Superfluo dirlo: serve vincere. Per il morale, per la storia, per riscattare un cammino europeo deludente negli ultimi due anni. Juve-Porto è carica di contenuti e risvolti. Tecnici, ma non solo. Perché in un calcio che litiga con la sostenibilità, che vede il baratro sempre più vicino e si interroga sul futuro, la Champions League rappresenta l'ultimo appiglio per ricchi ricavi. 

NUMERI DA INCUBO - Lo sa bene Andrea Agnelli, che anche ieri ha rilanciato l'idea della Superlega facendo leva su quelle perdite - tra i 6,5 e gli 8,5 miliardi totali - che rischiano di affossare il movimento calcio. Lo sa bene la Juve, che in questa stagione ha già goduto di 67 milioni di euro dall'Uefa, market pool escluso. Cifre importanti, anzi vitali in un anno segnato dalla pandemia: la semestrale bianconera non ha concesso sconti, presentando il salato conto di 113,7 milioni di perdita.   

I QUARTI REGALANO MORATA - Serve vincere, dunque, anche per le casse. Il successo contro il Porto e la qualificazione ai quarti di Champions varrebbero per la Juve 10,5 milioni di euro. Una cifra significativa, utile anche in fase di mercato, dove la parola occasioni è diventata diktat fondamentale. Tra le priorità di Paratici, ad esempio, c'è il futuro di Alvaro Morata, attualmente in prestito dall'Atletico Madrid. Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, la volontà della Juve è rinnovare il prestito per un'altra stagione. Costo? Dieci milioni. Gli stessi che regala un piccolo - ma forse enorme - 1-0 contro il Porto.