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    Juve: Agnelli in pressing su Coni e Governo contro Tavecchio

    Juve: Agnelli in pressing su Coni e Governo contro Tavecchio

    Tre incontri. Malagò, Pallotta, Tavecchio. In ordine cronologico. Ma forse la vera notizia sta nel quarto, quello che manca ancora e che è in programma per domani, quando Andrea Agnelli vedrà Graziano Delrio. Anche perché se per i tre incroci di ieri si può parlare di «visite di cortesia», nate dall’impegno della Juve all’Olimpico, il confronto con il sottosegretario vigilante sullo sport avrà un contesto diverso. Nessun desiderio di chiedere al Governo di scegliere l’Opposizione nella geografia del calcio italiano. Ma probabilmente un modo per condividere alcune forti preoccupazioni sul futuro del pallone, preso a schiaffi dal caso Parma e dal Lotito gate, e confrontarsi su quale strategia scegliere per provare a modificarne la governance: se morbida o traumatica, se provando a introdurre un commissario per le riforme o cercando un nuovo scontro, magari sfruttando gli strascichi giuridici del caso Lotito-Iodice. 

    IL DISGELO - La «campagna» di Agnelli è cominciata con Malagò, un «caffè e una discussione sui temi dell’attualità», secondo le parole del presidente del Coni. Che però ha tenuto a sottolineare la mezz’ora di colloquio al Foro Italico. E ad annunciare che nel pomeriggio il numero uno juventino avrebbe visto Carlo Tavecchio. Un faccia a faccia lungo almeno tre volte. Con i rispettivi staff ad accreditare la tesi di un disgelo fatto anche di battute sull’«interismo» di Tavecchio, ma anche sui suoi parenti juventini. Ma si fa fatica a credere a un’ora e mezza scivolata via fra le risate. Anche perché fra riforma dei campionati e strapotere di Lotito, di argomenti da discutere ce n’erano in quantità. Senza dimenticare l’ombra della richiesta di maxi-risarcimento firmata dalla Juve per Calciopoli. Argomento che però, almeno nelle versioni ufficiali, non è stato affrontato. 

    IL PASTICCIACCIO - Il problema è che parallelamente agli incontri di Agnelli, fra i palazzi più noti dello sport italiano si aprivano altri capitoli dell’ormai notissimo pasticciaccio della clausola, cioè la vicenda della deroga (concessa, in 48 ore) a Claudio Lotito per denunciare Pino Iodice, dopo che analoga richiesta (negata, dopo diverse settimane) era stata formulata da Marotta, proprio per l’offesa ricevuta dal presidente della Lazio. Un argomento che Giovanni Malagò non ha evitato di affrontare, con una provocazione («Il consenso di Lotito? Faccia il presidente di Lega se ne ha così tanto...») e un ragionamento: «Stiamo verificando se ci sono stati due pesi e due misure, o cinquanta pesi e cinquanta misure. Sarebbe inaccettabile se fosse stato così». Quello «stiamo verificando» si presta a diverse interpretazioni. Prima di tutto, quella politica: sta a significare che di fronte a una violazione, il Coni — e il Governo — non potrebbero far finta di niente. Ma forse anche un po’ giuridico-sportivo, visto che il super procuratore Cataldi potrebbe partecipare in qualche modo alla «verifica» su norme e fonti giuridiche della famosa deroga. Al Coni aspettano che Pino Iodice presenti l’esposto-denuncia contro Lotito e Tavecchio, mossa che dovrebbe consentire a Cataldi di verificare con il procuratore Figc Palazzi se il comportamento del presidente federale — che in due giorni, e senza interpellare né la commissione consultiva, né il Consiglio, ha autorizzato il presidente della Lazio — abbia affettivamente rispettato lo statuto e seguito la prassi abituale. 

    LE DOMANDE - Lotito doveva essere autorizzato, o, come sostengono lui e la Figc, poteva procedere autonomamente ravvisando nelle parole di Iodice gli estremi della «calunnia»? Ma in ogni caso, perché la Commissione, a differenza di come vuole la prassi, non è stata interpellata per esprimere almeno un parere? E infine, quali sono le «fonti» che regolano questo sì o no alla deroga che fa scavalcare la clausola? Domande che aspettano una risposta chiara. 

     

    Oggi Tommasi dal Sindaco. Spazi stretti, ma spunta una cordata. 
    Parma, lite Malagò-calcio: "Colpevoli o interveniamo". 
    «"egole totalmente sbagliate, ingiuste e inattuali. Come non si è pensato prima a cambiarle?». «Quelle regole le ha approvate pure il Coni, non sono delibere inventate». Il caso Parma fa litigare Malagò e Tavecchio, mentre il sindaco Pizzarotti prova a rimettere insieme i cocci e l’assemblea di Lega di venerdì diventa un’ultima spiaggia. 

    «INTERVERREMO NOI» - Ma lo scontro Coni-Calcio è palese. È anche una questione di vocabolario. «Campionato anomalo», dice Malagò. Mentre Beretta insiste sull’aggettivo «regolare». Il calcio fa quadrato: le norme sono state rispettate. È un atteggiamento che fa arrabbiare il presidente del Coni: «Non è accettabile che non ci sia nessuno capace di dire “in effetti è colpa mia”». Ma Malagò va oltre: «Se nessuno si prende le responsabilità, allora sarà responsabilità delle istituzioni individuare di chi è la colpa». Il tutto con una postilla significativa: «Altrimenti mi confronterò con il sottosegretario Delrio, anche ufficialmente». Come dire: Il Governo è con me. «Certe volte sembra che il mondo del calcio sia specializzato nel cercarsi guai». Ma c’è un altro sassolino che Malagò vuole togliersi: «Il calcio è stato molto attento a guardare virgole e parole della riforma della giustizia sportiva ed è strano che nessuno si sia accorto che c’erano cose che potevano consentire una situazione così difficile da spiegare». 

    «REGOLARE» - Secondo Maurizio Beretta, «Lega e Federazione non hanno responsabilità: ci sono regole, organi, controlli, decisioni successive, e sanzioni anche a stagione in corso». Morale: «Il campionato è regolare», dice il presidente della Lega a «Radio anch’io». Il contrario dell’«anomalo» di Malagò. In ogni caso, venerdì in Lega, ci sarà pure Tavecchio, mossa rischiosa, perché ancora una volta rischia di farlo apparire troppo vicino alle posizioni di chi gestisce, nei fatti, la Lega di A. «La Figc monitorerà la questione e interverrà in maniera drastica. Noi abbiamo un interesse legittimo che il Parma finisca il campionato — dice Tavecchio —. Non solo la Figc, ma credo che ce l’abbia soprattutto la Lega». Lega a cui guarda anche Damiano Tommasi, il presidente dell’Assocalciatori, che oggi sarà a Parma: «Sarà un momento importante», dice. Già, ma cosa potrà decidere l’assemblea di Lega? Al massimo, e non è affatto scontato, l’impegno a mettere a disposizione un «contributo di solidarietà» (500.000 euro a società) da utilizzare, però, solo a fallimento dichiarato. Il sindaco Pizzarotti si pone come mediatore fra Aic, Lega e Figc, ma il problema è il tempo, è come se un Tir pieno di debiti dovesse passare per un vicolo strettissimo. Su una cosa sono tutti d’accordo: basta con Manenti (che ora dice perfino «Sono disposto a vendere...»). Ma non è così facile. E prima del 19 marzo, momento in cui potrebbe essere il Tribunale a decretare il fallimento, ci sono altre due partite. 

    STADIO, STEWARD, CORDATE - C’è un problema stadio. Ieri è arrivata un’offerta del sindaco di Piacenza per l’uso del «Garilli». Si è pure parlato di Reggio Emilia. E c’è l’ipotesi di una «agenzia esterna» (ne parla Pizzarotti) che potrebbe gestire temporaneamente lo stadio e pagare gli steward. Il problema, però, non si risolve con qualche decine di migliaia di euro né nelle 24 ore tra l’assemblea di Lega e la partita con l’Atalanta. É il discorso che fanno i giocatori: bisogna ritrovare una prospettiva, morto un Parma se ne deve fare subito un altro. E sulla «prospettiva» lavora lo stesso Pizzarotti. Provando a mettere insieme cordate di salvataggio. Ieri Alessandro Nuccilli, imprenditore nell’edilizia e nelle pulizie, si è riproposto. Ma il consorzio più credibile farebbe capo a Massimo Zanetti, mister Segafredo. I giorni sono però pochi, gli spazi ristretti. Si accettano miracoli, direbbe il titolo di un film. Ma qui c’è poco da scherzare. 
     


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