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    Grande Juve, battuta dall'arbitro e dal peso del Bernabeu: anch'io ho sbagliato

    Grande Juve, battuta dall'arbitro e dal peso del Bernabeu: anch'io ho sbagliato

    • Giancarlo Padovan
    Com’è grande la Juventus quando per vincere gioca bene e comanda il gioco!
    Com’è bella la Juventus quando segna un gol e pensa subito di farne un altro!
    Com’è imprevedibile il calcio italiano che, strapazzato all’andata nella Champions (7-1), ne rifila complessivamente 6 (a 1 purtroppo) al Barcellona di Messi e, addirittura, ne segna tre al Santiago Bernabeu, al Real Madrid di Cristiano Ronaldo che ha bisogno di un rigore discutibile per salvare la partita e conquistare la semifinale.

    Sono pronto a chiedere scusa ai lettori di Calciomercato.com e ai tifosi della Juventus per la leggerezza con cui, dopo la gara d’andata, l’avevo considerata eliminata.

    Non lo era per la semplice ragione che, a priori, la Juve non lo è mai. 

    A Madrid ha vinto rimontando tre gol fuoricasa (in Champions non è mai riuscito a nessuno) e, a trenta secondi dalla fine del recupero, stava andando verso i supplementari con la possibilità di effettuare due cambi, mentre il Real li aveva esauriti e la stanchezza stava crescendo in tutti.
    Forse Allegri sarebbe potuto intervenire prima perché Mandzukic aveva dato tutto, certo inserire Sturaro non mi avrebbe trovato d’accordo (meglio Cuadrado con lo spostamento di Douglas Costa a sinistra), come continuo a non capire perché Marchisio rimanga ai margini.

    Tuttavia eccepire sull’operato di Allegri nella serata in cui la Juve batte 3-1 a domicilio il Real campione del mondo per club, sarebbe del tutto fuori luogo. A maggior ragione perché anche Zidane è uscito nettamente superato dal confronto. 

    Tre gli errori capitali dell’allenatore francese: la scelta del malcapitato Vallejo a centrale della difesa, anziché l’arretramento di Casemiro; il ricorso a Bale, bocciato già all’intervallo, al posto di Benzema; l’assenza di correzioni in fascia sinistra - la destra dell’attacco della Juve - dove Marcelo ha lasciato strada sempre a Douglas Costa e perfino a Lichtsteiner, subentrato al 17’ al troppo fragile De Sciglio.

    Peccato per l’epilogo (Ronaldo ha calciato il rigore dell’1-3 al 98’) e per l’espulsione di Buffon, non so se più immotivata o eccessiva. 

    In tutta sincerità a me sembra che Buffon, nel tentativo di farsi largo nella mischia intorno all’arbitro Oliver, lo spinga leggermente sulla schiena. L’inglese, probabilmente in colpa per aver assegnato un rigore presunto (non può vedere il piede di Benatia che anticipa Lucas Vasquez), si fa prendere la mano ed estrae il rosso.

    Peccato doppio: per il rigore che decide la partita (in porta Szczesny e fuori Higuain) e perché Buffon non meritava di chiudere (perché la chiuderà) in questo modo la sua carriera internazionale.

    Più che le parole (ancora cariche di adrenalina) del portiere dopo la gara, ho trovato opportuna la richiesta di Andrea Agnelli di utilizzare il Var ovunque. Particolarmente azzeccato - ma lo aveva già fatto il nostro direttore Stefano Agresti - l’attacco a Collina (lui l’ha chiamato semplicemente il designatore) che finisce per condizionare all’incontrario gli arbitri europei contro le squadre italiane.
    Agnelli, particolarmente misurato, non ha dimenticato gli episodi contro Milan, Lazio, Roma e la stessa Juventus all’andata. E’ certo, infatti, che, a tempo quasi scaduto, a Torino ci fosse un rigore su Cuadrado. Sarebbe potuta finire 1-3 e non 0-3, cambiando l’esito di questo quarto di finale.

    Purtroppo, ancora una volta e non sarà l’ultima, ha contato il peso della storia e l’incombenza del Bernabeu. Oliver è un arbitrino come ce ne sono tanti anche in Italia, con l’aggravante di essere, oltre che un protetto di Collina, un figlio di papà (fischiava anche il genitore).
    Nella notte in cui è svanita la possibilità della doppia missione impossibile (dopo la Roma, la Juve), è dura tornare da una partita come questa con qualcosa di positivo.

    Eppure c’è. Ed è anche molto.

    Prima di tutto - e non mi stancherò mai di ripeterlo - la prestazione della Juve (la migliore degli ultimi vent’anni o forse della sua storia internazionale, lascio dire a chi studia bianconero), poi i due gol di Mandzukic, entrambi di testa, il primo dopo 78 secondi, il secondo al 37’, uno su assist prodigioso di Khedira, l’altro su cross di Lichtsteiner. Mario non vedeva più la porta, contro il Real ha dimostrato di essere ancora un attaccante. Benissimo Douglas Costa che ha ridicolizzato Marcelo (e altro ancora avrebbe potuto fare Cuadrado) e Matuidi, autore del terzo gol allo scoccare del 60’. Il francese non avrebbe segnato se Navas non si fosse lasciato sfuggire la palla (cross di Douglas Costa), ma il suo taglio in area è stato intelligente, rapido e decisivo. I piedi sono quelli che sono (ha rischiato di sbagliare a porta vuota), ma i centrocampisti del Real hanno sofferto la sua costante pressione (insufficienti Modric e Kross), come hanno patito Khedira, rivitalizzato nelle ultime settimane (più gioca, più giocherebbe). 

    Sono convinto che con Pjanic e Benatia (oltre l’eccellenza) a Torino sarebbe finita diversamente, come se non fosse stato espulso Dybala per colpe esclusivamente proprie.
    Ha fatto poco Higuain (e si è mangiato anche un gol tirando addosso a Navas subito dopo l’1-0), mentre Alex Sandro si è fatto sorprendere dallo stacco di Ronaldo sulla sponda a Lucas Vazquez.
    Alla Juve resta l’Italia, ma anche qui bisogna correre come gli uomini di Allegri hanno mostrato di saper fare di fronte ai migliori. O quasi.

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