Juve-Milan 1-7: storie di mercato, pompieri e signorilità d'altri tempi
La Juventus tenta sino all'ultimo il colpo del decennio, cercando di ingaggiare Alfredo Di Stefano ma non ci riesce. In realtà il sì del River Plate pareva cosa fatta per 45 milioni di buoni motivi, ma la saeta rubia alla fine non arriverà mai a Torino perché Gianni Agnelli non ha fatto i conti con i desiderata della moglie dell'argentino, più affascinata dalle dolcezze madrilene che dalle nebbie sabaude. Insomma, l'affare sfuma, ma l'uomo di fiducia in Sud America della Juventus, Carletto Levi, ha già pronta l'alternativa. Dal San Lorenzo alla Juventus arriva l'oriundo Rinaldo Martino, geniale interno destro e funambolico dribblomane. Con il suo ingaggio la Juventus raggiungeva il numero massimo di stranieri tesserabili. Tre. Sì, perchè se nel 1946, alla riapertura delle frontiere, si era permesso il tesseramento di due giocatori per squadra provenienti da Federazioni estere, con il 1° luglio 1949 questo numero veniva portato a tre.
Come accennato, il calcio italiano andò a fare compere nel Nord-Europa, laddove era possibile ingaggiare buoni giocatori sottocosto. Tutti gli addetti ai lavori avevano ancora negli occhi e nella mente ciò che era accaduto l'estate precedente, durante le Olimpiadi di Londra, quando la Nazionale italiana venne schiantata dai danesi, soprattutto da John Hansen, che già nel novembre del 1948 venne acquistato dalla Juventus.
Il mercato scandinavo era un mercato “facile” per le ricche società italiane. Per acquisire le prestazioni sportive dei giocatori di quei paesi, rigorosamente dilettanti, bastava un semplice premio personale commisurato alle richieste del giocatore, che in un primo momento furono assai modeste. Insomma, non c'erano liste da riscattare sborsando ingenti somme, bastava pagare, neanche tanto, il giocatore e questi era ben felice di venire a giocare in Italia sottoscrivendo – si badi bene – un contratto a termine. La sottovalutazione di quel che ciò avrebbe comportato in seguito non tardò a presentare il conto. Fatto sta che nessuno in quell'estate del 1949 ci pensa più di tanto al futuro, tutti concentrati sull'oggi. Dal nuovo eldorado scandinavo arrivano ottimi giocatori, soprattutto nell'altra grande società dell'epoca, il Milan.
A Milano il duo Trabattoni-Busini già da un paio di stagioni sta lavorando per far ritornare grande il diavolo. Agli inizi del 1949 ingaggia un pompiere svedese, nato in un paese al di là del Circolo Polare Artico. Gunnar Nordahl. Nientemeno. A dirla tutta quel pompiere lo aveva già prelazionato la Juventus, ma Agnelli lo “lascia” al Milan perchè l'anno prima la stessa Juventus aveva “scippato” ai rossoneri tal Pløger, referenziato danese, che una volta giunto a Milano pronto a firmare per i rossoneri, alla stazione viene prelevato da emissari bianconeri che gli fanno firmare subito il contratto. Il Milan non la prende molto bene e così Gianni Agnelli decide di lasciare campo libero al Milan per il pompiere Nordahl, rinunciando all'opzione. Cavallerie d'altri tempi. Come racconta Stefano Bedeschi la carriera di Nordahl ha una costante, decisiva soprattutto agli inizi. Quella costante è un allenatore, l'ungherese Lajos Czeizler che allena il Nörrkoeping e che vuole subito il giovane svedese. Per convincerlo ad intraprendere la carriera da calciatore – seppur dilettante – la società gli offre un posto di lavoro come pompiere. Non solo. Czeizler nel 1948 fa parte anche della commissione che guida la nazionale svedese alla conquista dell'oro alle Olimpiadi di Londra, dove Nordahl si mette in vetrina.
In estate la campagna acquisti dei rossoneri diventa sontuosa. Il Milan ingaggia Czeizler come tecnico e altri due scandinavi destinati a rimanere per sempre nella storia del club. Sempre dal Nörrkoeping arriva Nils Liedholm e dal IFK Goteborg Gunnar Gren. Nasce in quell'estate del 1949 il famoso Gre-No-Li, il trio delle meraviglie rossonere che già da quel primo campionato 1949/50 trasformerà il Milan in una impressionante macchina fabbrica reti: saranno 118 alla fine del campionato e di quelle ben 71 le avranno messe a segno proprio i tre formidabili scandinavi. Purtroppo per il Milan, però, non saranno sufficienti a vincere il tricolore, che invece ritornerà ad essere cucito sulle casacche della Juventus, così come ai rossoneri non sarà servito neppure maramaldeggiare in casa dei bianconeri in quella fredda e buia domenica del 5 febbraio 1950.
La Juventus aveva dominato la prima parte di stagione con 15 vittorie in 17 incontri, poi aveva incontrato un momento di flessione tra la fine di dicembre e gennaio. La settimana prima del match contro il Milan, che si era rifatto sotto a soli tre punti di distacco, la squadra bianconera viene portata in ritiro al caldo primaverile di Rapallo. Purtroppo per la Juventus, però, al sabato sera, di rientro a Torino, trova neve e freddo ad accoglierla. Brutto presagio. Il giorno dopo il campo del “comunale” è un pantano. La Juventus parte forte e va in vantaggio con Hansen dopo appena tredici minuti, tutto sembra già scritto, ma il dio del calcio è sceneggiatore abile. La Juventus una volta raggiunto il vantaggio si spegne e il Milan ne approfitta (foto panorama.it). Assurge a protagonista assoluto dell'incontro il pompiere svedese che segna il pareggio appena due minuti dopo. Non solo. Il Milan ci crede, la Juventus scompare dalla partita. In tre minuti, dal 23° al 25° i rossoneri segnano tre reti con il Gre-No-Lì: 1-4, capolista annichilita. Parola rifila un calcione a Nordahl e viene espulso prima ancora che finisca il primo tempo. La ripresa non modifica il copione, finirà 1-7 e Nordahl, segnerà tre reti. Che saranno 35 alla fine del torneo, record per i campionati a 20 squadre che ha resistito sino all'anno scorso, infranto dalle 38 segnature di Higuain.