Juve, il -15 può essere revocato: il precedente del 2016 del Collegio di Garanzia e l'aiuto sull'inchiesta stipendi
LA TESI DIFENSIVA - Non solo un difetto temporale, anche quello contestato al procuratore federale Giuseppe Chiné, ma anche un'errata scelta dei capi d'accusa. Secondo Tuttosport, infatti, la Juventus sta puntando il dito soprattutto sulla scelta di Chiné di puntare tutto sull'articolo 4. quello della "Slealtà sportiva" anziché approfondire l'accusa sull'articolo 31 ovvero quello inerente agli illeciti amministrativi. Gli avvocati bianconeri sostengono che: "se mi contesti illeciti amministrativi, punibili con ammenda, perché poi mi sanzioni con la slealtà sportiva? Solo per togliere punti in classifica?".
IL PARTICOLARE PRIMA DEL GENERALE - E qui entra in gioco il famoso precedente del 2016. Con quella sentenza il Collegio di Garanzia del Coni sosteneva che se c’è una norma specifica non si può applicare il generale divieto di slealtà sportiva, che ha solo carattere residuale. Tale principio, era stata inoltre redatto dalla seconda sezione del Collegio di Garanzia, composta allora da Gabriella Palmieri attuale presidente generale e da Attilio Zimatore, presidente della seconda sezione. Entrambi saranno chiamati a decidere mercoledì.
ANCHE SULLA MANOVRA STIPENDI? - E la sentenza di mercoledì, se applicabili gli stessi principi del 2016, sposterebbe l'attenzione della Juventus anche sul secondo filone d'inchiesta, quello sulla "Manovra Stipendi" e sulle commissioni agli agenti. Anche in questo secondo filone, infatti, Chiné non ha contestato l'articolo 31, ma soltanto l'articolo 4. E se la sentenza del 19 aprile sarà positiva per la Juventus i suoi legali potrebbero appellarsi nelle memorie difensive agli stessi concetti.