Kakà, il 'bambino d'oro' con il Milan nel destino è diventato grande. E il futuro può essere ancora rossonero
Il suo arrivo, come quello di una cometa che passa dalla Terra una volta ogni secolo, aveva lasciato tutti a bocca aperta: chi non si capacitava di come quel professorino, figlio di un ingegnere e di una insegnante di matematica, potesse essere decisivo per le sorti del Milan. Chi, prendendo spunto dal cognome, non si evitò battute di scarsa ironia poi ampiamente ripagate sul campo. Chi ne evidenziava le differenze con gli altri grandi brasiliani, tutti paillettes e lustrini, arrivati nel nostro paese.
Atleta di Dio e uomo dai sani principi, stupì persino Carlo Ancelotti, che domandò ai suoi fedelissimi: "Ma chi abbiamo preso?". Poi la palla, il campo da gioco, le scarpette e tutti i dubbi furono dissipati, come da un colpo di spugna. Billy Costacurta, suo ex compagno ai tempi e mai troppo prodigo di complimenti, ne ricorda ancora l'esordio contro l'Ancona: "Capimmo subito che era arrivato un marziano".
Un extraterrestre dai modi gentili che si trasformava non appena metteva i piedi sul terreno di gioco: un fulmine dotato di tecnica cristallina, un trequartista moderno in grado di segnare come un attaccante. Il resto è storia ed è inutile scomodarla: col Milan in sei stagioni vince un campionato, due Supercoppe europee, una Supercoppa italiana, una Champions League da assoluto protagonista, un Mondiale per club e, dulcis in fundo, il Pallone d'Oro. Quello che succede dopo nella sua carriera, il periodo al Real Madrid, è solo la stanca appendice di un'epoca meravigliosa vissuta sotto la Madonnina, come tra l'altro capitato anche ad alcuni ex connazionali che non hanno mai ritrovato lo smalto dei tempi milanesi, da Thiago Silva a Pato.
Madonnina dove decide di tornare, da giocatore diverso in una squadra diversa, per aiutare il Milan a raggiungere la Champions League, da capitano. Uno dei pochi "amori che non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano" degno di essere raccontato, nelle favole ai nipotini, della storia rossonera. Il cuore di Kakà è rimasto a Milano.
Le diapositive che scaldano il cuore ai tifosi del Diavolo legate al "bambino d'oro con lo smoking bianco", fortunato soprannome che gli fu assegnato dal nostro Carlo Pellegatti, sono due, una di mercato e una di campo, senza dimenticare le perle nei derby e nelle partite contro la Juve: quando nel gennaio del 2009 l'allora presidente Silvio Berlusconi chiamò in diretta "Il processo di Biscardi" per comunicare che non l'avrebbe ceduto al Manchester City, suscitando il giubilo di tutti i tifosi rossoneri del mondo, ma soprattutto il 24 aprile 2007, quando il fuoriclasse brasiliano fu grande protagonista al Teatro dei sogni di Old Trafford, nel match vinto dai Red Devils per 3-2 ma poi ribaltato nella semifinale di ritorno a San Siro con la "partita perfetta", mettendo a segno due gol splendidi, di cui uno, quello col colpo di testa a beffare i difensori inglesi che si scontrano, è rimasto negli annali della Champions e negli occhi di tutti coloro che amano il calcio.
Oggi Kakà compie 38 anni, ma sogna ancora il Milan: "La voglia di tornare è tanta, ma il tempo non è ancora quello giusto. Mi piacerebbe lavorare con Maldini, aiutare il club, imparare soprattutto". Il tempo giusto arriverà: come quando illuminava San Siro e 80mila persone festanti cantavano all'unisono: "Siam venuti fin qua, siam venuti fin qua, per vedere segnare Kakà".
@AleDigio89

Il bimbo d'oro


Con Seedorf e la Champions
Non si vende Kakà


Doppietta al Teatro dei Sogni
Con Nesta in conferenza


Il ritorno a Milano

San Siro, unico grande amore

Inarrestabile

In un derby contro Zanetti

Ancora Milan

100 volte Milan

'Siam venuti fin qua...'
Premiato da Galliani


La preghiera dopo il gol
Con Pato


Capitano
A Casa Milan


Primo gol nel derby
Amore eterno
