Kipiani e la leggendaria finale del 1981: Dinamo Tbilisi e Carl Zeiss Jena, sfida 'sovietica' in Germania Ovest
Il giorno che ogni singolo abitante della Georgia e di Tbilisi in particolare, ricorda alla perfezione. Essere nati dopo quel giorno in Georgia, e a Tbilisi in particolare, è considerata poco meno di una disgrazia.
“Tu mica c’eri nel maggio del 1981!” è la frase più ricorrente verso tutte le generazioni successive.
Il 13 maggio 1981 è il giorno in cui la Georgia intera si è fermata.
E’ un po’ come chiedere ad un italiano dov’era l’11 luglio dell’anno successivo o ad un danese dove si trovava il 26 giugno del 1992. Facile … davanti alla tv ad assistere alla “partita di calcio della vita”.
Ho fatto due esempi di nazionali di calcio dei propri paesi.
Beh, obietterà qualcuno, ma la Dinamo Tbilisi è una squadra di club, mica una nazionale.
Sbagliato.
La Dinamo Tbilisi era la squadra che rappresentava ai tempi dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche la NAZIONE Georgia.
Quella sera a Tbilisi perfino nei registri di polizia pare non sia stata segnalata nessuna effrazione. Nessuna rapina, nessuna rissa, nessun borseggio.
La Georgia intera era tutta davanti alla tv.
Quella sera la Dinamo giocava la finale della bellissima e ahinoi defunta Coppa delle Coppe. Di fronte non certo una delle grandi del calcio europeo ma una squadra di una piccola città tedesca, anch’essa aldilà del muro di Berlino.
Anzi, che dal muro distava poco più di 200 chilometri visto che la squadra in questione è il Karl Zeiss Jena, è Jena è in Turingia, nell’allora Germania dell’Est.
C’è un problema però e non di poco conto.
La finale si gioca “aldiquà” del muro ed esattamente a Dusseldorf, nell’altra Germania, quella dell’Ovest.
I cinquemila tifosi scarsi (e perlopiù locali) che siedono sulle tribune del Rheinstadion non contribuiscono certo a rendere l’atmosfera indimenticabile. La divisione ancora in atto tra le due “Europe” rende praticamente impossibile ai tifosi della Dinamo la trasferta in terra tedesca … anche se è la partita “della vita”.
I tifosi che arrivano da Tbilisi sono un centinaio … forse addirittura meno.
Poco importa.
Entrambe le due squadre per arrivare in finale non hanno avuto certo un percorso facilissimo.
Già al primo turno il Karl Zeis Jena ha fatto un impresa, anzi “l’impresa” come ancora oggi amano ricordare i più attempati tifosi di questa glorioso club caduto in disgrazia dopo la riunificazione fra le Germanie. Al primo turno infatti per i tedeschi di Jena c’è la Roma che all’Olimpico vince con un netto 3 a 0. Pruzzo, Ancelotti e Falcao i marcatori. Sembra tutto chiuso e definito. Ma nella partita di ritorno il Karl Zeiss getta il cuore aldilà dell’ostacolo giocando con una determinazione ed una grinta che spiazza completamente i giallorossi, convinti di andare a fare una gita in quella piccola cittadina in mezzo al nulla.
Il Karl Zeiss Jena vincerà per 4 reti a 0, colpirà due volte i pali della porta di Tancredi che salverà da un ancor peggior tracollo i suoi con alcuni interventi di altissimo livello. Dopo la Roma saranno il Valencia (campione in carica) la rivelazione Newport County e il Benfica a cadere sotto i colpi dei biancoblu tedeschi.
La Dinamo invece, dopo due turni tutto sommato abbordabili contro i greci del Kastoria e gli irlandesi del Waterford compiono un’impresa nei quarti di finale eliminando gli inglesi del West Ham. Il 4 a 1 con cui sconfiggono Brooking e compagni è ancora oggi ricordata come una delle prestazioni più spettacolari offerte da una squadra straniera sul suolo britannico.
Il Guardian scriverà che “La Dinamo Tbilisi ha fatto innamorare una generazione con il suo calcio meraviglioso”. In semifinale saranno gli olandesi del Feyenoord a cadere, sconfitti 3 a 0 a Tbilisi e “contenuti” con uno 0 – 2 al De Kuip.
Stasera c’è l’occasione per entrare nella storia.
Del calcio russo, che prima della Dimano Tbilisi aveva visto soltanto la Dynamo Kiev di Oleg Blokhin e compagni alzare al cielo lo stesso trofeo continentale sei stagioni, ma soprattutto del calcio della Georgia, mai arrivato con un proprio Club così in alto.
La tv nazionale, rigorosamente in bianconero, trasmetterà l’incontro.
Fin dalle prime battute però si capisce che siamo di fronte a qualcosa di speciale. La Dimano Tbilisi non sembra affatto una squadra russa.
La Dynamo Kiev e la nazionale avevano sempre raggiunto i loro migliori risultati grazie ad una metodica organizzazione di gioco, ad una grande forza fisica e ad una filosofia pragmatica e senza fronzoli.
La Dinamo è l’esatto contrario.
Tecnica, fantasia, creatività e tanto spazio alle giocate individuali dei suoi calciatori più dotati.
Non certo quello che ci si aspetta da una squadra russa.
“Semplice” risponderebbero in coro i calciatori della Dinamo “Noi siamo Georgiani, mica russi !”.
Fin dalle battute iniziali c’è un calciatore che attira l’attenzione di quasi tutti gli spettatori di quell’incontro. Inizialmente per il suo aspetto fisico, così particolare che lo fa sembrare un impiegato da scrivania più che un calciatore di calcio.
Alto, magro e spigoloso.
Con una calvizie importante e due baffoni neri sotto due zigomi pronunciati.
Ma è quando tocca la palla che ci si accorge che David Kipiani NON E’ un giocatore normale.
Intanto è il leader assoluto della squadra.
Sembra che esista una legge non scritta per cui ogni pallone di ogni azione offensiva debba passare dai suoi piedi.
Pare però che lo sappiano bene anche i giocatori del Karl Zeiss Jena !
Ogni volta che Kipiani entra in possesso di palla ci sono un paio di calciatori tedeschi che immediatamente gli mordono le caviglie e che, fedeli al vecchio motto “o gamba o pallone” cercano di limitare il più possibile il numero 10 in completo blu. Teoricamente è un attaccante, almeno così viene presentato nella formazione iniziale.
In realtà è uno di quei giocatori alla Di Stefano, alla Cruyff, alla Tostao o alla Deyna, così intelligenti e duttili che sembra che “sentano” in quale posizione possono fare più male all’avversario.
Quei giocatori ai quali gli dei, oltre al talento, hanno regalato anche un cervello pensante.
E così Kipiani inizia ad arretrare, galleggiando, come si direbbe oggi, “fra le linee”.
Troppo arretrato per essere marcato da uno stopper e troppo avanzato per “sprecare” un centrocampista nella sua marcatura. Il primo tempo scorre via frenetico, lottato e sudato.
Ma giocato poco.
La Dinamo Tbilisi ama essere padrone del gioco e la palla ce l’hanno quasi sempre i Georgiani.
Ma il Karl Zeiss non molla un centimetro, chiude gli spazi e prova a far male soprattutto con le ali Vogel e Bielau.
Nella ripresa, dopo meno di venti minuti, quella che sembra la svolta del match.
C’è una bella azione di rimessa dei tedeschi con la palla che Vogel, dopo una bella triangolazione con Lindemann, arriva sulla linea di fondo prima di mettere in mezzo un cross arretrato sul quale la difesa della Dinamo Tbilisi sembra incerta. Da dietro arriva il mediano Hoppe che con un bel destro al volo infila la palla sotto la traversa di un esterrefatto Gabelia.
E’ Séngelia a partire in percussione saltando un paio di avversari prima di “scaricare” in stile cestistico sulla destra verso l’accorrente Gutsaev. Gran botta di prima intenzione e palla in rete.
Non sono passati nemmeno quattro minuti dal vantaggio tedesco.
La Dinamo Tbilisi diventa padrona del campo e “Dato” (questo il suo soprannome in tutta la Georgia) sale in cattedra, distribuendo palloni e facendo da catalizzatore del gioco. Il dinoccolato “regista-rifinitore-attaccante” della Dinamo ha una caratteristica peculiare, comune a tutti i grandi calciatori: i tempi della partita li detta lui.
Mancano meno di quattro minuti al termine.
La partita sembra destinata ai supplementari quando Kipiani riceve palla sulla trequarti avversaria. Stavolta sembra quasi crogiolarsi con la sfera tra i piedi, dando l’idea di voler ingannare il tempo (e il Karl Zeiss) in attesa dei supplementari.
Poi, sempre con grande indolenza, decide di “scaricare” la sfera al compagno di squadra Vit’ali Daraselia, altro immenso giocatore e alter ego perfetto di Kipiani: corpulento, arrembante di corsa e muscoli ma con piedi più che educati. Daraselia non è particolarmente “pensante”.
Non fa calcoli e si lancia verso la porta avversaria.
Ci sono trenta metri buoni tra lui e Grapenthin, il numero uno tedesco.
Daraselia salta un prima avversario in velocità, rientra verso il centro dell’area, finge il tiro di destro facendo sedere l’avversario e poi con il sinistro scarica un rasoterra che si infila a fil di palo.
Per i tedeschi dell’Est non c’è più tempo.
La Dinamo Tbilisi conquista quello che allora era il 2° trofeo continentale più importante.
Il primo (e ultimo) per la regione georgiana, che diventerà Nazione a tutti gli effetti esattamente dieci anni dopo. La Georgia intera impazzisce.
Milioni di georgiani scendono nelle strade. In quasi centomila si ritrovano allo stadio della Dinamo, allora intitolato a Vladimir Lenin.
Per David Kipiani è la definitiva consacrazione.
Sono tante le squadre di blasone a volerlo nell’Europa aldilà del muro.
“Dato”non vacilla neppure un momento.
E’ georgiano, e a Tbilisi vuole rimanere tutta la carriera … e tutta la vita.
Aldilà del muro ci va qualche mese dopo, per un Torneo estivo, quello organizzato al Santiago Bernabeu di Madrid e intitolato proprio all’ex grande presidente del Real di Puskas, Gento e Di Stefano. La Dinamo Tbilisi sta giocando proprio contro i padroni di casa del Real Madrid quando una assurda entrata del centrocampista madrileno Angel lascia Kipiani a terra con una gamba spezzata.
E’ il settembre del 1981.
L’URSS ha fallito la qualificazione ai Mondiali argentini del 1978 ma stavolta la qualificazione ai Mondiali di Spagna del 1982 è praticamente cosa fatta.
Per Kipiani è l’occasione che aspetta da sempre.
Poter mostrare al mondo le sue doti sul palcoscenico più importante in assoluto.
Avrà quasi 31 anni per cui probabilmente sarà anche l’ultima opportunità a questi livelli. Sono lunghi mesi di recupero, riabilitazione ma quando riprende a giocare nella primavera del 1982 sembra sia tutto a posto.
Kipiani ha ripreso a giocare nella Dinamo Tbilisi e riprende in mano la squadra giusto in tempo per le fasi decisive della stagione. C’è una Coppa delle Coppe da difendere e Kipiani è protagonista della vittoria nei quarti contro il Legia Varsavia prima di cedere in semifinale ai belgi dello Standard Liegi.
Ma c’è un problema, inatteso quanto insormontabile.
La panchina della Nazionale russa, in una cervellotica quanto inefficace decisione della Federazione, viene assegnata a tre tecnici, che devono rappresentare le tre maggiori “scuole” delle repubbliche socialiste sovietiche: russa, ucraina e georgiana. Konstantin Beskov allenatore dello Spartak Mosca, Valeriy Lobanovsky allenatore della Dynamo Kiev e infine Nodar Akhalkatsi allenatore della Dinamo Tbilisi.
Con 4 calciatori della Dinamo Tbilisi praticamente nella formazione titolare (Chivadze, Sulakvelidze, Daraselia e Shengelia) c’era il grosso rischio (secondo la federazione russa e soprattutto secondo Lobanovsky e Beskov) di alterare troppo gli equilibri del team.
David Kipiani a questo punto è ritenuto di troppo.
Non solo, ma la sua creatività, la sua anarchia tattica e soprattutto il suo evidente carisma vengono visti dai due terzi della panchina russa come “limiti” nella struttura del gioco rigido e organizzato voluto da Beskov e soprattutto Lobanovsky. Allora si decide per la versione di comodo.
“Kipiani non ha ancora pienamente recuperato dall’infortunio del Bernabeu”.
Una menzogna, niente di più e niente di meno, a cui non crede nessuno, soprattutto chi lo ha visto in azione da marzo in avanti.
Per Kipiani la delusione è enorme.
Ne lui ne il resto della Georgia (e gran parte dell’opinione pubblica sovietica) riescono a capire questa scelta.
A questo punto Kipiani prende una decisione estrema, che lì per lì pare solo dettata dallo sconforto di essersi visto privare del sogno della carriera: lasciare il calcio. David Kipiani ha solo trent’anni.
Sono tutti convinti che sia uno sfogo temporaneo, dovuto alla delusione e alla rabbia e che rivederlo in campo sia solo questione di tempo.
Non sarà così.
David Kipiani non tornerà mai più su un campo di calcio con le scarpette ai piedi.
Neppure per la sua partita d’addio, prevista per il novembre di quel 1982 e annullata per la morte pochi giorni prima del segretario del Partito Comunista Leonid Brezhnev.
David Kipiani, figlio di due importanti medici di Tbilisi, intraprende la carriera di allenatore.
Prima la Dinamo Tbilisi a più riprese, poi la Nazionale della Georgia, una esperienza a Cipro e una in Belgio. E’ il 17 settembre del 2001.
Kipiani è stato appena contattato dalla Dinamo Mosca che lo vuole sulla sua panchina.
E’ la sua prima squadra della vecchia madre Patria fuori dai confini della Georgia e soprattutto è uno dei team più importanti del Paese.
Kipiani sale sulla sua auto per andare all’aeroporto di Tbilisi con destinazione Mosca per discutere dell’offerta.
Il fato, però ha deciso diversamente.
Perderà la vita schiantandosi a forte velocità contro un albero al bordo della strada.
Ma la morte non sarà colpa della sua imperizia al volante. L’autopsia rivelerà che è stato un attacco di cuore a fargli perdere il controllo dell’auto.
La Georgia piangerà forse il suo più grande campione, quello che tutto il suo popolo sperava di vedere ai Mondiali di Spagna del 1982 … perché da queste parti sono ancora in tanti quelli convinti che “Dato” avrebbe fatto la differenza.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
E’ nella primavera del 1974 che la carriera calcistica di Kipiani subirà la svolta decisiva … e per assurdo sarà un infortunio al ginocchio che si rivelerà determinante ! Kipiani per curarsi ha il permesso di andare in Ucraina e da lì può vedere i Mondiali di calcio del 1974, cosa che sarebbe stata impossibile nel suo Paese a causa dello stretto regime politico che impediva di vedere tv estere.
E qui Kipiani si innamora dell’Olanda e del suo meraviglioso calcio. Ma soprattutto si innamora di quel numero 14 che pare essere da tutte le parti del campo e dal quale passano tutti i palloni.
“Ecco, quello è esattamente quello che voglio diventare io nella mia Dinamo” dirà Kipiani agli amici al suo ritorno in Georgia.
Come Johann Cruyff per l’Olanda. E sarà esattamente così.
David Kipiani diventerà il più grande calciatore georgiano di sempre e uno dei più grandi “playmaker” della storia del calcio … almeno per tutti quelli così fortunati da averlo visto in azione.
Il suo primo titolo conquistato con la Dinamo Tbilisi fu la Coppa nazionale del 1976. A quei tempi Kipiani era già arretrato in cabina di regia ma curiosamente il suo gol fu un classico gol da centravanti; grande stacco e colpo di testa all’angolino.
Non male per uno che aveva sempre affermato che “non mi piace colpire troppo spesso la palla di testa. Può danneggiare il cervello e a me il cervello in campo serve parecchio !”.
Nel 1977 la Dinamo Tbilisi affronta l’Inter di Milano in una partita di Coppa UEFA. Mancano poco più di 10 minuti alla fine. David Kipiani ruba la palla a Giacinto Facchetti e poi si invola verso la porta. Entra in area e lascia partire un destro forte e rasoterra che batte il portiere nerazzurro Bordon. Sarà il gol decisivo della contesa. A Facchetti viene chiesto il motivo di tanta passività per di più in un periodo dove il “fallo da ultimo uomo” ancora non veniva punito come oggi. “Non me le sono sentita di fare fallo su un giocatore così meraviglioso” fu la risposta del grande Giacinto Facchetti.
Infine, questa la definizione data a Kipiani da Tengiz Packhoria, il più celebre giornalista sportivo georgiano.
“Kipiani ha elevato il calcio da sport ad arte. La gente impazziva per lui. Conosco persone che andavano allo stadio solo per vedere giocare lui … e “Dato” li rendeva felici perché era differente da qualsiasi altro calciatore”.