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    Italia-Ungheria, il ct Rossi a CM: 'Ok Mancini, ma il problema sono gli stadi. E per il mio futuro...'

    Italia-Ungheria, il ct Rossi a CM: 'Ok Mancini, ma il problema sono gli stadi. E per il mio futuro...'

    • Gianni Visnadi
    Il primo turno di Nations League, il girone degli azzurri almeno, ha detto due cose: che l’Italia qualche giovane su cui puntare ce l’ha, a patto di farlo giocare, e che la favola dell’Ungheria di Marco Rossi, ct che più italiano non potrebbe essere, non è ancora finita e anzi non è neppure una favola ma proprio una storia vera. Nel 2019 era in Serie C, promossa contro Finlandia, Estonia e Grecia. Nel 2021 ha vinto contro Turchia, Serbia e Russia. Agli Europei ha fermato Francia e Germania, sfiorando gli ottavi nel “girone della morte” che comprendeva anche il Portogallo e adesso è in testa alla Nations dopo aver battuto l’Inghilterra all’esordio. Martedì, Rossi e l’Ungheria sfidano Mancini e l’Italia a Cesena.

    Ct Rossi, sia sincero: è sorpreso anche lei?
    «Contro l’Inghilterra ho visto la squadra che volevo: concentrati e motivati, anche se a fine stagione non è semplice. Credo che la vittoria sia legittima, abbiamo anche avuto più di un’occasione per il secondo gol, una clamorosa. Nessun allenatore prepara la squadra solo per non perdere, sappiamo che giochiamo sempre contro squadre molto più forti di noi. Ma magari qualche altro punticino qua e là riusciremo a prenderlo, come abbiamo fatto spesso in questi anni».

    In effetti le statistiche dicono che la sua Ungheria dal 2018 in poi in 13 occasioni ha ottenuto vittorie o pareggi contro squadre che la precedevano nel ranking Fifa, non male.
    «Risultati di prestigio, che fanno bene a tutto il movimento. Ieri l’Inghilterra, ma nel giugno del 2019 abbiamo battuto la Croazia di Modric, che un anno prima aveva fatto la finale del Mondiale».

    È sicuro che l’Italia oggi sia più forte dell’Ungheria? Eliminata dai Mondiali dalla Macedonia del Nord, umiliata dall’Argentina. Mancini sta provando a ricostruire.
    «Non ho ancora visto Italia-Germania, ovviamente lo farò tra poco. Ma non ho dubbi sul valore del movimento azzurro. Se rigiocano Italia-Macedonia per 99 volte, vince sempre l’Italia, che nelle qualificazioni per il Mondiale ha pagato con gl’interessi la fortuna avuta per vincere l’Europeo. Perché non si vince un torneo senza un po’ di fortuna. Penso ai rigori, ma penso anche ai due gol annullati all’Austria per fuorigioco di pochi centimetri.  Così accade che poi Jorginho, il miglior rigorista di Mancini, sbagli due volte il rigore decisivo. Quante probabilità c’erano che accadesse? Bastava segnarne uno, invece…».

    Italia-Ungheria martedì, poi avrete tutti altre 2 partite in pochi giorni. Non è una follia a fine stagione?
    «Sicuramente sono tante, ma le date sono queste. Prendere o lasciare e non posso essere certamente io a dire che non si deve giocare questa Coppa. Anche se sono proprio le Nazionali come la mia ad avere maggiori problemi. Mancini può permettersi 3 giocatori per ruolo, noi arriviamo a malapena a 2, perché proprio non li abbiamo. Dopo la partita con l’Italia, per fortuna potrò mettere nel gruppo 2/3 ragazzi dell’Under 21, che avranno finito i loro impegni. So che il Mancio contro la Germania ha fatto esordire 6 giocatori: forse non tutti saranno pronti, ma il movimento italiano non smetterà mai di produrre talenti. Bisogna credere di più nei settori giovanili, lasciatelo dire a me che sono cresciuto in quello del Toro».

    Dove giocano i suoi calciatori?
    «La metà in Ungheria, poi ce ne sono 5 in Germania, 2 in Svizzera, 1 in Croazia e a Cipro e 1 anche in Italia, nel Pisa, il centrocampista Nagy».

    Per lei, italiano all’estero, cosa significa l’Italia fuori dai Mondiali?
    «Come ogni italiano, ero molto deluso. Poi però, vivendo nel calcio, a mente fredda ho capito che non è tutto da buttare e da rifare come si è detto dopo l’eliminazione. Intanto, penso che sia stato giusto ripartire col Mancio. L’unica alternativa poteva essere Ancelotti, ma non era ovviamente disponibile. E allora è giusto andare avanti con Mancini, che ha già dimostrato di sapere vincere».

    Se non è tutto da buttare, cosa c’è allora che non va nel calcio italiano? Si parla di settori giovanili da rifondare, di regolamenti, di dirigenti da formare.
    «Dove l’Italia è veramente all’anno zero sono le strutture, gli stadi. Troppo indietro. Anche in Ungheria la situazione è cento volte meglio. Ogni club di prima e seconda divisione ha uno stadio nuovo, statale e in concessione. Ha un suo centro di allenamento, lo spazio per le academy, l’attenzione ai giovani. In Italia gli stadi sono incredibilmente vecchi, si vede male. Due anni fa sono stato a Napoli per vedere un mio giocatore, del Salisburgo. Sono stato a trovarlo in albergo e poi ho scelto di vedere la partita da casa, in tv. Perché allo stadio si vede malissimo, troppo distanti. Io non so come oggi tutto ciò sia ancora possibile».

    L’Europeo dello scorso anno ha rilanciato non solo l’Ungheria, ma soprattutto Marco Rossi. La Nations League sarà probabilmente per lei un’altra grande vetrina. L’Italia ha scoperto di avere un altro allenatore bravo in giro per l’Europa: quanto le spiace per essere stato dimenticato dal nostro calcio?
    «In Italia ci sono tantissimi allenatori e tanti sono anche bravi. Ogni anno si affacciano volti nuovi, ragazzi preparati, non può esserci spazio per tutti. Bisogna poi essere capaci a curare le relazioni, e questo non è mai stato il mio forte».

    Avesse potuto scegliere, quale qualità avrebbe voluto avere di Ancelotti o di Mancini?
    «Non intendo assolutamente paragonarmi a loro, che sono i migliori. Di sicuro, Ancelotti è capace come nessun altro di reggere lo stress, anche in partita. E questo è determinante in tutte le scelte, perché non perde mai la lucidità. Sul piano tecnico-tattico invece non li conosco, perché non ho mai lavorato con loro, non conosco i loro metodi. Di certo, da loro ho solo da imparare. Ma è così per tanti…».

    Sia sincero: la panchina dell’Ungheria comincia a starle stretta?
    «Ho un contratto con la federcalcio ungherese fino al dicembre del 2025, quando scadrà il mandato dell’attuale presidente federale. Ora sono focalizzato sulle prossime partite e penso solo a quelle, vogliamo continuare a fare bene e io sono grato a chi mi ha dato l’opportunità di mettermi in mostra. Il giorno che dovessi scegliere un’altra strada lo farò alla luce del sole, in modo diretto e con la massima correttezza».

    @GianniVisnadi
     

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