Calciomercato.com

  • 'Juventus FC 1897. Le storie': un film leggendario sulla squadra più amata e più odiata d'Italia

    'Juventus FC 1897. Le storie': un film leggendario sulla squadra più amata e più odiata d'Italia

    • Saporoso Matteucci de Nobili
    Dio mio! Un altro libro sulla Juventus! La più amata e odiata d’Italia, quindi, sai quante ne puoi dire, ma soprattutto quante ne sono state dette e scritte. Ce n’era proprio bisogno? No, non ce n’era bisogno. Però poi l’ho visto. L’ho preso in mano, l’ho annusato come si fa con tutti i libri (un recondito antidoto all’ inodore era digitale): profumo di muschio inchiostrato più che di colla, carta lucida, una copertina quasi d’antan con bambini e ragazzi in bianconero sopra una panchina, che guardano la sagoma della Mole e, sullo sfondo, le Alpi. Nel retro: i trofei, uno scudetto tricolore col numero 38 e la scritta “sul campo” con una frase: “Cos’ha fatto ieri la Juve? Tu pretendi di fare la rivoluzione senza sapere i risultati?” dice un Palmiro Togliatti nervoso a un Pietro Secchia disinformato.

    Ma cosa è questo “Juventus FC 1897. Le storie” (Hoepli Editore)? Scritto da quattro amici, Massimo Bocchiola, Andrea De Benedetti, Corrado Del Bo, Davide Ferrari, professioni, interessi diversi (scrittore e traduttore il primo e via, via: insegnante, saggista; professore di Filosofia del diritto; attore, regista, autore) uniti da una sola passione: la Juventus. Passione? Forse sarebbe meglio dire: ossessione. Ma un’ossessione che sa essere anche leggiadra, divertita oltre che dolorosa (Scirea e l’Heysel su tutto). E così è venuto fuori quest’oggetto che, sì, è un libro, ma è anche una giostra, un mappamondo, un caleidoscopio, una lanterna magica, capace di proiettare passato e presente, presentimento e certezza, accoramento e gioia, che navigano, spediti, pagina dopo pagina. Una specie di abbecedario deamicisiano. Sabaudo nella precisione delle date, dei fatti, dei nomi massimi e minimi; epico nelle testimonianze; magistrale nella misura dei ritratti, stagliati sul rullo del calcio italiano.

    Storie nella storia. Leggende, partite e uomini Si tratti di Boniperti, Rosetta, Nicolè, Combi, Platini, Del Piero, Zidane… Quello che accende la luce sotto la Mole, adorato dall’Avvocato, dai compagni, dagli allenatori (“il più grande giocatore che abbia mai allenato”, Carlo Ancelotti) e dentro di sé ancora un po’ bambino nelle strade di Marsiglia, che alla fine, con quella testata a Berlino “ci costrinse a parteggiare per quello scarpone di Materazzi”. Oppure Farsopoli/Moggiopoli raccontata col distacco partecipe d’un cronista sofferente, ma preciso, rispettoso e ancora ferito, che non può esimersi dal riportare la seconda e spesso accantonata parte della vicenda: “Pertanto, a giudizio di questo Ufficio (quello dello Procuratore federale Palazzi, che scrive. N.d.R.) le condotte sopra descritte ed emergenti dalle conversazioni telefoniche prese in esame, ascrivibili a Bergamo, Pairetto, Mazzei e Facchetti integrano evidentemente la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza sanciti dall’art. 1 comma 1CGS. (…) Esse costituiscono un gravissimo attentato ai valori di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale nel suo complesso.” La storia è nota, riguarda Facchetti e l’Inter e si sa come andò a finire: a tarallucci e “prescrizione”. Ma ricordarla può servire a chi coltiva una sola memoria.

    Basterebbe offrire un saggio dei vari capitoli, dei bellissimi titoli, indicativi e suggestivi, (“I ragazzi che cominciarono l’impresa”, “Fiat Juve!”, “I tre danesi”, “Pietro ‘u Turcu, il Barone e altre stelle del Sud”, “Un Dio coi piedi per terra. Teografia di Alessandro Del Piero”, “CR7: oltre ogni limite”…) per suggerire un percorso di lettura. E procedere a caso come si pesca un cioccolatino, linearmente o come con un calendario, un cannocchiale retrattile che all’ improvviso “zooma” su un particolare indimenticabile: “quella rete là: Penna Bianca Ravanelli (…) . E’ il 22 maggio 1996, si gioca a Roma”. Oppure su un tratto prodigiosamente evocato da calzanti citazioni: “Come al solito entrava al tramonto nell’animo di Boniek, una specie di poetica animazione. Era l’ora delle speranze”. La frase si trova nel “Deserto dei Tartari” di Buzzati ed è riferita al protagonista (il tenente Drogo) ma si attaglia perfettamente al giocatore polacco, “bello di notte” per antonomasia.

    C’è molto, c’è tanto in questi Annali della Juventus e della juventinità: i fatti e i sogni, realizzati e sfumati, gli innalzamenti e le cadute, le polveri e gli altari, Platini e Longobucco…E c’è un bel racconto con una bellissima poesia di Sandro Veronesi (da cui nasce qualcosa di più d’una sensazione: essere la Juve anche una squadra degli apolidi, dei diseredati), una lunga intervista a Zoff dalla quale emergono i tratti della sua virile malinconia, ma c’è soprattutto una scrittura allegra, fulminea, compatta, irresistibile. Come la Juve, sempre o quasi.

    Altre Notizie