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Juve, messaggio di Szczesny a Buffon: 'Se spero continui? Solo un altro anno'
Partiamo dalla pronuncia del tuo nome, che scusaci, noi italiani facciamo fatica a pronunciare.
"Io lo dico apertamente, è Szczesny la pronuncia del mio nome".
Il mondo è cambiato, la tecnologia è entrata nella vita di tutti: come la vivi tu?
"Secondo me per noi è diventato tutto più facile. Anche gli allenamenti, che abbiamo il GPS dietro che dice quando corri e quando sei stanco. E si deve dare il massimo perché l'allenatore sa tutto. E la preparazione delle partite è diventata più facile, perché posso chiedere di vedere le video analisi dei miei avversari. Quindi è cambiato tanto negli ultimi dieci anni. Essere idoli, anche nel mondo social, è una responsabilità Credo che la nostra responsabilità sia essere d'esempio in campo. Però con l'epoca dei social bisogna gestire anche questo aspetto con l'equilibrio giusto, che non è facile. L'equilibrio di una persona, di un professionista".
Come gestisci il mondo social?
"Tutto è più facile quando poi vinci, perché tutti sono felici. L'equilibrio molto importante è quello di voler essere riconosciuti come calciatori, non per la nostra vita privata. Poi ci vuole sacrificio e i risultati la domenica".
La famiglia e i social, come gestite la cosa?
"Il mio caso è un po' diverso perché mia moglie è una cantante. E lei deve essere riconosciuta come persona privata, perché più gente ti conosce più ascolti musica. Si può fare anche la canzione più bella del mondo, ma se non la conosce nessuno.... Poi ognuno fa il suo. La questione è tutta nelle scelte, nessuno fa quello che non vuole l'altro. Lei magari fa vedere di più la vita privata, durante le vacanze, io invece metto solo foto di calcio, dell'allenamento, perché voglio essere riconosciuto per quello che faccio sul campo la domenica".
C'è un allenatore che ha riconosciuto il tuo talento?
"Mio padre era un calciatore ed e stato un grande esempio. Non aveva grande talento, era tutto lavoro, quindi era un ottimo esempio da giovane. Poi io sono diventato più forte di lui e sono io un esempio".
Tuo papà è cresciuto in un mondo diverso. C'era il muro, un'altra Polonia. Ti racconta di com'era la vita?
"Io ho tanto rispetto per il lavoro che faccio. È il lavoro più bello del mondo e poi ci pagano tanto, quindi non è male. Mio padre era spesso fuori, quindi io e mio fratello eravamo sempre con la mamma, che non aveva tanti soldi, quindi abbiamo imparato il rispetto per i soldi. Ora che ne abbiamo tanti sappiamo gestirli".
Come la tecnologia ha cambiato il calcio?
"Il Var è una cosa nuova molto importante per il futuro del calcio. Va migliorata, ma è una grande novità. Aiuta i giocatori, aiuta gli arbitri, è importante. Poi ci aiutano tanto i GPS che usiamo in allenamento, perché il preparatore sa chi deve lavorare di più, chi deve recuperare. Ora siamo atleti al 100% più che mai. Anni fa giocava a livello top Gascoigne, grandissimo giocatore, ma atleta un po' meno (ride, ndr). In questa epoca qui si deve essere concentrati e fisicamente al massimo. Si deve giocare ogni tre giorni, correre 12 chilometri, io no per fortuna, ma comunque si fa palestra. Si fatica".
Extra calcio, cosa ti conquista?
"Io ho una grande passione che è fare l'interior designer. È stata una passione mia quando ho comprato la mia prima casa 10 anni fa. Ho quattro case a Londra, quattro a Bologna e ho sempre fatto tutto da solo. Io ho tanto rispetto per il lavoro che faccio. È il lavoro più bello del mondo e poi ci pagano tanto, quindi non è male."
Ognuna delle tappe della tua carriera ti ha lasciato qualcosa? Facciamo un bilancio...
"Io credo che l'esperienza di Londra sia stata la più improtante. Sono arrivato a 15 anni senza mamma, senza aiuto. Esperienza importante anche come uomo, perché sono diventato uomo velocemente. Esperienza importante, infatti Londra per me è casa. Anche perché ho tanti amici e persone che mi sono state vicine. È stata una bella esperienza. Io ero un fenomeno in Polonia, il più forte della Polonia. Poi sono arrivato all'Arsenal e ho visto 90 giocatori più forti di me. Quindi ho capito che per arrivare a un certo livello dovevo fare qualcosa in più rispetto agli altri. Quindi ho imparato l'inglese subito e sul campo ho lavorato tantissimo perché c'erano sempre cinque, poi quattro, poi tre portieri davanti. E ho capito che ero sulla strada giusta. Poi ho saputo gestire la vita e i momenti e mi hanno portato qui. Quindi ho fatto delle scelte giuste, come non festeggiare troppo da giovane. 17, 18 anni da solo a Londra... Però ho fatto le scelte giuste".
Quante lingue parli?
"Solo tre: polacco, inglese e italiano".
Primo giorno da compagno di Buffon: che significa vedere il mito?
"Incredibile. Sono arrivato qui sapendo che lui fa l'ultimo anno o gli ultimi due. E mi sono detto che era un'esperienza che poteva succedere una volta nella vita. Mi aspettavo un grandissimo portiere, ma l'uomo che è una cosa incredibile. Grande leader della squadra, grande amico per tutti. È una persona a cui tutti vogliono bene: lui aiuta tutti e tutti lo aiutano. È una persona pazzesca. Poi del livello del portiere non devo parlare, lo sappiamo tutti. Ed è una fantastica esperienza di vita e spero possa continuare ancora, ma solo un altro anno".
"Tutti contenti che Buffon rimane", conclude Szczesny.
Tra l'altro in giro si capisce che sei apprezzato da tutti.
"Non tanto ai tifosi del Tottenham".
Cosa vorresti fare una volta appese le scarpette al chiodo?
"Vorrei lavorare da casa una volta finito. noi siamo sempre in giro, quindi penso che devo a mia moglie e a mia figlia di lavorare da casa per stare con loro. Architetto e interior designer penso sarebbe il mio sogno. Mi piace lo stile classico francese, sto mettendo nella mia casa in Polonia. Piace a mia moglie".
Cosa provate a vestire questa maglia? Quando scendere in campo guardate magari le foto dei successi o dell'avvocato e sentite qualcosa di particolare?
"Ogni giorno ci capita di pensare che abbiamo una responsabilità diversa. Noi dobbiamo per forza vincere, dobbiamo vincere tutto. E per farlo dobbiamo fare più degli altri. Per noi vincere è la normalità, quindi c'è questa responsabilità da parte di tutti per fare fatica, correre e fare più degli altri. Questo credo abbia portato la Juve in tutti questi anni a vincere trofei importanti. Sei scudetti di fila è una cosa pazzesca, mai visto. Credo che il Lione l'abbia fatto soltanto. Molto importante per noi, dobbiamo fare il prossimo e poi ancora uno. Almeno dieci dobbiamo farli".