Juve, a chi il numero 10 di Del Piero?
Nessuno vestirà il numero che fu di Del Piero domani nella finale di Supercoppa con il Napoli.
Juve, chi prenderà il numero dieci?
La maglia che tutti i bambini vogliono, e chi non ce l’ha la sogna, alla Juve è in magazzino. Al momento, niente numero 10: dopo l’addio di Alex Del Piero, che pure aveva chiesto di non ammainarlo proprio per alimentare nuove favole, rimane domicilio senza proprietario. Non s’avvisterà di certo domani sul prato di Pechino, per la Supercoppa contro il Napoli, se ieri a tarda sera i bianconeri hanno affisso la lista delle targhe e la cifra magica era scomparsa. Già la professione di fantasista ha fatto la fine dei panda, ora si rischia l’abolizione del numero. Tutti hanno declinato, se non Sebastian Giovinco che, in attesa della decisione di allenatore e club, s’è messo in coda prendendo il numero (12). Il peso della successione l’aveva fiutato Andrea Pirlo, fin da maggio, uno che pure avrebbe i piedi per appartenere alla tribù: «Raccogliere la sua eredità è impensabile in questo momento, però sicuramente qualcuno in futuro lo vorrà fare». Pregasi, entro la prima di campionato.
A togliere parte dell’imbarazzo ci aveva pensato Antonio Conte: «Farò prendere allo spogliatoio la decisione in maniera democratica - sorrise in ritiro - cioè, scelgo io. In realtà questo è un non problema. Io e la società vogliamo togliere la responsabilità ai ragazzi e decideremo noi». Poi però bisogna almeno trovare candidati, solo che quasi nessuno accetta di andare in nomination. Tranne Giovinco, appunto, uno che da numero 10 studia da una vita: «A me piacerebbe eccome, se me lo dessero lo prenderei volentieri. Ma non è una decisione mia. Così per adesso tengo il 12, che mi piace». Legittima ambizione: «Se puoi sognarlo, puoi farlo», diceva Walt Disney. Altri di più antica nobiltà hanno gentilmente evitato. Pirlo: «Mi piace il mio 21». No grazie anche da Claudio Marchisio, l’erede naturale, per militanza e sangue bianconero: «Da piccolo facevo l’attaccante, giocavo con il 10 e avevo il poster di Del Piero in camera. Ma adesso credo che l’8 mi rappresenti meglio. La mia immagine è con quel numero, non lo voglio cambiare».
Questione anche di mestiere, e di gigantesca umiltà: «Adesso faccio il centrocampista e non sono né Platini, né Baggio, né Del Piero. Non sono uno che risolve le partite con una giocata, quindi non meriterei mai di poter indossare questa maglia». Avrebbe invece le zampe in regola Mirko Vucinic, che sa far robe da Houdini, ma che riprenderà la maglia con il suo amato 9: «Il mio numero ormai è quello, il 10 non mi piace». Mica questione di poca autostima, però, se alla domanda sulla persistente ricerca del top player da parte della società, allarga l’ironia: «Se la Juve cerca un attaccante dovete chiederlo a Marotta. Ma se davanti non eravamo bravi, forse lo scudetto non l’avremmo vinto».
Il simbolo è il problema, non il numero. Come quando Marino Magrin, anno 1987, si ritrovò a rimpiazzare Michel Platini, cioè un Re: evitò il 10, messo in naftalina sulle spalle di De Agostini, uno di tutt’altra bottega. Non bastò, a Magrin: due stagioni, 44 presenze, 7 gol. Solo il destino può giocare con i numeri. Ci vorrebbero spalle forti e anima salda: Gigi Buffon, aveva indicato qualche sondaggio tra i tifosi. Risposta del portiere: «Ma non scherziamo».
Avrebbe risolto anche quel problema l’ingaggio di Robin Van Persie, che già era immatricolato con il 10 a Londra: litigherà con Rooney a Manchester. Indisponibile anche Suarez, dopo il rinnovo con il Liverpool, resterebbe Jovetic: andrebbe bene per sensibilità degli arti e genio, meno per il prezzo. E allora, magari, sarà la volta di Giovinco, che quel numero ha portato in giro per tutte le giovanili, in una fiaba degna di de Saint-Exupery: «Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà».