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Italia, guardarsi indietro per andare avanti: nel 2026 Mondiale in Messico, come nel '70 con la Partita del secolo
LA PARTITA DEL SECOLO - Parlare del Mondiale 2026 può risultare prematuro dato che ancora deve disputarsi l’edizione 2022, ma nel calcio è così si procede: a testa alta, sguardo proteso in avanti, come dovrebbero avere i giocatori in campo e vedere quale potrebbe essere la prossima mossa da fare, il prossimo obiettivo da raggiungere, il prossimo Mondiale. Guardare al futuro per concretizzare il presente. La Fifa ha confermato i nomi delle 16 città che ospiteranno la competizione con relativi stadi. Tra questi, non poteva non spiccare lo Stadio Azteca di città del Messico. Si poteva non essere nati nel 1970, ma di sicuro, prima o poi, quella storia ci sarebbe stata raccontata, perché il calcio è una tradizione che attraversa e supera qualsiasi barriera spazio temporale. Italia- Germania 4-3 risuona nelle orecchie e nei cuori di molti, e fu proprio all’Azteca che si disputò la cosiddetta “Partita del secolo”; con tanto di targa fuori lo stadio.
IL TEMPIO - Messico e nuvole quel Mondiale segnato dall’eterna staffetta Rivera- Mazzola e perso poi in finale per 4-1 contro il Brasile di un certo Pelé. Uno stadio che profuma di ricordi, di storia e che proprio per questo è diventato uno dei templi del calcio mondiale ospitando per la terza volta la competizione più importante del mondo. Se il terreno di gioco potesse parlare, quante cose potrebbe raccontare; dalla vittoria del Brasile di Pelé nel 1970, alla vittoria dell’Argentina di Maradona nel 1986 e quel gol contro l’Inghilterra che ispirò e fece sognare intere generazioni: “La mano de Dios”. Quando il calcio diventa rivoluzione e si fa portatore di clamorose rivincite. Il resto è storia e mito.
RIPARTIRE - Gli incastri e le coincidenze che caratterizzano questo sport, rendono la sua cornice ancora più bella. Nel calcio, se veramente lo si vuole, sì ha davvero l’opportunità di riscattarsi. Magari possono passare anni ma il pallone è rotondo e prima o poi ci si ritrova sempre a fare i conti con quello che sì è seminato e perché no sì può anche avere l’opportunità di riprendersi ciò che giustamente o ingiustamente, la legge del pallone ci ha tolto. Per gli Azzurri, il Mondiale 2026 può davvero essere l’occasione di tornare a competere ai massimi livelli dimostrando di saperlo meritare. Ci sono quattro lunghi anni davanti per potersi preparare al meglio, anche se il tempo nel calcio, scorre diversamente dal tempo della vita. Nel 2026 i giovani su cui puntare oggi avranno quattro anni in più sulle spalle e saranno nel pieno della loro maturità calcistica. I giovani forse ancora troppo acerbi oggi, saranno nel pieno della loro esplosività e metteranno minuti in più nelle gambe grazie al loro maggiore impiego, si spera, nei rispettivi club di appartenenza. Insomma, gli ingredienti per poter disputare un buon Mondiale ci sono tutti. Quello che conta è avere non solo i piedi buoni ma anche la testa, ripassare la storia, già che siamo in tema di esami di maturità, per non dimenticare chi ci ha preceduto. La maglia azzurra ha bisogno di spalle larghe per essere difesa e portata in alto, magari a 2.200 metri di altezza, dove 52 anni fa fu scritta un’indimenticabile e bellissima pagina di storia.