Calciomercato.com

  • AFP/Getty Images
    Juve: Per essere allenatori ci vuole fascino

    Juve: Per essere allenatori ci vuole fascino

    All'inizio c'era solo Roberto Mancini, passato alla panchina prima dei quarant'anni, con il ciuffo ribelle e la sciarpa fashion. Bella presenza, bella eloquenza e un modo nuovo di interpretare il ruolo del tecnico. Un precursore perché oggi lo stile dell'allenatore-dandy convince e i presidenti guardano prima al fascino e poi al modulo. Soprattutto sono più disposti a perdonare le figuracce di chi sa vendersi bene.

    Non solo immagine, forse carisma e la capacità di interagire con la piazza, di sedurre i giocatori, di tener buone le curve. Il mestiere è cambiato e non è un caso che l'uomo più ricercato del momento, quello con cui la Juventus vorrebbe ripartire, sia André Villas Boas, l'ultimo della generazione giovani, carini e molto occupati. Gente che trova lavoro in fretta, corteggiati dalle società e dagli sponsor. Mourinho ha sdoganato la categoria, prima considerata poco consistente, effimera. Mancini ha combattuto per anni con la parola «raccomandato», come se il salto della gavetta fosse una colpa da espiare. Mentre lui si affrancava dagli stereotipi (e dal calcio italiano), lo Special ha dato un'accelerata al cambio di orizzonte.


    Fino a meno di dieci anni fa un allenatore doveva essere soprattutto solido, trasudare esperienza. Andavano per la maggiore quelli con aria spartana, abbonati alla tuta, silenziosi, meditavi, uomini dalla poche e sagge parole. Meglio se poco personaggi per non distrarre la squadra. Adesso è il contrario e non importa quanto diversi siano tra loro perché Mourinho e Guardiola stanno nella stessa categoria. Eleganti, raffinati, poliglotti e motivatori. I più vincenti del gruppo che comprende anche Leonardo, ancora intento a dimostrare di essere all'altezza del ruolo e ancora al suo posto proprio grazie al carattere. Uno che sa parlare e che sa trattare, bravo nelle intese, nel caricare il gruppo e nel reagire con fermezza alle peggiori batoste. Benitez non è scampato all'inverno pure per colpa della spugna tergisudore che si portava dietro (fino al palco d'onore per ricevere la medaglia nella notte della Supercoppa Europea), Leonardo ha mantenuto il posto dopo l'umiliante 5-2, patito in casa contro lo Schalke 04, soprattutto perché ha saputo portare la sconfitta con classe. L'ha allontanata all'istante, parole sul futuro, complimenti al club per una stagione che non va sottovalutata e spinta in avanti. Quel che basta per un altro mandato dove sarà costretto a concludere qualcosa di più.

    Ecco, i tecnici dandy diffidano dei loro simili proprio perché, come succedeva per quelli vecchio stampo, il portamento è solo l'involucro. Tra loro ci sono vincenti dichiarati, gente ancora sotto esame, tipologie e curriculum molto distanti, eppure resta un filo conduttore impossibile da negare.

    Per ricominciare la Juve si muove all'opposto di Del Neri e cerca un brillante portoghese, perfetto per il Porto con cui ha vinto il campionato e conquistato la finale di Europa League e Coppa nazionale e mai testato in un grande campionato. Villas Boas è un'incognita, potrebbe essere l'ultimo genio del pallone oppure no, nessuno può saperlo ma già vale i 15 milioni di euro che servono per riscattarlo. E non è per la tripletta che può portare a casa in questa stagione, è più per le tre lingue che parla (non l'italiano), per lo sguardo tenebroso e la fama da condottiero. Uno che sa spingere i giocatori al massimo e i tifosi all'estasi. Uno di cui, almeno in teoria, ci si può innamorare.


    Altre Notizie