un disastro. L'Africa è un'esperienza di vita fantastica e in questi 16 mesi ho potuto vedere l'entusiasmo di questi giocatori che non sono artefatti e giocano a calcio perchè gli piace. Sono riuscito anche ad abbassare l'età media di questi calciatori: ora il più vecchio è un '87 e il più giovane è un '94. Qualcosa di buono vuol dire che l'ho fatto".
La tappa più bella della sua carriera? "Sono state tutte esperienze meravigliose, tranne quella in Belgio perchè c'è stata una spaccatura fra la parte belga "sana" dello spogliatoio e quella italiana. Questi giocatori del nostro paese erano convinti di venir qui e fare una passeggiata e non erano arrivati con la giusta umiltà pensando che fosse un declassamento per la loro carriera. Dico una cosa: un giocatore come Gattuso lo vorrei sempre, perchè in qualunque campionato va si impegna sempre al cento per cento invece guardo al Montreal Impact dove ci sono giocatori come Ferrari, Corradi, Di Vaio e Nesta e nonostante questo navigano nelle parti basse della classifica, per carità non è solo colpa loro, ma forse non sono andati lì con la giusta mentalità".
Le dà un po' fastidio che in Italia, Messina a parte e per una sola stagione, non si è accorto di lei? "Assolutamente no, anche perchè io ho scelto consapevolmente di andare all'estero. Sono solo rammaricato del fatto che io che ho fatto bene quasi dappertutto, (Romania, Ungheria, Lituania, Georgia, Scozia, Liberia, Qatar) ma anche altri colleghi come Fabro, Nobile o Della Casa hanno fatto bene e vinto all'estero e in Italia nessuno lo nota. All'estero devi lottare specialmente contro stampa e colleghi, perchè sei lo straniero che ti devi far valere nel loro paese e noi ci siamo riusciti bene. Io ad esempio sono stato nominato miglior allenatore in Romania e ho portato una squadra, che aveva lo stesso valore dell'Empoli, al terzo posto dietro due squadre blasonate come Dinamo Bucarest e Steaua Bucarest".
Quindi in realtà ha qualcosa da rimproverare al calcio italiano..."No da rimproverare no, ma ci vorrebbe una visione più ampia anche perchè un allenatore chi va all'estero ad allenare ha lo stesso valore di uno che lo fa in Italia. Ho avuto a che fare con giocatori di tante nazionalità e ho avuto modo di vedere all'opera allenatori come Olsen e Van Gaal, quindi diciamo che di esperienza ne ho tanta".
Tornando indietro cambierebbe qualcosa della sua carriera? "Rifarei tutto quello che ho fatto, logico che se oggi una squadra italiana che ha un progetto serio chiamasse me e il mio staff io potrei portare qualcosa di nuovo, grazie alle tante esperienze maturate. Chiaro non dico di vincere, ma sicuramente potremmo far vedere qualcosa di nuovo. Ad esempio in Scozia non abbiamo preso un gol su calcio da fermo in quella stagione perchè grazie ad un preparatore atletico di basket italiano avevamo istruito i giocatori con i vari blocchi e altre situazioni che normalmente si applicano in un altro sport e i risultati si sono visti eccome".
Qualche ulteriore aneddoto da raccontare? "Ce ne sono molti ma uno in particolare mi ha stupito: sempre in Scozia il mio Livingston giocava contro il St. Johnstone perdemmo due a zero e a fine partita il mister avversario, che mi aveva fatto arrabbiare precedentemente, mi tese la mano ma io rifiutai. Il giorno dopo la stampa mi ha massacrato, non per la sconfitta ma per la mancanza di fair play. Ecco la vera differenza con l'Italia dove ci lamentiamo per tutto e l'arbitro è sempre il capro espiatorio o l'alibi degli addetti ai lavori. All'estero funziona diversamente e di arbitraggi scandalosi, nella mia esperienza in giro per il mondo ne ho subiti tanti ma non ci si lamenta, perchè al triplice fischio esiste solo fair play e discussioni in tono pacifico".