Jacobelli: #JeSuisCharlie, Verratti e l'assordante silenzio del calcio italiano
E' assordante il silenzio del calcio italiano sulla tragedia transalpina, sul massacro di Charlie Hebdo, sulle spaventose 72 ore di attacco terroristico islamico alla Francia (foto askanews.it). Allo stato attuale non si hanno notiize di iniziative ufficiali degne di questo nome per manifestare solidarietà concreta, pubblica, visibile, vistosa ai familiari delle vittime, alla gente di Francia. Rien de rien.
Eppure, il calcio gode di una formidabile cassa di risonanza mediatica che, in circostanze come queste, amplificherebbe enormemente l'eco dei messaggi, capace di raggiungere milioni di cittadini.Tant'è vero che, Oltralpe, lo sport si è mobilitato in cento modi. Il Psg, la cui sede si trova non lontano da quella di Charlie Hebdo, ha subito reso omaggio agli autentici eroi della libertà massacrati il 7 gennaio e Marco Verratti è stato fra i primi a twittare #JeSuisCharlie, con una sensibiità che gli fa onore. E per avere un'idea del clima che si vive in queste ore in Francia, basti pensare che, per motivi di sicurezza, il Psg è partito sotto stretta scorta militare per Bastia dall'aeroporto di Le Bourget.
Il Psg e le altre squadre scendono in campo con il nome Charlie stampato sulle proprie maglie. A Lille, in occasione della partita con l'Evian, dopo il minuto di silenzio che nessuno si è sognato di interrompere con applausi o che altro, come succede nel Belpaese, il pubblico ha intonato la Marsigliese.
A Parigi domani si tiene un'enorme manifestazione di ribellione contro il terrorismo islamico e di vicinanza alle famiglie delle vittime: al fianco di Hollande interverrano i principali leader europei, ivi compreso il presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
In Italia, zero. Possibile che nessuno, dalla Figc alla Lega, alle società, ai presidenti, ai giocatori, agli allenatori, intenda prendere posizione pubblicamente sull'11 settembre della libertà d'espressione? Nulla da dire Tavecchio, Beretta, Galliani, Lotito, eccetera eccetera?
Nei mesi scorsi siamo stati costretti a registrare battute infami e razziste, insulti, improperi e altre lepidezze e come sempre l'esempio è venuto dall'alto. Sarebbe il caso, una volta tanto, di farsi riconoscere per un gesto di civiltà. Perché, se qualcuno non l'avesse ancora capito, Stéphane Charbonnier e gli altri martiri, sono stati trucidati in quanto simboli della libertà d'espressione e di satira.
Ha detto una volta il direttore di Charlie: "Preferisco morire in piedi, piuttosto che vivere in ginocchio". Anche il calcio italiano renda onore a lui e agli eroi come lui, massacrati a Parigi.
Xavier Jacobelli
Direttore Editoriale www.calciomercato.com