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    Juve-Sarri, senza scudetto sarà addio: la vendetta di Agnelli si chiama Allegri

    Juve-Sarri, senza scudetto sarà addio: la vendetta di Agnelli si chiama Allegri

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    La solitudine nella quale è stato lasciato Maurizio Sarri non solo è disidicevole, ma poco o per nulla si addice ad una società come la Juventus.

    Ormai tutti sanno, perché il club lo ha fatto trapelare o non ha saputo (voluto) silenziarlo, che Sarri deve vincere lo scudetto a tutti i costi se non vuole salutare dopo appena un anno. Non solo: molti dicono che neppure questo basterà (o basterebbe) e che un’eventuale eliminazione dal Lione in Champions League, ad inizio agosto, porterebbe ad un esonero immediato. Insomma Sarri avrebbe il destino segnato, a meno che non riuscisse a cogliere un’improbabilissima doppietta.

    La ragione di tanto decisionismo risiede in Andrea Agnelli che, dopo Allegri, avrebbe voluto Guardiola, anche se era impossibile ingaggiarlo. Nedved e Paratici, allora, spinsero per il ritorno di Conte sul nome del quale, però, gravava il veto del presidente. Il compromesso partorì la scelta di Sarri, sospinto sempre dal vicepresidente e dal direttore sportivo.

    Qualcuno potrà osservare che Nedved e Paratici, proprio dopo il pareggio di Sassuolo, hanno partecipato al confronto di spogliatoio tenutosi giovedì. Un modo, si dirà, per non lasciar solo Sarri. In realtà, come ha puntualmente segnalato Mario Sconcerti, proprio su Calciomercato.com chi doveva mettersi al fianco di Sarri non erano i due dirigenti, ma la proprietà, ovvero Agnelli che, invece, se ne guarda bene.

    Primo, perché la sua decisione l’ha già presa. Secondo, perché sa che molti giocatori non sarebbero per nulla dispiaciuti della giubilazione dell’allenatore.

    A questo punto sono chiare almeno due cose: la Juve è una polveriera pronta a deflagrare al primo risultato negativo che porterebbe dritti alla crisi, mettendo in discussione lo scudetto; Agnelli ha sbagliato a scegliere Sarri puntando, almeno a livello pubblico, sulla qualità del gioco che avrebbe dovuto accompagnare i risultati.

    Ho già avuto modo di dire che del come si vince, in quella società, non è mai interessato nulla. Forse Agnelli pensava che Sarri avrebbe potuto essere un Guardiola spuntato dalla gavetta, ma il presidente bianconero non poteva certo avere la pazienza per aspettare che il trapianto riuscisse al secondo o terzo anno.

    Meno che mai erano stati scelti calciatori adatti al gioco di Sarri. La Juve ha una batteria, un po’ stagionata, di portatori di palla che corrono poco (a parte Matuidi gravato da seri problemi tecnici), che non fanno movimenti nello spazio e che sono convinti di risolvere le partite in maniera individuale. In questo l’errore più grande lo hanno commesso Nedved e Paratici che avrebbero dovuto conoscere le esigenze dell’allenatore nel momento in cui hanno fatto prevalere la loro scelta.

    Impossibile, dunque, pensare che, di fronte ad un insuccesso totale, a pagare sia il solo Sarri. La Juve sarà ancora un club rispettabile se metterà ciascuno di fronte alle proprie responsabilità. E tra queste non c’è solo l’arrivo di Sarri, ma anche le operazioni di mercato che hanno condotto all’acquisto di Ramsey e Rabiot, come minimo, due calciatori penalizzati dagli infortuni (il gallese) e da una lunghissima inattività (il francese).

    Tuttavia non penso che Agnelli si affiderà ad un’operazione “repulisti”. Sarebbe come retrocedere a più di dieci anni fa quando la Juve arrivava settima. Credo, però, che dentro di sé, covi una vendetta da servire al tavolo di Nedved e Paratici: il ritorno di Massimiliano Allegri. Strategicamente una mossa sbagliata, come tutti i ritorni, ma un modo indiretto per ridimensionare una dirigenza che, oltre ad avere rotto con il precedente allenatore, quest’anno ha sbagliato moltissimo.

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