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    Juve, il caso Agnelli: per la stampa italiana il... Fatto non esiste

    Juve, il caso Agnelli: per la stampa italiana il... Fatto non esiste

    • Marco Bernardini
    In questi giorni abbiamo avuto soltanto un paio di possibilità per essere informati su quel che sta accadendo tra le pieghe di questa nostra società imperfetta. Per conoscere o anche semplicemente per farsi un’opinione su quello che verrà battezzato lo "Juventusgate” occorreva e occorre essere lettori de “Il Fatto Quotidiano” oppure vivere in un altro Paese.

    In caso contrario nessuno sarebbe al corrente della nuova e delicatissima situazione nella quale è venuta a trovarsi la società bianconera i cui vertici sono indagati dalla Procure sportiva per, al momento, presunte collusioni con orribili personaggi di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Su ciò che accadrà o che potrebbe succedere, visto che la macchina della giustizia è ormai in pieno movimento a da qualche parte dovrà pur arrivare, non è possibile e neppure corretto esprimere pareri di alcun tipo.

    Nessuno possiede la palla di vetro dove leggere il futuro e le pure illazioni sono nemiche della verità. Personalmente sono convinto che la brutta vicenda, una volta setacciata a dovere, finirà per lasciare allo scoperto non solo la Juventus e che anche altri “padroni del calcio” dovranno chiarire quali e quanti sono stati e sono ancora i loro rapporti di simbiosi mutualistica (per la desolante serie “io ultras non faccio casino, ma tu società mi permetti di lucrare sui biglietti e non solo su quelli”) tra loro e quelle frange di delinquenti travestiti da tifosi che fanno capo alla malavita organizzata. Ma questo è un altro discorso.

    Ciò che, invece, trovo indecente e vergognoso è l’atteggiamento fin qui tenuto rispetto alla vicenda dalla grande stampa italiana la quale, proprio come le classiche tre scimmiette “Non vedo, non sento, non parlo”, ha manifestamente e volutamente ignorato la cronaca dell’inchiesta aperta e portata avanti da “Il Fatto Quotidiano” e subito ripresa da autorevoli quotidiani stranieri come “New York Times”, “Daily Mirror”, “Le Monde”. Neppure le televisioni si sono incuriosite più di tanto.

    In compenso, lo  dico come direttore de “il bianconero.com” e notista di “Calciomercato.com”, nel nostro piccolo e con il cuore di sportivi addolorato abbiamo cercato di esercitare al meglio e con onestà intellettuale il nostro dovere di professionisti al servizio della gente. In una frase molto semplice: abbiamo riferito, senza giudicare in maniera manichea, quel che sta accadendo in un certo spazio oscuro di un certo calcio. Perché se è vero che ciascun cittadino ha il diritto di sapere che, per esempio, l’intero business del mercato ortofrutticolo di Milano era gestito dal boss della ‘ndrangheta Piromalli e che le indagini sulle interferenze della mafia nell’Expo sono ancora in corso è altrettanto giusto che i media più influenti sulla pubblica opinione evitino, come in questo caso, di praticare la strada dell’omertà proprio per il buon nome della stampa libera e per la salvaguardia del decoro deontologico.

    Purtroppo mi torna in mente un episodio sgradevole legato alla mia carriera. Dopo la pubblicazione del mio libro “Edoardo senza corona… senza scorta”, dedicato al mio buon amico Agnelli, in fase di complicatissimo e osteggiatissimo lancio per ragioni che tutti possono comprendere, ricevetti una telefonata da Vittorio Feltri che a quel tempo era il direttore responsabile del quotidiano “Libero”. Nome esemplare e lodevole per una testata giornalistica. Un paradosso, in realtà, per la frase che mi disse lo stesso Feltri,  collega che peraltro avevo sempre ammirato per bravura e coraggio. “Davvero un buon lavoro, Marco, ma mi spiace non posso recensirlo altrimenti la Fiat mi toglie la pubblicità dal giornale”. Non credo vi sia bisogno di aggiungere altro.
     

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