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    Kempes, il guerriero dal cuore d'oro che non strinse la mano a Videla

    Kempes, il guerriero dal cuore d'oro che non strinse la mano a Videla

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    E’ il 1971. Mario ha 17 anni, gioca nelle giovanili della sua squadretta locale, il Talleres de Belle Ville. Guadagna qualche pesos come apprendista in una carpenteria ma il suo sogno è il calcio. Dicono che sia bravo, molto bravo. Il suo capo alla carpenteria conosce qualche dirigente dell’Instituto Cordoba, squadra professionistica. Un giorno viene a sapere che all’Instituto fanno un provino per ragazzi della sua età. Prende un autobus, si fa tre ore di strada e si presenta al provino. Il tecnico dell’Instituto che gestisce il provino chiede ai ragazzi di presentarsi. Nome e provenienza. “Carlos Aguilera e sono di Bell Ville”. “Bell Ville ?” chiede il tecnico ? “Conosci per caso un certo Mario Kempes che vive proprio lì ? Al suo Club pensano sia un fenomeno e vogliono una cifra assurda per lui”. “No, non lo conosco risponde Mario. Carlos Aguilera scende in campo, segna due gol in un quarto d’ora. Dopo pochi giorni e altri gol in un torneo locale gli viene offerto un contratto. Mario Kempes alias Carlos Aguilera inizia così la sua carriera professionistica.

    L’umiltà è sempre stata prerogativa assoluta di questo ragazzone. Non voleva che la fama lo precedesse. Voleva far vedere cosa sapeva fare senza vantaggi o idee preconcette. Lui che lascerà la maglia numero 10 ai Mondiali di Spagna ad un ragazzino di 21 anni, molto meno umile e modesto di lui. Lui che porterà l’Argentina sul tetto del Mondo nel 1978 con 6 gol nelle ultime 3 partite. Lui che quando gli intitolarono uno stadio (Il Chateau Carreras di Cordoba dal 2010 si chiama “Estadio Mario Kempes) dirà che una targa all’entrata sarebbe stata sufficiente ! Lui che non volle stringerà la mano a Videla, lui che quando alcuni compagni lo ripresero per la sfrontatezza e per quel gesto pericoloso risponderà

    “Quell’assassino può uccidere tutti i ragazzini, i dissidenti e i padri di famiglia che vuole, senza che nessuno faccia niente. Ma il capocannoniere dei Mondiali è troppo vigliacco per toccarlo”.

    Il padre di Mario Kempes è tedesco. Si trasferisce in Argentina al termine della 2° guerra mondiale. Si chiama Mario Quemp. All’anagrafe, quando arriva in Argentina, gli propongono Mario “Kempes”. Gli piace. Sposa una ragazza di origine italiana Teresa Chiodi e nel 1954, in luglio, nasce Mario Kempes. Il padre gioca a calcio e Mario da sempre respira “cancha”, spogliatoi e partite.

    Con l’Instituto fa il suo esordio nel 1973 contro il Newell’s Old Boys. Quattro giorni dopo segna il suo primo gol ufficiale. Lo fa contro una delle grandi del calcio argentino, il River Plate. Con l’Instituto gioca la miseria di 14 partite, segnando 11 reti. E’ troppo forte per quella squadra. Il Rosario Central lo vuole a tutti i costi. Verrà offerto anche al Boca Juniors ma l’ineffabile Armando (“l’amico” di Alberto Tarantini) dirà “giocatori come Kempes ce ne sono almeno 100 in Argentina. Io tutti quei soldi per lui non li spendo”.

    Al Rosario Central è da subito devastante. Gioca punta centrale, pur amando partire da lontano. La sua potenza è devastante. Quando parte palla al piede “travolge” letteralmente gli avversari come uno Tsunami … se poi riesce a “liberare” il suo portentoso sinistro allora sono davvero dolori. Gioca talmente bene che il Selezionatore della Nazionale Argentina Vladislao Cap non ci pensa due volte e lo convoca per i Mondiali. Mario non ha ancora 20 anni. Il potenziale è evidente a tutti ma non gioca il Mondiale che tutti si aspettavano. Rientra in Argentina e nel Nacional di quell’anno segna 25 gol in 25 partite.

    Al Rosario Central finirà la sua carriera con uno score pazzesco; segna 97 gol in 123 partite ! Nell’estate del 1976 arriva la chiamata dall’Europa; è il Valencia, squadra di primo piano della Liga dove Mario giocherà ben 8 stagioni, lasciando un ricordo indelebile nei tifosi dei bianchi valenciani con i quali conquista una Coppa di Spagna e soprattutto la Coppa delle Coppe nel 1980, vincendo in finale ai calci di rigore contro l’Arsenal (anche se proprio Mario fu l’unico giocatore del Valencia a sbagliare il rigore)


    Gioca da assoluto protagonista i mondiali di Argentina dove si distingue già in partenza; è infatti l’unico giocatore tra i 22 di Menotti che giochi all’estero. L’avvio è tutt’altro che esaltante; Mario stenta ad ingranare. All’inizio parte da ala sinistra in un 4-3-3 che prevedeva Luque al centro e René “El Loco” Houseman a destra. Poi l’infortunio di Luque lo riporta al centro dell’attacco. La nuova posizione gli fa trovare il gol contro la Polonia. Luque rientra contro il Perù (nella famosissima partita-scandalo) ma a questo punto Menotti indovina la mossa decisiva; Mario gioca come seconda punta appena dietro Luque, rimanendo così in posizione centrale ma potendo muoversi su tutto il fronte d’attacco e soprattutto partire da lontano, ideale per poter sfruttare al massimo la sua devastante progressione.

    In finale è l’assoluto protagonista con la doppietta decisiva. Potenza e astuzia in un connubio perfetto.

    Anche ai Mondiali 1982 sarà titolare della Nazionale di Menotti, ma troppi galli nello stesso pollaio e soprattutto troppi giocatori offensivi in una nazionale biancoceleste con un potenziale enorme, forse ancora maggiore di quello di 4 anni prima, ma poco equilibrata.

    Non segnerà neppure un gol, mostrando solo a sprazzi la sua classe e potenza. Però con le 5 presenze in questo Mondiale arriverà ad essere, a pari merito con Maradona, il calciatore argentino che più di tutti ha giocato ai Mondiali di calcio; ben 18 presenze.

    Nel 1981 il River Plate farà follie per poterselo accaparrare. Gioca due stagioni con i Millionarios … discrete ma nulla più. E quando il peso economico dell’affare diventa insormontabile c’è il ritorno all’amato Valencia ma Mario non tornerà mai più ai suoi livelli abituali, pur non avendo ancora 30 anni.


    Kempes proprio tra il 1976 e il 1980 toccherà i vertici della sua carriera. E se è vero che già a 28-29 anni non era più lo stesso giocatore di pochi anni prima è altrettanto vero che la sua sarà una delle carriere più longeve del calcio. Il suo amore per il calcio e la sua umiltà lo hanno visto calcare i campi di campionati come quello austriaco (con addirittura un paio di stagioni nella serie B di quel paese) per poi concludere la sua carriera calcistica (dopo un breve passaggio in Cile) addirittura in Indonesia, come allenatore-giocatore a 42 anni suonati !

    L’amore per il calcio non lo abbandonerà mai. Farà l’allenatore nei posti più impensati, Indonesia, Albania, Bolivia, Venezuela e perfino Italia quando un arrembante e altrettanto poco lungimirante imprenditore lombardo gli dà l’incarico di “Mister” del Fiorenzuola, squadra piacentina che milita in serie C2. La squadra, ricca di giocatori argentini e uruguaiani, ha ambizioni importanti. Ma il progetto abortisce ancor prima di nascere. Da questa tragicomica avventura si ispirerà pochi anni dopo “Sogni di cuoio”, film che racconterà di questa emblematica farsa del mondo del pallone. Kempes si trasferisce nel sud, a Casarano, dove occupa il posto di allenatore per poco più di un mese. Torna in Argentina ma dopo poco decide che la panchina non fa per lui. Diventa commentatore per la ESPN Sudamerica di calcio dove si fa notare per la competenza e lo stile sobrio ed equilibrato.

    Qualche anno fa Mario Kempes ha attraversato  il periodo più difficile della sua vita. A settembre del 2014 gli riscontrano gravi problemi cardiaci e viene ricoverato e operato d’urgenza negli Stati Uniti. Il periodo più critico sembra passato, ma i 6 by-pass che gli sono stati applicati limiteranno per sempre la sua vita. Pochi mesi dopo viene pubblicata la sua biografia, “El Matador”, scritta da Federico Chaine.
    Di lui, oltre alle cifre, (347 reti in 634 partite) rimarranno l’orgoglio e l’onestà, oltre al ricordo di un giocatore dalla potenza fisica impressionante, dalla capacità di controllo del pallone in velocità come pochi nella storia del calcio … ma soprattutto l’umiltà e la correttezza di un calciatore che in carriera non si è mai visto sventolare nessun cartellino di qualsiasi colore davanti al naso.
    E anche questo non è un record da poco.


    ANEDDOTI E CURIOSITA’
    I più popolari aneddoti riguardano il look di Kempes. Da sempre “capellone”, da sempre un po’ trasandato e ribelle, al punto da presentarsi alla sua prima importante apparizione televisiva con una semplicissima felpa con stampati sopra tutti i personaggi di “Star Wars” !

    Durante i mondiali del 1978 Mario gioca le prime partite con i soliti capelli lunghi ed una barba fluente. Il gol non arriva. Allora Menotti gli dice “Mario, ti ho visto segnare tanti gol in Spagna ma non ti ho mai visto con barba e baffi. Perché non li tagli ?” Kempes, prima della partita con l’Italia, decide di compiere metà dell’operazione; via la barba. Le cose non cambiano, Kempes non segna e addirittura l’Argentina perde contro gli azzurri. Menotti ci riprova “Dai Mario, togli anche quegli (obiettivamente !) inguardabili baffi !”. Il match successivo è contro la Polonia. Mario segna due gol (uno addirittura di testa, tutt’altro che il suo punto forte) e non si fermerà più.


    Nell’ottobre del 2001, mentre Kempes è a Fiorenzuola nel tentativo (ahimè abortito) di creare una filiale sudamericana nella provincia piacentina, Passarella è l’allenatore del Parma. Ci sono 40 km a dividerli. Mario chiama Passarella ma “El Caudillo” non si farà mai trovare. Troppo diversi per poter dimenticare che 23 anni prima capitan Passarella è il primo a stringere la mano a Videla e ai suoi colonnelli … Mario l’unico a non stringerla mai.

    Finale della Coppa delle Coppe 1980. Arsenal e Valencia sono sullo 0 a 0 anche dopo i supplementari. Si va ai calci di rigore. Il grande Alfredo Di Stefano è il manager dei bianchi spagnoli. “Ragazzi, i rigori li tira chi se la sente e nell’ordine che deciderete voi. L’unica cosa che voglio è che sia Kempes a tirare il primo. Almeno quello ho la certezza che lo realizziamo”. Kempes tira il primo rigore, Jennings, il grande portiere dei Gunners, lo para. Dopo quel rigore andranno al tiro ben 5 giocatori del Valencia. Faranno tutti gol e il Valencia vincerà la coppa delle coppe.

    Per i ragazzini sudamericani che non avessero mai visto Kempes in azione la sua voce quantomeno è conosciutissima visto che Mario Kempes è il commentatore ufficiale del gioco per PC FIFA dal 2013 !

    “Devo molto di più io all’Argentina che l’Argentina a me. Mettere addosso quella maglia per me rappresenta il massimo della mia carriera di calciatore. Penso più spesso a quello che NON ho fatto nei Mondiali del 1974 e del 1982 che a quello che HO fatto nei Mondiali del 1978.”

    Dopo il Valencia in Spagna arriva un’altra offerta per rimanere nella Penisola; quella del piccolo Hercules. Mario ha 30 anni, siamo nel 1984 ma la parabola discendente è già iniziata. Gioca una stagione tribolatissima, tra infortuni e cali di forma. Segna un solo gol in 17 partite … ma è quello decisivo che regala la salvezza dell’Hercules, che vince 1 a 0 nientemeno che al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid.

    E’ il 1981. Kempes è tornato in Argentina per giocare nelle file del River. Nasce la sua prima figlia. Mario la chiama Natasha. Il regime glielo impedisce. “Ci spiace ma è un nome russo. Non si può.” Mario chiamerà la sua primogenita Magali. Più in là negli anni arriverà un’altra bimba e stavolta non ci sono restrizioni. Si chiamare Natasha.

    Mentre svolgeva il servizio militare Kempes giocava nel Rosario Central. Aveva già la sua folta chioma ma un sergente particolarmente scrupoloso gli impone di tagliarli completamente a zero. Kempes li per li non capisce questo accanimento … lo scoprirà finito il servizio militare. Quel sergente era uno dei capi della tifoseria del Newell’s, i rivali concittadini del Rosario Central !
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