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  • 'Io, Barbara, Ganso e il liceo di Milanello'

    'Io, Barbara, Ganso e il liceo di Milanello'

    Il siparietto è simpatico e va raccontato tutto. Pato è alle prese con microfoni e cartelloni pubblicitari, quando gli piomba alle spalle Cassano. Fa la faccia truce Antonio: «Uè, mi hai messo il gel nelle scarpe? Adesso ti sistemo io». E prima di congedarsi gli spettina i riccioli che incorniciano il viso velato di barba del brasiliano. «É proprio un compagnone Cassano, siamo contenti di lui e di come lavora, scherza sempre ma quando c’è da sudare non si tira indietro» chiosa il Papero. Sembra di essere all’uscita di un liceo e invece siamo a Milanello all’ora di pranzo, con le salette interviste tutte occupate da Van Bommel, Thiago e Robinho alle prese con altrettante interviste. Pato è un satanasso di uno, appena intuisce che il quesito volge sul pendio scivoloso della polemica, inserisce un disco, «abbiamo sette partite davanti, non possiamo più sbagliare» e via così fino all’esaurimento degli interrogativi. Anche su quello scontato, più atteso, cancellato dall’agenda di Pippo Sapienza, capo ufficio stampa, il Papero ripropone la faccia di sempre, è come se si divertisse a vederci girare intorno all’argomento.

    Caro Pato, è possibile che il suo privato la stia aiutando a migliorare il rendimento?
    «Guardi che io sono sempre stato un ragazzo felice, realizzato. L’unico anno disgraziato è stato il 2010 a causa dei molti infortuni che hanno inciso su rendimento e morale».
    Molti sostengono che a questo punto Pato non si muoverà più dal Milan...
    «Sono in Italia da 4 anni, mi sono trovato bene a Milanello e nel calcio italiano. Adesso sono felicissimo, ho un contratto che scade nel 2014, guardo e sono concentrato sul presente. Ho vissuto con Paolo Maldini e Ronaldo...»
    Lei è stato l’eversore del derby, dai suoi gol sono cominciati i guai di Leonardo...
    «É stata una serata fantastica, il Milan ha giocato una grande partita. Leonardo è una persona incredibile, mi ha riservato molte attenzioni e affetto, spero che ritrovi la felicità. Gli striscioni dei nostri tifosi appartengono alla rivalità, bisogna rispettare anche i loro sentimenti».
    I critici più severi hanno stabilito che finalmente Pato oltre a fare gol ha cominciato a giocare per e con la squadra. É così?
    «Da quando sono arrivato al Milan ho sempre saputo che non si può giocare in uno contro 11 ma che bisogna lavorare con i compagni per avere la meglio. Certo ogni tanto si può sbagliare un gol, si possono fare passaggi imperfetti ma questo non significa che io gioco da solo».
    Per la prima volta, dopo il derby, lei ha ringraziato Ariedo Braida definendolo protagonista del suo trasferimento. Ci racconta come andò?
    «Ero un ragazzino, avevo 15 o 16 anni, e incontrai Leonardo il quale mi consigliò di restare in Brasile a maturare. “Sei troppo giovane“ mi disse. Poi giunsero le richieste dei club stranieri e allora chiamai i brasiliani del Milan e loro mi convinsero: “vieni qui c’è una famiglia“. A quel punto Braida sbarcò in Brasile, fu abilissimo nel concludere la trattativa dalle 10 del mattino alla mezzanotte. Ecco perchè l’ho ringraziato».
    Come giudica il suo rapporto con Ibra e i suoi gol, a Genova e nel derby, senza Ibra?
    «Tutti lo sanno che Ibra è un grande campione e che qui al Milan ci ha dato una gran bella mano per vincere molte partite. Io vado d’accordo con lui e Cassano, con Robinho non ho problemi. Cosa sia accaduto l’anno scorso a Barcellona, non so, non ho seguito ».

    Nel 2010 una serie di infortuni, poi il consulto negli Usa: da allora è migliorata nettamente la sua salute. Cosa le hanno fatto laggiù?
    «Mi hanno spiegato dove sbagliavo nella preparazione, nella postura e nella corsa. Adesso ripeto, durante tutti gli allenamenti, i loro suggerimenti e abuso spesso della pazienza dei preparatori di Milanello».
    Ha sentito del possibile arrivo di Ganso, di Kakà, di Cristiano Ronaldo addirittura?
    «Questo è calcio-mercato. I grandi campioni fanno gola ai grandi club. Ganso l’ho visto e conosciuto in nazionale contro gli Usa: sarei felicissimo se venisse da noi».
    Per Balotelli le porte si chiudono invece...
    «Io ho vissuto da solo a Milano e so cosa vuol dire trovarsi in quelle condizioni all’estero. Mario è un ragazzo umile e buono, l’ho conosciuto e dico alle persone che lo seguono: aiutatelo».
    Che differenza c’è tra Allegri e Leonardo, come allenatori?
    «Tutta questa differenza io non l’ho colta».
    Come siete passati dalla delusione di Palermo al derby di fuoco?
    «A Palermo abbiamo preso subito gol e non siamo riusciti a rimontarlo, a San Siro abbiamo fatto centro al primo assalto ed è andata bene».
    Siamo sicuri che la ricreazione sia finita?
    «Abbiamo sette partite per le quali fare sacrifici: questo è il nostro chiodo fisso».


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