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    Italia, Mancini è il migliore c.t. al mondo: ecco perché andremo ai Mondiali

    Italia, Mancini è il migliore c.t. al mondo: ecco perché andremo ai Mondiali

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Da quando ha assunto la guida della Nazionale italiana considero Roberto Mancini il migliore c.t. al mondo. E non solo perché ha vinto il Campionato Europeo con l’Italia, ma perché non esiste nessuno con la sua stessa formazione e cultura calcistiche.

    Se non temessi di offenderlo o di sminuire la sua ormai imponente carriera, oserei dire che Mancini è più grande come c.t. che come allenatore di club, dove ha vinto molto e praticamente ovunque, ma non certo a livello internazionale.

    Perché, dunque, il nostro c.t. è il migliore degli oltre duecento selezionatori della Fifa?

    Perché conosce il limite dell’essere allenatore quando si è “solo” c.t. e, soprattutto, perché sa scegliere i calciatori come se fosse il migliore dei direttori sportivi.

    Pochi sanno che la carriera di ex calciatore di Roberto, cominciò con un incarico alla Lazio assai simile a quello di direttore sportivo. Nel ricchissimo club di Sergio Cragnotti, lui andava a vedere calciatori che sarebbero potuti andar bene per la squadra. Fu un periodo che non durò molto, ma significativo dal punto di vista formativo, perché ampliò i già vasti orizzonti dell’interessato. Subito dopo venne la panchina quale vice di Eriksson e, forzando i tempi con una deroga dalle mille polemiche, il ruolo di allenatore alla Fiorentina.

    Da allora, molto è cambiato nei convincimenti e nei comportamenti del c.t. che, però, non ha perso l’occhio per scoprire giocatori in anticipo sui tempi (ricordate Zaniolo, convocato in azzurro ancor prima di esordire in serie A?). Quando chiama, sa chi chiamare e perché.

    Certo, gli interessa conoscere come un calciatore affronta la Nazionale, ma di lui, dal punto di vista tecnico e umano, sa già tutto. 

    Un’altra qualità fondamentale è che il Mancini c.t. è diventato più soave e paziente, non perde mai la testa e sa portare i giocatori dalla sua parte. Ovvio che, trattandosi della squadra nazionale con la quale si affrontano Europei e Mondiali, il compito non sia particolarmente improbo, ma avere una compattezza tanto evidente costituisce comunque un ottimo segnale di partenza.

    Completata questa analisi, va da sé che Mancini, nonostante le difficoltà della doppia partita (Macedonia e Portogallo o Turchia fuori casa), ci porterà al Mondiale in Qatar. Se l’abbiamo mancato nella fase qualificatoria è stato per due rigori sbagliati contro la Svizzera (sarebbe bastato realizzarne uno) e perché una parte della nostra preziosa dotazione di bel gioco era venuta meno a causa di qualche scadimento nei giocatori che raggiunsero quella grande impresa.

    Mancini lo sa e da oggi lavorerà per rigenerare quel gruppo o, se necessario, come credo, per portare nuovi elementi a sviluppare la manovra secondo lo spirito che governa il c.t.: possesso palla, iniziativa, accelerazioni per vie verticali. La riconoscenza non è del calcio. Altrimenti Roberto Baggio - ed è solo un esempio - giocherebbe ancora. 

    Non serve una Nuova Italia, basta un’Italia più fresca e serena almeno quanto lo era all’Europeo: è vero che a marzo si rischia un’altra esclusione come fu con la Svezia, però Mancini sa trasmettere fiducia e consapevolezza, azzerando tutto quel che accadde la scorsa estate. Le grandi squadre sono quelle che ricominciano ogni giorno sapendo che il passato, finché si gioca, non conta nulla.

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