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  • Kjaer saluta il Milan: "E' il momento giusto, ma tornerò a Milano". E lancia Tomori: "Può essere il top al mondo"

    Kjaer saluta il Milan: "E' il momento giusto, ma tornerò a Milano". E lancia Tomori: "Può essere il top al mondo"

    • FA
    Simon Kjaer e il Milan, l'avventura è giunta al termine. Dopo quattro anni e mezzo, 120 presenze, un gol e uno Scudetto vinto, il difensore centrale danese classe 1989 saluterà i rossoneri, alla scadenza del contratto al termine della stagione. Contro la Salernitana sabato 25 maggio (calcio d'inizio ore 20.45), vivrà l'ultima partita in maglia rossonera e lo attende il caloroso saluto di San Siro.

    Kjaer, come il compagno di squadra Olivier Giroud prima di lui, ha salutato e ringraziato tutti in un'intervista concessa a Milan TV: le sue parole.

    CHE EMOZIONI PROVA ALLA FINE DELL'AVVENTURA? - "Tante, positive e negative. È da un paio di mesi che avevo la sensazione che era giusto finire ora, e poi ci sarà una nuova avventura".

    SENTE CHE LA FINE SIA ARRIVATA AL MOMENTO GIUSTO? - "Sì. Nel mio percorso di questi quattro anni sono arrivato ad un buon punto. Ma potevo ovviamente anche dare di più, per aiutare ancora di più. È il momento giusto".

    IDEE CHIARE PER IL FUTURO POST EUROPEI? - "Diciamo che il mio futuro l’ho diviso in tre parti. C’è una settimana per essere disponibile per la mia ultima partita a San Siro e mettere ancora la maglia del Milan. Poi c'è un'avventura con la Danimarca, è sempre molto speciale. E dopo di questo devo trovare il posto dove continuare a giocare a calcio. La cosa più importante è questa settimana".

    COME SI APPROCCIA VERSO QUESTA NUOVA ESPERIENZA? - "Senza paura. Penso che ho provato così tanto nella mia carriera, ho esperienza per capire che la paura non ti da niente. Ho grande curiosità e grande voglia di impattare su un nuovo gruppo così come ho fatto qu".

    IL MILAN ERA UN SOGNO - "Sono venuto in Italia quando avevo 19 anni al Palermo. Lì ho subito detto al mio procuratore: “Voglio andare al Milan”. C’è voluto un po’ di tempo, però alla fine sono venuto qua e questa è la mia società, il mio luogo e sarà sempre così. Quando sono arrivato qua il Milan era in un periodo molto difficile che durava da tanti anni. Paolo Maldini e Ricky Massara mi hanno portato qua per dare un impatto soprattutto ai giovani, dare continuità e far crescere il gruppo. Penso che il mio lavoro l’ho fatto".

    ARRIVATO IN PUNTA DI PIEDI: SI ASPETTAVA QUESTO IMPATTO? - "Dipende ovviamente sempre dal gruppo. Io avevo una fortuna, cioè che con me è arrivato anche Zlatan Ibrahimovic. Non ho mai avuto bisogno di urlare o dare quel tipo di stimolo. Ho potuto lavorare sui singoli, far vedere ogni giorno che si doveva arrivare presto per lavorare e che si andava a casa tardi. Prima che arrivassi qui c’erano 2-3 giocatori agli allenamenti in palestra. Ora ci sono tutti. È stato un percorso anche con lo staff del mister. Ora non c’è nessuno che si rilassa".

    ULTIMO VETERANO DI QUESTO CICLO: COSA C'E DENTRO E CHE CRESCITA E' STATA PER QUESTO GRUPPO? - "La qualità non basta. Per migliorare e per far crescere la squadra bisogna saper soffrire e avere la giusta mentalità per lavorare e guardare in avanti. Puoi fare tante cose con un gruppo, anche con meno qualità. Nel mondo del calcio c’è solo una cosa che comanda, ed è la mentalità. Tutti sanno giocare a calcio. Per il budget speso dal Milan in questi quattro anni ci sono pochi in Europa che sono riusciti a fare quello che abbiamo fatto noi".

    CREDEVA ALLO SCUDETTO DALLA STAGIONE 2020/21: DA COSA LO AVEVA CAPITO? - "Qualità. Non puoi parlare di Scudetto se non hai qualità. Se riesci ad avere questi standard alti ogni giorno allora puoi fare cose che nessuno si aspettava. Non penso che se lo aspettasse qualcuno, nemmeno i milanisti quelli veri".

    IL LUNGO INFORTUNIO NELL'ANNO DELLO SCUDETTO - "Se potessi cambiare una cosa nel mio percorso sicuramente direi l’infortunio. Ma mi ha fatto crescere tantissimo. Devi sfruttare i momenti che hai. È stato più facile la gioia pura nel mio lavoro ma anche a casa con la mia famiglia. Ero molto consapevole delle cose che facevo anche prima, ma ora è il doppio. Se devi fare 10 magari ad un certo punto fai 9, poi 8 e così via. Però ogni volta che vai da 10 a 9 devi capire che hai perso il 10%. E se metti tutto insieme diventa tanto. Se fai capire questa cosa allora la squadra può crescere ancora di più. Abbiamo fatto un grande percorso, siamo cresciuti tanto. Bisogna però migliorare ancora".

    L'IMPORTANZA DELL'APPOGGIO DELLA MOGLIE - "Fondamentale. Se non stai bene a casa non stai bene fuori. Per quanto io voglia bene al Milan, rispetto alla mia famiglia il Milan è il “fuori casa”. Milano è anche casa dei miei figli, parlano meglio l’italiano che il danese. Milano è diventata casa".

    LA CARATTERISTICA PER CUI VUOLE ESSERE RICORDATO - "Come un difensore, ho lasciato un impatto ai ragazzi con questa grinta. È una parte di me che avrò sempre, anche quando non giocherò più a calcio".

    L'IMPORTANZA E L'ORGOGLIO DI ESSERE NOMINATO TRA I PRIMI 30 PER IL PALLONE D'ORO - "Il percorso che ho avuto col Milan è stato il sogno che avevo per la mia carriera. Avere la possibilità, a 32 anni, di andare al Pallone d’Oro con la maglia del Milan… A 18 anni ci avrei messo la firma".

    PERCHE' IL MILAN E' COSI' SPECIALE? - "Sicuramente la storia. Quando ero un ragazzo il top era il Milan. Anche Paolo Maldini ha avuto un impatto su quello, era il difensore più forte del mondo. E quando sei un difensore segui questo tipo di giocatori".

    IL SALUTO DEI COMPAGNI - Sul tablet gli vengono mostrati i messaggi di saluto dei compagni e di Stefano Pioli, che dice: "Sei sempre andato alla ricerca delle perfezione, è stato un grande stimolo lavorare con te, sono sicuro che avrai il meglio dalle tue prossime esperienze e dalla vita perché sei il top". Kjaer ringrazia: "Ho avuto un impatto allora... (ride, ndr)".

    L'ASPETTO UMANO - "E' la cosa più importante. Come ha detto Pobega è l'unica cosa che rimane e per quello sono contento e orgoglioso".

    COSA SIGNIFICA ESSERE SQUADRA - "Tutto, parte tutto da là. Hai bisogno di tutti per farlo, non puoi riuscirci se cinque persone non ti seguono. Se sei in difficoltà il gruppo ti può aiutare. E' il primo gruppo nella mia carriera che sento di avere come quello in Nazionale, dove c'è un percorso di 14 anni. Qua ci sono riuscito in quattro anni".

    LEADER - "Ci sono momenti di gioia e ci sono momenti dove tu prendi schiaffi. Io non ho mai avuto bisogno di andare a parlare quando ci sono momenti belli. Io so che quando arrivo a casa la mia famiglia mi fa i complimenti per una bella partita o se ho fatto qualcosa. Nei momenti così mi viene più naturale prendere gli schiaffi su di me. Ho anche pagato su di me questa cosa. Ma quando senti questi messaggi dai tuoi compagni mi conferma che è la cosa giusta".

    LA MICRO-FAMIGLIA DEI DIFENSORI - "Sono sempre stato disponibile con loro. Se giochi con Gabbia, Thiaw, Tomori o Kalulu le basi devono essere uguali per tutti. Non siamo noi a decidere chi gioca, ma se noi riusciamo ad avere continuità e so come gioca chi è alla mia sinistra, so cosa fare. Loro hanno grandissima qualità. Fik ora è quello con più esperienza che deve fare quel salto: può essere un buon giocatore, ma ha tutte le possibilità per diventare uno dei difensori più forti al mondo con le sue caratteristiche. Gli altri hanno le stesse possibilità, ma sono più giovani".

    IL RAPPORTO CON I TIFOSI DEL MILAN - "E' un rapporto che mi sta molto vicino al cuore. Mi ha sorpreso tante volte, soprattutto l'anno scorso e quest'anno come si sono comportati con noi. Non me l'aspettavo. Pure noi siamo diventati milanisti, pure i miei figli".

    SALUTO FINALE - "Ringrazio tutti, il sogno e l'orgoglio di essere arrivato qua. Mi ha dato tante soddisfazioni per la vita e la carriera. E in futuro, quando finirò di giocare a calcio, penso che tornerò a Milano a vivere con la mia famiglia perché Milano è casa nostra".

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