Juve: addio a Evra, dubbi su Khedira
La Juve ha i suoi tipi da Champions. Sono arrivati passata la finale con il Barcellona, sono quelli del dopo Pirlo-Tevez-Vidal. Facce da Champions: il colpo Mandzukic e l'enigma Khedira. Nella complessa strategia primavera-estatate 2015, disegnata dall'amministratore delegato Giuseppe Marotta, questi tasselli sembravano avere alcune caratteristiche fondamentali. Per prima cosa, dopo le tre illustri partenze, i neo acquisti potevano garantire la giusta esperienza europea. Quindi si trattava di ottimi affari: costavano il giusto, in alcuni casi poco, nulla, almeno escludendo il peso degli ingaggi. Marotta, da anni, è un tipo non sole competente, ma pure dotato di fantasia, questo gli va riconosciuto.
Premessa: sul Charuto le critiche estive “al Beppe” bianconero non sono mancate. I risultati, per ora, sembrano dimostrare che le mie obiezioni erano troppo severe. Non tutte, alcune. Due, almeno, sopravvivono. La prima: se uscirà dalla Champions la Juve avrà fatto peggio rispetto a una stagione fa. E pagherà non tanto il sorteggio, quanto una partenza lenta e il secondo posto nel girone di qualificazione. Farà peggio, anche se mettesse in bacheca l'ennesimo (possibile) scudetto. Seconda critica: che questo sarebbe stato un anno di transizione lo aveva detto uno dei pilastri della squadra, Bonucci. Facendo così quadrato attorno al più brillante allenatore che la Juve abbia ingaggiato negli ultimi anni. Cioè Massimiliano Allegri. Che la dirigenza bianconera abbia percepito subito il valore del tecnico non è così scontato.
Diversa è sembrata la linea iniziale scelta dalla società, dettata dalle parole del presidente Andrea Agnelli: “Qui si deve vincere, sempre”. Della “transizione” nessun cenno, amen. Bene e allora? Cosa sarebbe cambiato rispetto alle critiche della vigilia? Intanto la Juventus ha dimostrato che Dybala è un vero investimento, talento pronto subito, campione vero per il futuro. Per intenderci: nulla da spartire con l'Iturbe giallorosso e campioncini affini. Ma soprattutto, adesso, il piano di rilancio disegnato da Agnelli, Marotta e Paratici traccia una linea più definita, un orizzonte più ampio, un ambito più completo. E' una visione d'insieme, non è fatta solo dalle magie dell'attaccante argentino, ma dall'arrivo di Berardi, dalla volontà di non cedere Rugani e di gestire gli attacchi (sempre presenti) al cartellino di Pogba. E il disegno avrà prospettive grandiose con il rinnovo contrattuale di Allegri: chiacchierando con Marotta l'annuncio appare ormai imminente, almeno il Chelsea è uscito di scena, tra una decina di giorni i londinesi annunceranno che il prossimo allenatore dei Blues di Londra sarà Antonio Conte.
Ora però torniano ai tipi da Champions, quelli bianconeri. La Juve è sfavorita nei confronti del Bayern. Per passare il turno le servirà una partita perfetta. Accompagnata da 90 minuti bavaresi tremendamente storti. Ma la bella gara d'andata, la reazione dopo lo 0-2, il primo vero impegno in Champions, hanno fatto una radiografia completa all'eurovisione juventina. Rieccoci alle critiche estive, quelle del Charuto, fatte con il sigaro in bocca: la Juve, per cambiare passo in coppa, per competere con le grandi d'Europa, poteva vendere Vidal. Però doveva sostituirlo con un altro grande colpo. Doveva aggiudicarsi un campione strappato alla concorrenza di Barça, Real, City, Bayern, Arsenal e via discorrendo. Non lo ha fatto, ha deciso di investire, ma non di cambiare passo, non subito.
Un'eccezione è stata fatta per Mandzukic. Era lui la prima punta scelta per il dopo Tevez. Scelta inseguita con forza, mai davvero alternativa a Dzeko (poi romanista) e obiettivo centrato: superati i guai fisici di inizio stagione, è stata soprattutto la gara contro il Bayern Monaco a mettere in luce quanto il croato fosse importante per la transizione bianconera. Mario è arrivato dall'Atletico Madrid, è un top-calciatore, nulla da dire. Lui è un campione, gli altri due lo erano. Almeno questo ha raccontato l'ultima notte di Champions. Gli altri due, le altre facce da Champions.
Dal Real non è arrivato Isco, ma Khedira a costo zero, per esempio. “Speriamo non si rompa”, avevano confidato gli uomini mercato di Torino. Lo dicevano a chi si complimentava per l'affare fatto senza spendere un euro, almeno per il cartellino. Khedira si è rotto, già tre volte. E un inevitabile quanto difficile recupero lo ha costretto ad essere uno dei più opachi protagonisti della gara contro il Bayern. Per lui quattro anni di contratto a 4,5 milioni netti stagione, queste le condizioni accettate per concludere l'operazione. L'ex campione del mondo (29 anni ad aprile) ha l'età giusta per strappare un ingaggio del genere. Ora però il dubbio si fa più insistente: possibile che il Real lo abbia lasciato partire per la sua “cagionevole” condizione fisica. Possibile, probabile. E qui, adesso, anche dopo Juve-Bayern, spunta l'enigma: Khedira alla fine sarà un buon investimento. O invece diventerà una “patata bollente”, difficile da maneggiare con un contratto tanto impegnativo? L'enigma resta, il dubbio cresce. Come le possibilità che all'Allianz Arena di Monaco uno tra Sturaro e Asamoah prenda il posto di Khedira.
Poi c'è il capitolo Evra, ha altri numeri. E' arrivato una stagione prima, ha giocato la finale di Berlino, ha qualche anno in più d'età e qualche anno in meno di contratto. L'ultima prestazione del difensore francese è stata pessima, semplicemente. Difficile che Allegri lo preferisca ancora ad Alex Sandro. Difficile che il suo contratto a giugno venga rinnovato. Storie da Champions, verso Bayern-Juve, aspettando la notte della verità.